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BRESCIA |
06/09/2023 |
Gentilissimi,
nell’anno 2022 il nostro Ateneo ha acquistato un edificio strumentale con l’intento di abbatterlo e di ricostruirlo al fine di renderlo funzionale. L’edificio è stato iscritto nel bilancio dell’Ateneo al valore dell’acquisto al netto del valore del terreno sottostante, calcolato nella misura del 20%, come previsto dalla Circolare dell’Ade del 19 gennaio 2007, n. 1/E. Il bene non è stato ammortizzato nell’esercizio 2022, in quanto non utilizzabile immediatamente nel ciclo produttivo.
Nel giugno dell’anno 2023, l’immobile è stato abbattuto. Nel conto economico dell’esercizio consegue una rilevazione contabile per insussistenza di attività.
La rilevazione contabile, implica un aumento dei costi di esercizio, effetto che potrebbe avere pesanti impatti sul risultato di esercizio, con possibile pregiudizio degli stakeholders esterni, e con conseguenze contabili sull’esercizio successivo in caso di risultato negativo. Ad esempio l’impossibilità di costituire il fondo unico di Ateneo per l’assunzione di ricercatori a tempo determinato lettera “a” Legge 240/2010, nonché l'impossibilità di effettuare il superamento del Limite di Finanzia pubblica di cui al comma 591 dell’art. 1 della Legge 27 dicembre 2019, n. 160.
Al fine di non avere ripercussioni negative sul risultato di esercizio, mi chiedo se sia percorribile una delle soluzioni sotto prospettate, dato che l’abbattimento dell’immobile è funzionale alla ricostruzione:
1) la svalutazione potrebbe considerarsi non durevole e quindi si potrebbe valutare di mantenere l’immobile capitalizzato a bilancio senza procedere ad ammortamento. Con conseguenza che avvenuta la ricostruzione dell’immobile, l’immobile verrebbe iscritto a Stato Patrimoniale nella categoria Fabbricati strumentali, con un valore complessivo del costo di acquisto e del costo di ricostruzione;
2) visto quanto previsto nella Circolare dell’Ade del 19 gennaio 20008, n. 1/E per gli immobili inagibili, dato che l’acquisto è stato realizzato per sfruttare l’area sottostante e non l’edificio stesso, è pensabile di considerare il costo di acquisto dell’immobile riferibile alla sola area fabbricabile. Iscrivendo quindi il costo di acquisto dell’immobile nei terreni, unitamente anche al costo di abbattimento dello stesso.
ringrazio Settore Risorse Economiche UNIBS
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Di seguito la risposta al quesito:
Occorre preliminarmente evidenziare che questa Commissione esprime pareri nell’ambito del sistema di contabilità pubblica nel rispetto della disciplina definita dai principi contabili e dai criteri di valutazione secondo le indicazioni del D.I. 19/2014 e del Manuale Tecnico Operativo (MTO) che ne fornisce illustrazione, salvo la necessità di fare riferimento ai principi OIC dove il suddetto decreto interministeriale o il MTO non forniscano indicazioni specifiche sul caso trattato.
Non è invece competenza della Commissione la trattazione di temi di natura fiscale. Di conseguenza il richiamo o l’utilizzo della prassi dell’Agenzia delle Entrate o di altri documenti relativi all’area tributaria, non costituisce in generale fonte di riferimento per i pareri ed ancora di più nel caso di specie dove l’Ateneo ha confermato che l’edificio è, e sarà, destinato ad attività istituzionale. Inoltre, si precisa che la risposta di questa Commissione non ha come presupposto e obiettivo la necessità di evitare ripercussioni negative sul risultato di esercizio o su altri elementi o parametri che si ricollegano alla dimensione patrimoniale dell’Ateneo, ma solamente di giungere al corretto comportamento conforme alle regole stabilite per le università.
Per quanto attiene alla contabilizzazione iniziale, l’articolo 4, comma 1, lettera b) del D.I. 19/2014, prevede che le immobilizzazioni materiali costituite da terreni e fabbricati, sono iscritte al costo di acquisto (rilevabile nel caso specifico dall’atto di trasferimento e dalla relativa fattura se posseduto da un cedente impresa) o di produzione, comprensivo dei costi accessori, al fine di ottenerne la piena disponibilità ed il relativo utilizzo nel luogo dove deve essere destinato a funzionare.
I costi accessori d’acquisto per i terreni e fabbricati, a titolo esemplificativo, possono essere dati dai costi notarili per la redazione dell’atto di acquisto, dalle tasse per la registrazione dell’atto di acquisto, dai costi riferibili alla stipula dell’eventuale preliminare di acquisto, dagli onorari e/o corrispettivi per studi di fattibilità, progettazione dell’immobile, sicurezza cantiere e direzione lavori, dai costi per opere di urbanizzazione primaria e secondaria poste dalla legge obbligatoriamente a carico del proprietario e dai compensi di mediazione.
Il Manuale tecnico operativo - MTO (III edizione) nel capitolo “Immobilizzazioni materiali, fondi e percentuali di ammortamento”, parte “Commenti della commissione - Classificazione valutazione”, punto 6) – Terreni e fabbricati, prevede espressamente che “… Si evidenzia la necessità di esporre distintamente il valore dei terreni dal valore dei fabbricati sovrastanti che vi sono realizzati. Se il valore del terreno non è rilevabile dall’atto di trasferimento del diritto di proprietà è necessario procedere all’individuazione dello stesso valore attraverso modalità convenzionali. In proposito la distinta iscrizione può avvenire con ripartizione del costo o valore d’acquisto, attribuendo al terreno un valore forfettario pari al 20% o 30% dell’immobilizzazione cui si riferisce, rispettivamente se trattasi di fabbricati civili o industriali, applicando i principi stabiliti dall’art. 36 del Decreto Legge 223/2006, convertito con modificazioni dalla Legge 248/2006”.
Sotto quest’ultimo profilo il comportamento tenuto da parte dell’Ateneo nella contabilizzazione iniziale, con il costo di acquisto dell’edificio che è stato iscritto nel bilancio dell’Ateneo al valore dell’atto di acquisto, al netto del valore del terreno sottostante, calcolato forfettariamente nella misura del 20% perché evidentemente non distinto nell’atto relativo, appare conforme alle indicazioni della norma e del MTO. Non appare invece conforme la scelta di non includere nel valore di rilevazione dell’edificio e del terreno (con la stessa proporzione rispettivamente dell’80 e del 20%) i costi accessori (questo comportamento si rileva dal contenuto della nota integrativa dell’esercizio 2022 nel sito dell’Ateneo “amministrazione trasparente”).
Per quanto attiene alla parte di valore rilevato nella voce fabbricati dell’immobile da demolire, l’articolo 4, comma 1, lettera b) del D.I. 19/2014, precisa che “l’immobilizzazione che, alla data di chiusura dell’esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i criteri di cui sopra deve essere iscritta a tale minor valore e di ciò deve essere data adeguata motivazione in nota integrativa”.
Inoltre, nella descrizione sintetica della casistica Immobilizzazioni materiali, il MTO precisa che sono tali i beni “a) che hanno un’utilità pluriennale e quindi possono concorrere alla formazione del risultato economico e dalla situazione patrimoniale di più esercizi”. I beni che non hanno utilità pluriennale non possono essere classificati fra le immobilizzazioni.
Oltre a quanto esposto, il D.I. 19/2014 e il MTO non aggiungono ulteriori elementi utili per il caso in questione e occorre quindi rifarsi ai principi OIC: il Principio OIC n. 16, in derivazione dell’art. 2426 del C.C., indica la contabilizzazione, classificazione e valutazione delle Immobilizzazioni materiali in coerenza con quanto detto sopra e non aggiunge quindi spunti di valutazione; il principio OIC n. 9 stabilisce il trattamento contabile e l’informativa da fornire nella nota integrativa per le perdite durevoli di valore delle Immobilizzazioni materiali (oltre che delle immateriali). È pertanto a quest’ultimo principio che occorre riferirsi per definire se nel conto economico dell’esercizio in cui si viene a realizzare la demolizione (o direttamente in quello nel quale è stato effettuato l’acquisto, quando già si sapeva che l’immobile sarebbe stato demolito) debba essere rilevata una insussistenza di attività.
Quel principio definisce la perdita durevole di valore come “la diminuzione di valore che rende il valore recuperabile di un’immobilizzazione, determinato in una prospettiva di lungo termine, inferiore rispetto al suo valore netto contabile”.
Sempre lo stesso principio definisce “valore recuperabile di un’attività o di un’unità generatrice di flussi di cassa il maggiore tra il suo valore d’uso e il suo valore equo (fair value), al netto dei costi di vendita” e il valore equo (fair value) “l’ammontare ottenibile dalla vendita di un’attività in una transazione ordinaria tra operatori di mercato alla data di valutazione”.
In linea generale, quindi, in conformità a quanto indicato dall’OIC 9 occorre tenere in considerazione nelle valutazioni la presenza di beni che non hanno utilità futura e il cui valore complessivo non sia in linea con il fair value (valore di mercato), sia in riferimento al valore di rilevazione iniziale, sia in riferimento al costo aggiuntivo capitalizzato conseguente all’ampliamento, ricostruzione, ecc.
È pertanto corretto, in linea generale, procedere alla svalutazione direttamente al momento dell’acquisto della parte di valore dell’immobile che debba essere considerata senza utilità futura ed il cui valore non può essere successivamente realizzato in misura corrispondente a quello iscritto o di acquisto.
Il mantenimento del valore della parte di immobile soggetta a demolizione senza procedere ad ammortamento o a svalutazione stante la condizione di non utilizzabilità per la durata dell’intervento di ricostruzione, appare giustificabile solo in presenza di circostanze oggettivamente determinabili nelle quali il valore di mercato dell’immobile di futura costruzione sarà uguale o superiore al costo diretto di costruzione in ragione di circostanze particolari quali, ad esempio, il posizionamento dell’edificio all’interno di un campus universitario, nonché della possibilità di stabile mantenimento nel futuro impiego strumentale a cui l’edificio è destinato in relazione al comparto (non imprenditoriale) di utilizzazione e non collocabile nel mercato.
La diversa circostanza nella quale l’acquisto di un fabbricato diruto possa portare alla classificazione dell’intero costo sostenuto come terreno, senza distinzione di una quota attribuibile al fabbricato, ha come conseguenza l’esclusione permanente dal processo di ammortamento dell’intero valore di acquisto. La delicatezza della condizione descritta comporta una valutazione appropriata e oggettivamente giustificabile, oltre alla necessità di verifica in ordine al principio indicato nell’OIC9, circa la presunta perdita durevole di valore.
Andando al caso specifico dell’Ateneo illustrato nel quesito, nel definire il comportamento maggiormente idoneo nella fattispecie, occorre tenere conto dei seguenti aspetti significativi:
- l’Ateneo ha acquistato l’edificio già con l’intento di abbatterlo e di ricostruirlo al fine di renderlo funzionale; quindi, l’acquisto aveva ad oggetto un bene immobile complessivamente costituito da un fabbricato e da un terreno il cui valore è stato ritenuto congruo in quella fase e per la specifica condizione del compendio e della sua destinazione. Non si ravvisa nel testo del quesito, ma si deve ritenere che il bene oggetto di acquisto era ordinariamente accatastato all’atto dell’acquisto e non in condizione di fatiscenza o di rudere con la classificazione catastale relativa. Quindi, nelle intenzioni degli amministratori, il valore che è stato riconosciuto in sede di acquisto ed il corrispettivo che è stato pagato mostrava la capacità di riassorbimento della perdita conseguente alla demolizione;
- non si è verificato alcun evento fortuito successivo all’acquisto che possa avere determinato una riduzione del valore dello stesso bene e/o una variazione delle condizioni dello stesso; questa circostanza dovrebbe spingere gli amministratori a riverificarne il valore effettivo rispetto all’operazione in sé e al riflesso sul patrimonio dell’Ateneo;
- nel giugno dell’anno 2023, l’immobile è stato abbattuto come del resto già programmato all’atto dell’acquisto e nelle intenzioni dell’acquisto; nel quadro complessivo il costo sostenuto in sede di acquisto dev’essere stato ritenuto congruo anche tenuto conto nella necessità di procedere alla sua immediata demolizione e ricostruzione per raggiungere lo scopo dell’Ateneo.
Seppure si sia in presenza di tali significativi presupposti e caratteristiche dell’operazione immobiliare, anche questo caso deve essere sottoposto alle valutazioni che derivano dall’applicazione del principio OIC9. Si devono pertanto effettuare due verifiche per stabilire se debba o meno procedersi alla svalutazione volontaria per perdita durevole di valore:
- se il valore recuperabile dell’immobilizzazione dovesse essere inferiore al suo valore contabile l’immobilizzazione dovrebbe essere rilevata a tale minor valore e la differenza imputata nel conto economico come perdita durevole di valore. Nel momento in cui si dovesse ipotizzare che a data attuale il valore dell’area e del fabbricato soprastante, anche se demolito, non si riduce rispetto al valore equo di mercato o agli effetti dell’utilità espressa a favore dell’Ateneo in ordine al suo impiego futuro permanente, non si dovrebbe procedere a svalutazione;
- se a tendere, dopo l’avvenuta realizzazione del nuovo edificio conseguente alla ricostruzione, il valore equo dello stesso dovesse superare la somma dei costi di ricostruzione, di demolizione e dello stesso manufatto alla data di acquisto precedente alla demolizione, non vi sarebbe alcuna ragione logico - giuridica per procedere alla svalutazione.
Ferma la necessità delle suddette verifiche e riscontri, nello specifico contesto si deve poi considerare che le indicazioni dell’OIC9 potrebbero non essere esattamente corrispondenti per il caso portato all’esame dall’Università, in quanto si riferiscono al quadro ipotetico di una impresa a cui corrisponde in modo maggiormente coerente la portata delle indicazioni del principio. Non è secondario il fatto che il bene così impiegato sembrerebbe definitivamente sottratto alla vendita (quindi indisponibile per il mercato) nella fase in cui avviene la demolizione e la ricostruzione, senza che ciò possa avere effetti sulla valutazione in relazione alla forte strumentalità e chiari obiettivi a cui soggiace l’operazione nel suo complesso.
Ciò detto, per il caso esposto e per le motivazioni indicate che costituiscono l’essenziale presupposto che guida il percorso per giungere alla risposta, l’assenza della svalutazione in quanto perdita di valore non durevole comporta il mantenimento del valore del fabbricato fra le immobilizzazioni materiali in corso senza procedere all’ammortamento aggiungendo il SAL dell’intervento di ricostruzione (ipotesi 1 del quesito). Al momento dell’avvenuta ultimazione del fabbricato, dopo il collaudo, il valore verrà migrato dalle immobilizzazioni materiali in corso nella categoria dei fabbricati con un valore complessivo dato dal costo di acquisto, dal costo di demolizione e dal costo di ricostruzione, oltre ad eventuali oneri accessori. Nel caso descritto non parrebbe invece plausibile e coerente l’ipotesi di considerare l’intero costo di acquisto iniziale dell’immobile (terreno e fabbricato sovrastante) riferibile alla sola area, come area fabbricabile da iscrivere unitariamente fra i terreni (ipotesi 2 del quesito).
Si reputa opportuno, stante la peculiarità del caso in esame, che in nota integrativa venga data indicazione della scelta del comportamento che l’Ateneo ha stabilito di tenere.
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L'AQUILA |
02/05/2023 |
Salve il nostro Ateneo ha da poco adottato un Regolamento che prevede di effettuare un prelievo sugli utili di progetto, risultanti alla conclusione di tutte le attività di rendicontazione, finanziati da soggetti pubblici o privati a vario titolo (escluso l'attività conto terzi). il Regolamento prevede di prelevare una certa percentuale di questi "utili" di progetto (alla fine della vita e non pro-quota annualmente) e destinarli al fondo di premialità (ex Art. 9. Fondo per la premialita'- Legge 240/2010). Questo fondo sarà utilizzato in un tempo non precisato per finalità non precisate che di volta in volta gli organi potranno stabilire, ma, con ogni probabilità, le finalità non saranno correlate al progetto che ha alimentato il fondo e ai docenti di riferimento. Precisiamo che ad oggi il fondo non è stato mai costituito perchè non si è mai registrato alcun risparmio derivante da mancati scatti di carriera dei docenti e perchè mancava, appunto un regolamento che ne facesse precisa previsione per altre tipologie di versamento. Vorremmo avere rassicurazioni sul fatto che questo tipo di operazione sia effettivamente configurabile come un fondo rischi e oneri o invece è ravvisabile come una riserva vincolata di PN. Sia l'accantonamento dei risparmi derivanti dai mancati scatti stipendiali dei docenti, sia il prelievo da utili di progetto confluiranno in questo fondo. Chiediamo la corretta procedura contabile per la gestione di questa operazione.
Grazie
Area risorse finanziarie - UNIVAQ
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Di seguito la risposta al quesito:
In primo luogo, al fine di affrontare il tema del trattamento contabile della posta oggetto del quesito, si richiamano di seguito alcuni riferimenti normativi riguardanti la premialità del personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo.
Il fondo di Ateneo per la premialità di professori e ricercatori ai sensi dell’art. 9 della Legge n. 240/2010 è costituito con risorse provenienti:
a) dalla mancata attribuzione degli scatti stipendiali ai docenti dell’Ateneo, ai sensi dell’art. 6, comma 14, ultimo periodo, della Legge n. 240/2010;
b) dalle somme attribuite dal Ministero dell’Università e della Ricerca, ai sensi dell’art. 9, comma 1, secondo periodo, della Legge n. 240/2010;
c) dai compensi per prestazioni eventualmente svolte dai docenti senza autorizzazione dell’Ateneo, di cui all’art. 53, comma 7 del D. Lgs. 30.03.2001, n. 165.
Il fondo può essere integrato dai singoli Atenei anche con una quota dei proventi delle attività conto terzi ovvero con finanziamenti pubblici o privati. In tal caso, le Università possono prevedere, con appositi regolamenti, compensi aggiuntivi per il personale docente e tecnico amministrativo che contribuisce all'acquisizione di commesse conto terzi ovvero di finanziamenti pubblici o privati.
I finanziamenti pubblici e privati possono integrare il fondo unicamente se non sussistono previsioni ostative imposte da disposizione normative o da parte dell’ente finanziatore, relativamente a compensi al personale.
Il fondo è costituito annualmente sulla base delle risorse accertate nell’esercizio in chiusura.
Infine, le concrete modalità di alimentazione ed utilizzo del fondo devono essere disciplinate da apposito regolamento di Ateneo.
Ciò premesso, con riferimento al quesito sul trattamento contabile del fondo per la premialità, nella nota tecnica n. 6 “Accantonamenti per fondi rischi e oneri” è indicato che il trattamento contabile prevede la registrazione di un onere per premialità nel conto economico e una contestuale registrazione in partita doppia di un debito per oneri del personale riconducibili a premialità o indennità di risultato all’interno del Passivo dello Stato Patrimoniale. Infatti, tali oneri, sia pure correlabili a valutazioni ex-post, nella generalità dei casi danno origine a successivi esborsi il cui ammontare complessivo è determinabile, a carico dell’Ateneo, con ragionevole certezza alla data di redazione del bilancio. L’Ateneo ricorrerà pertanto all’alimentazione del fondo oneri, mediante accantonamento, soltanto laddove non sia certo l’ammontare complessivo della premialità da erogare. Al contrario, qualora manchi soltanto la definizione dei criteri per il riparto fra i vari aventi diritto, si opterà per la registrazione di un debito verso il personale.
In particolare, l’onere sarà registrato nella voce di Conto Economico B) Costi operativi, VIII. Costi del personale, alternativamente in:
• 1) Costi del personale dedicato alla ricerca e alla didattica: a) docenti / ricercatori;
• 2) Costi del personale dirigente e tecnico amministrativo;
a seconda che la premialità riguardi il personale docente e ricercatore oppure il personale dirigente e tecnico-amministrativo.
Il debito sarà invece registrato nella voce dello Stato Patrimoniale D)-10) Debiti v/dipendenti. Qualora si debba ricorre, nelle fattispecie in precedenza evidenziate, ai fondi oneri a causa di possibili indeterminatezze negli importi, si ricorrerà, in contropartita all’onere del conto economico, alla voce del passivo dello Stato Patrimoniale B) Fondi per rischi e oneri, in apposita sottovoce.
L’impostazione descritta, coerente ai principi OIC applicabili e alle indicazioni ministeriali, è legata al verificarsi delle condizioni che vedono diretto destinatario delle premialità il personale espressamente indicato dalla norma, secondo una tempistica stabilita dal regolamento di Ateneo.
Occorre però approfondire il significato che deve essere dato al quesito ove si afferma che: “Questo fondo sarà utilizzato in un tempo non precisato per finalità non precisate che di volta in volta gli organi potranno stabilire, ma, con ogni probabilità, le finalità non saranno correlate al progetto che ha alimentato il fondo e ai docenti di riferimento”. Qualora la creazione e l’utilizzo del fondo si riferisca ad una finalità non meglio precisata e comunque non riconducibile alla diretta remunerazione del personale indicato dall’art. 9 della Legge n. 240/2010 (ad esempio: finanziamento per la ricerca, interventi a favore degli studenti, etc.) è necessario che non siano effettuati accantonamenti prima della determinazione del risultato gestionale. In tal caso, infatti, il Consiglio di Amministrazione potrà eventualmente destinare parte del risultato gestionale positivo alle riserve vincolate del patrimonio netto per finalità “non correlate al progetto che ha alimentato il fondo e ai docenti di riferimento”. Ciò al fine di non generare impatti sul conto economico dell’esercizio precedente a quello di effettiva utilizzazione della risorsa vincolata, mancando fino a quel momento il presupposto per la rilevazione del costo di competenza (in linea con le indicazioni contenute nelle note tecniche ministeriali) e non sussistendo alcun legame con la fattispecie delineata dall’articolo 9 della Legge n. 240/2010.
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MILANO |
02/05/2023 |
Si rinvia il testo del quesito all'allegato
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Di seguito la risposta al quesito:
In merito all’ipotesi prospettata nel quesito si condivide il fatto che trattandosi di investimento concernente bene immobile non soggetto ad ammortamento e quindi con valore non avente alcun impatto sul conto economico, non sia necessario procedere ad un vincolo di riserve libere di patrimonio netto in conformità alle indicazioni desumibili dalla nota tecnica n. 2 pubblicata nel sito “https://coep.miur.it/” in data 25/06/2021 quando afferma che “… il valore delle riserve da vincolare per la copertura dei piani di investimento dovrà riguardare solo i beni (materiali e immateriali) che vi rientrano, per l’ammontare rappresentato nel budget degli investimenti e che risulti soggetto ad ammortamento pluriennale. Ad esempio, il valore di acquisto dei terreni o l’ammontare corrispondente al terreno (nel caso di acquisto di un fabbricato), non essendo un valore ammortizzabile, non determinerà l’esigenza di procedere al vincolo della riserva per l’ammontare corrispondente. Lo stesso dicasi per eventuali investimenti che possano essere effettuati, nei limiti stabiliti dalle norme vigenti, per l’acquisto di immobilizzazioni finanziarie (titoli, partecipazioni, ecc.”.
Non si condivide invece la tesi prospettata di voler escludere dal budget degli investimenti il previsto acquisto del terreno nell’annualità oggetto di programmazione e non si ritiene possibile la modifica dello schema che è stato definito e fornito come allegato 2 dal D.I. 925/2015. Occorrerà ordinariamente ed in conformità con quanto avviene per gli altri costi d’investimento programmati per il periodo, procedere all’indicazione nella voce “II-1) Terreni e Fabbricati” delle voci “A) Investimenti-impieghi” e nella voce “III) Risorse proprie” delle voci “B) Fonti di finanziamento” ove non sia necessario fare riferimento a finanziamenti onerosi o si possano ottenere specifici contributi in conto impianti (Voci I e II delle Fonti di finanziamento). Il comportamento infatti consente di valutare in modo trasparente, omogeneo e sistematico l’impatto della scelta programmatica dell’Ateneo.
Si deve inoltre considerare che la questione relativa alla liquidità necessaria alla realizzazione dell’investimento non si pone in alternativa alla disponibilità di riserve di patrimonio netto a copertura. Infatti, pur non essendo necessario, nel caso di specie, vincolare riserve libere di patrimonio netto, occorre pur sempre contemporaneamente verificare la presenza di liquidità in misura corrispondente al valore dell’investimento programmato. Pertanto, in presenza di investimenti da effettuarsi con risorse proprie, sia riferibili ad acquisti di beni soggetti ad ammortamento, sia riferibili a beni non soggetti ad ammortamento, come in questo caso, le disponibilità liquide equivalenti dovranno risultare necessariamente disponibili per garantire la copertura finanziaria dell’investimento e raggiungere l’obiettivo di equilibrio prescritto dall’articolo 1, comma 3 del D.I. 925/2015. Sotto questo profilo anche la nota tecnica n. 2 prevede che “… al fine di garantire l’esistenza della necessaria liquidità per la realizzazione dell’acquisto, in sede di programmazione l’Ateneo dovrà dimostrare l’esistenza di risorse sufficienti fra le proprie disponibilità liquide che possano essere impiegate allo scopo, senza alterare le normali condizioni di fabbisogno legate alla gestione corrente e agli altri investimenti programmati e dandone adeguata indicazione e commento nella nota illustrativa del budget degli investimenti”.
La dimostrazione dell’esistenza della necessaria liquidità dovrà essere data dall’Ateneo nella nota illustrativa sulla base delle proprie informazioni derivanti da dati statistici rilevabili dai precedenti bilanci e dalle necessità prospettiche che si vengono a determinare in conseguenza della realizzazione dell’impiego della liquidità per l’investimento, in modo da dimostrare oggettivamente che nella programmazione finanziaria degli esercizi successivi non si possa creare un’alterazione dell’equilibrio e/o delle ordinarie necessità di fabbisogno destinate a garantire i flussi correnti con integrale assorbimento senza alcuna conseguenza. Le grandezze patrimoniali esposte, quali la consistenza della “Cassa” nell’ultimo triennio (rilevata nei bilanci d’esercizio approvati), il rapporto “Cassa” / Patrimonio vincolato + Patrimonio non vincolato nell’ultimo triennio e i capitale circolante netto e margine di tesoreria (quale margine e rapporto tra attivo corrente - cassa, crediti - e passivo corrente - debiti), consentono di valutare l’impatto sulla situazione esistente a livello statico, ma non è detto che, da sole, queste informazioni possano garantire l’equilibrio finanziario futuro e neppure possono supplire all’esigenza informativa richiesta per la fattispecie e circostanza in relazione alle esigenze gestionali dinamiche.
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della CALABRIA |
29/04/2022 |
Secondo il Manuale Tecnico Operativo, i contributi agli investimenti iscritti tra i risconti passivi dello stato patrimoniale alla voce e.1 “Contributi agli investimenti” devono essere ridotti con accredito in conto economico in apposita voce di ricavo dedicata nell’ambito di “Altri proventi e ricavi diversi” (pag. 100). Nelle diverse scritture esemplificative (pag. 101 e seguenti) e nella nota tecnica n. 1, invece, si utilizza la voce di ricavo A)-II) “Contributi”. Si chiede, pertanto, quale voce di ricavo deve essere utilizzata ( A)V “Altri proventi e ricavi diversi” oppure A)-II) “Contributi”).
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Di seguito la risposta al quesito:
In merito al quesito al fine di stabilire il corretto comportamento contabile per la fattispecie è essenziale risalire anche al momento di generazione del risconto passivo collocato nella voce dello stato patrimoniale “E) e.1 Contributi agli investimenti”. Infatti nell’esercizio di rilevazione originaria del contributo finalizzato all’investimento (cioè in conto impianti) l’ammontare concesso all’Ateneo è stato momentaneamente rilevato nel conto economico. Quella rilevazione dovrebbe essere stata fatta in corso di anno, in apposita voce coerente alla natura dell’attribuzione vincolata, e successivamente oggetto di giroconto alla voce dei riconti passivi al fine di garantire il rinvio della competenza economica del ricavo coerentemente alla rilevazione delle quote di ammortamento conseguenti all’acquisto e all’utilizzo dell’immobilizzazione da investimento. La natura del ricavo, conseguente al progressivo storno del risconto passivo dalla voce “E) e.1 Contributi agli investimenti”, deve essere mantenuta coerente alla natura della prima rilevazione al conto economico in sede di percezione / attribuzione del contributo. Quindi, posto che la voce “A-II) Contributi” rappresenta nelle varie fattispecie delle sottostanti voci di dettaglio - ad esempio “A-II-1) Contributi Miur e altre amministrazioni centrali” – si deve ritenere che il ricavo correlato al valore della quota di ammortamento imputata al conto economico di ciascun esercizio dovrà essere rilevato nella voce A-II) contributi corrispondente sulla base della fonte originaria così come segnalato nella nota tecnica 1).
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MILANO-BICOCCA |
18/03/2022 |
In vigenza della contabilità finanziaria l’Ateneo ha aggiudicato le opere di realizzazione di due residenze universitarie con un contributo ministeriale, iscrivendo da un lato residui passivi e dall’altro residui attivi.
In sede di predisposizione del primo Stato Patrimoniale i residui attivi relativi al contributo ministeriale sono stati contabilizzati tra i crediti, che ad oggi non sono ancora stati incassati in quanto legati alla effettiva realizzazione delle opere.
I residui passivi relativi al contratto con la società appaltatrice sono stati iscritti nello Stato Patrimoniale iniziale tra i "Fondi Oneri per impegni derivanti dalla contabilità finanziaria”, con l'obiettivo di svincolarli progressivamente una volta costruite le residenze a fronte del relativo ammortamento.
A causa di ritardi e gravi inadempienze, nel 2017 l’Ateneo ha risolto il contratto con la società appaltatrice; ne è nato un contenzioso giudiziario tuttora in corso e nel frattempo la società è anche fallita. Volendo proseguire nelle opere di completamento delle residenze, nel corso del 2021 l’Ateneo ha deciso di rinunciare al cofinanziamento ministeriale e sta approfondendo una revisione progettuale delle opere, individuando altre forme di cofinanziamento e nuove modalità di intervento.
Si rende quindi necessario procedere da un lato alla chiusura dei crediti e dall’altro allo svincolo del Fondo Oneri, dando naturalmente conto di tutti i dettagli in nota illustrativa.
Premesso che al momento del passaggio alla contabilità economico-patrimoniale i residui attivi erano effettivamente sussistenti e che quindi non va rettificato il fondo di dotazione, registreremo la chiusura di questi crediti rilevando una insussistenza passiva.
Poiché anche i residui passivi erano sussistenti al momento del passaggio alla contabilità economico-patrimoniale, lo svincolo del fondo oneri potrà confluire in “apposita riserva del patrimonio netto libero (voce A-III) da classificare come ex-COFI” (v. risposta al nostro quesito n. 69).
Tuttavia, in considerazione della stretta correlazione tra l’eliminazione del credito e lo svincolo del fondo, riteniamo di dover applicare in questo caso le regole generali previste nei principi contabili per la rilevazione delle eccedenze dei fondi rischi e oneri (OIC 31), contabilizzando quindi in seguito al rilascio del fondo un ricavo (e in particolare un ricavo straordinario).
Iscriveremo inoltre un accantonamento a specifico fondo rischi per il contenzioso giudiziario in corso.
Chiediamo se l’impostazione che intendiamo seguire può ritenersi corretta.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito:
In merito al quesito, tenuto conto degli elementi desumibili dall’esposizione fatta del caso, occorre partire dalla verifica della correttezza dell’iscrizione originaria nello stato patrimoniale iniziale (SPI) del valore degli impegni della ex contabilità finanziaria (COFI), derivanti dai residui passivi, in apposito fondo oneri e del valore degli accertamenti derivanti dai residui attivi, fra i crediti verso il Ministero co-finanziatore. Entrambe le poste sono state mantenute e risulterebbero presenti alla chiusura del bilancio dell’esercizio 2020 e alla chiusura dell’esercizio contabile 2021.
In riferimento alla iscrizione dei residui attivi nei crediti e dei residui passivi negli altri fondi per oneri, l’impostazione corrisponde alla specifica previsione contenuta nell’articolo 5 (criteri di predisposizione del primo Stato Patrimoniale), comma 1, lettera g) del D.I. 19/2014 dove si prevede che “1. Al fine della predisposizione del primo Stato Patrimoniale gli atenei, tenendo conto delle proprie specificità, si attengono ai seguenti criteri: … g) Residui attivi e passivi: preliminare è la verifica della loro effettiva sussistenza. I residui riconducibili, secondo i principi della contabilità economico-patrimoniale, a crediti e debiti, a fondi per rischi ed oneri o altri fondi vanno classificati nelle relative poste, altrimenti vanno classificati negli «altri fondi per oneri» del passivo di stato patrimoniale o nelle diverse riserve di patrimonio netto. Nel tempo poi tali voci verranno utilizzate a copertura dei relativi costi. I residui derivanti da ordini per cui a chiusura dell'esercizio non vi è stato l'arrivo del bene, ovvero l'effettuazione della prestazione, sono ricondotti ai conti d'ordine; …”. Su questa base, è chiaro che la rilevazione nei fondi oneri in questione è corretta e coerente alla speciale disposizione transitoria solo ove i residui passivi, in base alle regole della COFI, risultassero effettivamente sussistenti. Analoga considerazione deve essere svolta per l’iscrizione e valorizzazione dei crediti in ragione della loro esigibilità. L’applicazione del principio deriva anche dal contenuto del capitolo “Predisposizione SPI: Avanzo di amministrazione e residui (attivi e passivi)” del Manuale Tecnico Operativo dove si prevede espressamente che “Agli effetti della redazione dello SPI i residui (attivi e passivi) e l’avanzo di amministrazione, dovranno essere distribuiti nelle varie poste di rappresentazione sulla base di apposito prospetto di raccordo che indichi provenienza, classificazione e destinazione (art. 5, comma 2). Preliminarmente, per quanto concerne i residui, dovrà essere valutata la loro effettiva sussistenza; in caso di accertata insussistenza, laddove non eliminati in sede di stesura dell’ultimo conto consuntivo di COFI, il prospetto di raccordo evidenzierà la loro eliminazione; in sostanza non verranno rappresentati fra le poste attive e passive dello SPI ed il loro ammontare concorrerà alla determinazione del valore del patrimonio netto … Nel caso di residui passivi non direttamente riconducibili alle poste di cui sopra, gli stessi non potranno essere rappresentati nel passivo e di conseguenza ciò determinerà effetti sul patrimonio netto differenziale di apertura dei conti (presumibilmente con effetto di aumento della quota di avanzo libero da rappresentare nelle poste di patrimonio e del passivo …)”. Questo principio deve trovare applicazione anche in una fase successiva all’impianto dello SPI laddove questa condizione risulti emergere dalle analisi realizzate dall’Ateneo. La circostanza tuttavia, dall’illustrazione fatta nel quesito, non pare corrispondere al caso esposto dal momento che il credito, derivante dal residuo attivo, risultava regolarmente sussistente e potenzialmente esigibile al verificarsi delle condizioni e l’iscrizione della posta nei "Fondi Oneri per impegni derivanti dalla contabilità finanziaria” era avvenuta in esatta corrispondenza dell’impegno assunto pendente la COFI coerentemente alle regole di impianto della COEP all’interno dello SPI.
Poiché si tratta di poste, i crediti e il fondo, regolarmente ed effettivamente sussistenti nello stato patrimoniale dell’Ateneo secondo i principi della COEP e la loro eliminazione avviene, pendente quest’ultimo sistema contabile, in ragione di fatti, anche determinati da scelte interne, intervenuti successivamente all’impianto dello SPI; l’eliminazione sia dei crediti, sia del fondo, non si realizza come rettifica iniziale del ridetto SPI, ma deve avvenire con effetto sul conto economico e non può immediatamente andare ad alimentare il valore del patrimonio netto dell’esercizio in cui avvengono le eliminazioni. Si ritiene pertanto che, in considerazione della stretta correlazione tra l’eliminazione del credito e lo svincolo del fondo, devono essere applicate le regole generali previste nei principi contabili per la rilevazione delle eccedenze dei fondi rischi e oneri (OIC 31), contabilizzando quindi in seguito al rilascio del fondo un ricavo, coerentemente al costo che deriva dall’eliminazione del credito inesigibile (OIC 15) a seguito della rinuncia volontaria dell’Ateneo al co-finanziamento ministeriale. Si condivide che sia il costo sia il ricavo abbiano natura, rispettivamente, di insussistenza di attivo e sopravvenienza attiva, e debbano confluire nelle relative poste dell’area straordinaria del conto economico concorrendo così alla formazione del risultato dell’esercizio in cui l’operazione si realizza. Costituisce valutazione propria dell’Ateneo, la questione relativa alla necessità di iscrivere un accantonamento ad alimentare specifico fondo rischi per il contenzioso giudiziario in corso con l’appaltatrice fallita. Si evidenzia, in conclusione, che la volontà di proseguire nel completamento delle residenze, dopo la revisione progettuale delle opere e l’individuazione di altre forme di cofinanziamento e di nuove modalità di intervento, comporterà l’individuazione di apposite risorse (fonti) per la realizzazione delle attività nel budget degli investimenti; in particolare, laddove l’intervento avvenga con risorse proprie, sarà necessario vincolare corrispondenti riserve o risultati gestionali (utili) di patrimonio netto libero.
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MILANO-BICOCCA |
26/07/2021 |
In sede di predisposizione del primo Stato Patrimoniale avevamo costituito uno specifico Fondo Oneri di importo pari agli “impegni” (ordini e simili) derivanti dalla contabilità finanziaria i cui costi si sarebbero manifestati in contabilità economico-patrimoniale. Nel solo caso dei progetti valutati con il metodo della commessa completata, l’importo di questi impegni è stato invece aggiunto ai risconti passivi iniziali determinati scomponendo l'avanzo di amministrazione dell’ultimo esercizio in contabilità finanziaria nelle varie poste indicate dalla normativa di riferimento.
Avendo già avuto copertura in contabilità finanziaria, questi impegni non hanno intaccato il budget in contabilità economico-patrimoniale, ma i relativi costi sono poi andati a gravare sul conto economico nell'anno di arrivo della merce o di erogazione della prestazione. Nel caso dei progetti valutati con il metodo della commessa completata, in seguito al sostenimento dei costi è stata contabilizzata anche una quota dei ricavi precedentemente riscontati, mentre in tutti gli altri casi per i quali avevamo costituito il Fondo Oneri ciò non è avvenuto.
Sulla base di varie estrazioni del Cineca, integrate con verifiche puntuali sui singoli documenti, nei mesi scorsi abbiamo mappato l’evoluzione di questi impegni dal 2016 (primo anno in contabilità economico-patrimoniale) in avanti, con l’obiettivo di svincolare ove opportuno il Fondo Oneri.
Nel Manuale Tecnico-Operativo è indicato che:
"I fondi [per rischi e oneri] devono essere utilizzati a seguito dell'accadimento dell'evento che aveva in origine causato l’accantonamento. L'utilizzo avviene in modo diretto, iscrivendo in dare il fondo per rischi e oneri e non rilevando, pertanto, un componente negativo nel conto economico."
...
"I fondi in esame non vengono utilizzati a diretta riduzione e compensazione del costo per natura nel caso in cui si tratti di fattispecie derivanti da iscrizioni di risorse provenienti dalla COFI e ivi riportate sulla base dell'art. 5, comma 1, lettera g) del D.I. n. 19/2014 (in questo caso l’utilizzo comporta l'iscrizione di un ricavo per mantenere la visibilità della natura del costo di competenza dell'esercizio in cui lo stesso si manifesta)."
Sulla base di tali indicazioni, in sede di chiusura del bilancio 2020 abbiamo provveduto al parziale svincolo dei Fondi Oneri distinguendo le seguenti casistiche, illustrate anche in Nota Integrativa:
1) Impegni COFI divenuti costi nel 2020: abbiamo svincolato il Fondo Oneri registrando in conto economico un ricavo straordinario;
2) Impegni COFI divenuti costi nel 2016/17/18/19: abbiamo permutato il Fondo Oneri in “Risultati gestionali di esercizi precedenti in COEP”, in quanto se fossimo riusciti ad effettuare questa operazione anno per anno avremmo avuto un risultato economico più alto; considerata la particolare natura delle poste non ci è sembrato in questo caso opportuno transitare dal conto economico 2020.
3) Impegni COFI per i quali negli anni tra il 2016 e il 2020 sono venuti meno i presupposti e a fronte dei quali non verranno più sostenuti costi in COEP: abbiamo permutato il Fondo Oneri in “Risultati gestionali di esercizi precedenti in COFI”, in quanto questi impegni non sono transitati dalla COEP, se non appunto nello Stato Patrimoniale iniziale. Se per qualsiasi motivo questi impegni fossero stati cancellati prima di passare alla COEP l’avanzo di amministrazione dell’ultimo esercizio in contabilità finanziaria sarebbe stato più alto.
Chiediamo se l’impostazione seguita può ritenersi corretta.
Leggi Risposta
Di seguito le risposte ai quesiti.
In merito al quesito si può unicamente tenere conto degli elementi desumibili dall'esposizione fatta del caso, partendo dalla verifica della correttezza dell’iscrizione originaria nello stato patrimoniale iniziale (SPI) del valore degli impegni della ex contabilità finanziaria (COFI) in apposito fondo oneri.
Questa impostazione corrisponde alla specifica previsione contenuta nell'articolo 5 (criteri di predisposizione del primo Stato Patrimoniale), comma 1, lettera g) del D.I. 19/2014 dove si prevede che
“1. Al fine della predisposizione del primo Stato Patrimoniale gli atenei, tenendo conto delle proprie specificità, si attengono ai seguenti criteri: … g) Residui attivi e passivi: preliminare è la verifica della loro effettiva sussistenza. I residui riconducibili, secondo i principi della contabilità economico-patrimoniale, a crediti e debiti, a fondi per rischi ed oneri o altri fondi vanno classificati nelle relative poste, altrimenti vanno classificati negli «altri fondi per oneri» del passivo di stato patrimoniale o nelle diverse riserve di patrimonio netto. Nel tempo poi tali voci verranno utilizzate a copertura dei relativi costi. I residui derivanti da ordini per cui a chiusura dell'esercizio non vi è stato l'arrivo del bene, ovvero l'effettuazione della prestazione, sono ricondotti ai conti d'ordine; …”.
Su questa base, è chiaro che la rilevazione nei fondi oneri in questione è corretta e coerente alla speciale disposizione transitoria solo ove i residui passivi, in base alle regole della COFI, risultassero effettivamente sussistenti. Laddove in quella sede di iniziale analisi del conto consuntivo dell’esercizio precedente a quello di avvio della contabilità economico patrimoniale COEP e preliminarmente rispetto alla determinazione delle poste da iscrivere nello SPI, i residui potessero ritenersi non effettivamente sussistenti nessuna iscrizione nello stato patrimoniale sarebbe stata dovuta e la grandezza sarebbe dovuta confluire nel valore differenziale netto contabile, costituito dalla voce “fondo di dotazione” (voce A-I del patrimonio netto).
L’applicazione del principio deriva anche dal contenuto del capitolo “Predisposizione SPI: Avanzo di amministrazione e residui (attivi e passivi)” del Manuale Tecnico Operativo dove si prevede espressamente che
“Agli effetti della redazione dello SPI i residui (attivi e passivi) e l’avanzo di amministrazione, dovranno essere distribuiti nelle varie poste di rappresentazione sulla base di apposito prospetto di raccordo che indichi provenienza, classificazione e destinazione (art. 5, comma 2). Preliminarmente, per quanto concerne i residui, dovrà essere valutata la loro effettiva sussistenza; in caso di accertata insussistenza, laddove non eliminati in sede di stesura dell’ultimo conto consuntivo di COFI, il prospetto di raccordo evidenzierà la loro eliminazione; in sostanza non verranno rappresentati fra le poste attive e passive dello SPI ed il loro ammontare concorrerà alla determinazione del valore del patrimonio netto … Nel caso di residui passivi non direttamente riconducibili alle poste di cui sopra, gli stessi non potranno essere rappresentati nel passivo e di conseguenza ciò determinerà effetti sul patrimonio netto differenziale di apertura dei conti (presumibilmente con effetto di aumento della quota di avanzo libero da rappresentare nelle poste di patrimonio e del passivo …)”.
Questo principio deve trovare applicazione anche in una fase successiva all’impianto dello SPI laddove questa condizione risulti emergere dalle analisi realizzate dall’Ateneo.
Quindi, in riferimento alla casistica derivante dal punto 3) del quesito, cioè “Impegni COFI per i quali negli anni tra il 2016 e il 2020 sono venuti meno i presupposti e a fronte dei quali non verranno più sostenuti costi in COEP” è necessario riclassificare la grandezza facendola confluire nel valore del fondo di dotazione dell’Ateneo o in apposita riserva del patrimonio netto libero (voce A-III) da classificare come ex-COFI. Tale ultima soluzione appare quindi in linea con il trattamento contabile definito al punto 3) del quesito.
In riferimento alla casistica 1) “Impegni COFI divenuti costi nel 2020”, si ritiene corretto l’utilizzo del fondo con iscrizione di un ricavo correlato, in quanto conforme anche alle indicazioni del MTO e delle risposte e note tecniche relative all’argomento. Tuttavia, non appare condivisibile la natura straordinaria dei suddetti ricavi in quanto, sulla base dell’esposizione fatta, da ricondurre a bilanciamento di costi di competenza dell’esercizio 2020 con iscrizione nella classe di valori “Altri proventi e ricavi diversi” del conto economico.
In riferimento alla casistica 2) “Impegni COFI divenuti costi nel 2016/17/18/19” il comportamento che può ritenersi corretto e in linea con l’applicazione dei principi contabili, dal momento che non si tratta di una riclassificazione ex-ante, ma di una rilevazione sopravvenuta che doveva essere normalmente effettuata negli esercizi precedenti pendente la COEP, prevede la necessità di transito, per utilizzo e “svuotamento” del fondo oneri, dal conto economico, con iscrizione di un apposito ricavo. In questo caso la natura del ricavo può definirsi straordinaria essendo riferito agli esercizi precedenti al 2020 ormai chiusi. Non appare invece coerente a tale impostazione e principio lo storno del fondo oneri tramite rilevazione diretta a incremento dei risultati derivanti dagli esercizi precedenti dal 2016 al 2019.
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FIRENZE |
30/11/2020 |
Nell’anno 2021 l’Ateneo aderirà alla Convenzione CONSIP FM4 per l'affidamento di servizi integrati per la gestione del patrimonio immobiliare e mobiliare dell'Ateneo, sottoscrivendo un contratto della durata di 6 anni.
Nel medesimo esercizio 2021 saranno corrisposti all’impresa aggiudicataria il costo del canone annuale, oltre all’anticipazione del 20% del valore complessivo del contratto, ex art. 35, comma 18 del D.Lgs. 18/04/2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici.
Premesso che, sulla base del principio della competenza economica, si ritiene corretto stanziare nel budget economico 2021 la sola quota (presunta) relativa al valore del servizio erogato, ovvero la stima relativa al canone stabilito contrattualmente per un singolo esercizio, si richiede la modalità attraverso la quale dare evidenza della presenza della copertura finanziaria per la corresponsione dell’anticipazione del 20% del valore complessivo del contratto.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Premessa
Il contratto di affidamento prevede la sottoscrizione di un contratto pluriennale per la prestazione di servizi della durata di 6 anni con il riconoscimento di un canone annuale e un versamento, alla data di sottoscrizione del contratto, di un'anticipazione del 20% come previsto per i contratti pubblici di appalto, di solito garantita da fidejussione.
Non essendovi, sulla base delle informazioni fornite, risvolti che consentano di ipotizzare un onere che comporti la capitalizzazione in investimenti annuali o pluriennali (e il relativo budget) che potrebbero avere un impatto diretto sull'aspetto della disponibilità e della relativa copertura finanziaria (in riferimento alle fonti da garantire), si ritiene il contratto riguardi una prestazione di servizi i cui oneri impattano solo sulla parte economica del bilancio dell’Ateneo per i singoli anni di durata del contratto in esame.
Aspetti economici
In fase di predisposizione del budget economico 2021 (autorizzatorio) e nel budget economico pluriennale triennale, per la parte che interessa gli anni 2022 e 2023, l'ateneo dovrà prevedere il costo per il servizio annuale di gestione, in base all'importo definito nel contratto, allocando il relativo valore all’interno di ciascuna annualità.
A mero titolo di esempio, se il contratto prevedesse un costo standard orario, il costo totale da prevedere a budget dovrebbe coincidere con le ore di lavoro stimate in ciascun esercizio, in modo prudenziale, moltiplicate per lo standard definito nel contratto.
Si può presumere che nell'esercizio 2021 vi sia un onere corrispondente ad 1/6 del valore complessivo del contratto e complessivamente stimare, nel budget triennale degli esercizi da cui decorre la vigenza del contratto, un assorbimento nel conto economico dell’Ateneo pari al 50% del valore complessivo stimato e così a scorrimento nei budget degli esercizi successivi.
Così operando il Conto Economico preventivo di ciascuna annualità interessata dal triennio darà un risultato netto già comprensivo dell’onere annuale previsto per il servizio relativo alla gestione del patrimonio immobiliare e mobiliare dell'Ateneo stabilito nel contratto pluriennale di appalto.
Aspetti finanziari
L’anticipo del 20%, anche se dovrà essere fatturato dal fornitore, costituisce unicamente un esborso di natura finanziaria da esporre nello stato patrimoniale fra i crediti da utilizzare a consumo nella normale progressione del contratto in base alle regole ivi previste pendente la fruizione del servizio.
Si rammenta che l’articolo 35, comma 18 del D.lgs. 50/2016 prevede espressamente che l’importo della garanzia venga gradualmente e automaticamente ridotto nel corso della prestazione, in rapporto al progressivo recupero dell'anticipazione da parte delle stazioni appaltanti.
Quindi da ciò deriva che, in proporzione all’evoluzione del contratto e al consumo delle prestazioni, si venga a realizzare un utilizzo in parziale compensazione del credito rispetto a quanto dovuto in pagamento sui servizi fatturati, con storno progressivo parziale della fattura di anticipo.
Il rendiconto finanziario prospettico del 2021, che verrà però realizzato solo a consuntivo in occasione della formazione del bilancio di ciascun esercizio, e il bilancio stesso, dovranno riflettere i seguenti elementi specifici:
Il versamento dell’anticipo del 20% che, come detto, darà luogo alla rilevazione di un credito verso fornitore con scadenza, seppure gradualmente ridotto, alla data di conclusione del contratto, e quindi con specifica classificazione oltre i 12 mesi;
La fidejussione ricevuta in garanzia dovrà essere rilevata nei conti d’ordine e opportunamente commentata in nota integrativa;
L’uscita dal conto di tesoreria per il versamento dell’anticipo al fornitore.
Il saldo finale delle disponibilità liquide derivanti dalla gestione dell’attività d’esercizio, qualora negativo, dovrà trovare copertura in una delle altre dimensioni nelle quali sono strutturati il bilancio di esercizio e il rendiconto finanziario, ovvero:
nella disponibilità liquida a inizio esercizio;
nell'attività di finanziamento;
nell'attività di investimento (disinvestimento in questo caso, trattandosi di un’eventuale necessità di copertura di un disavanzo).
Conclusione
In merito alla modalità attraverso la quale dare evidenza della presenza della copertura finanziaria per la corresponsione dell’anticipazione del 20% del valore complessivo del contratto, con gli strumenti in vigore per la contabilità economico – patrimoniale per le università e l’attuale base giuridica, si ritiene che risulti sufficiente e capiente, per la fattispecie, in ragione del valore complessivo dell’anticipo, quanto esposto nel budget economico triennale secondo le indicazioni precedentemente esposte.
In riferimento agli obblighi derivanti dall’applicazione dell’articolo 7 del D.I. n. 19/2014 (Criteri per la predisposizione del bilancio preventivo unico d'ateneo non autorizzatorio e del rendiconto unico d'ateneo in contabilità finanziaria) in sede di formazione del bilancio preventivo unico in contabilità finanziaria, dovrà essere tenuto conto, allo scopo, di quanto nello specifico prescrive il comma 1 e l’allegato 2 al Decreto e quindi delle regole tassonomiche previste dal Manuale tecnico operativo, dando risalto alla prospettiva dell’uscita del ridetto anticipo del 20% nell’apposita voce ivi prevista.
Si rammenta che il Ministero dell’università e ricerca, con varie note, ha dato specifiche indicazioni in riferimento alla formazione di tale documento dopo le modifiche stabilite dal D.I. n. 394/2017.
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PARMA |
05/08/2020 |
L’Università degli Studi di Parma, all’atto dell’introduzione della contabilità economico-patrimoniale, aveva iscritto in bilancio, nelle voci del patrimonio vincolato, una “Riserva per copertura ammortamenti COFI” per l’importo risultante dalla somma algebrica del valore dei cespiti patrimoniali e del valore derivante dalla ricostruzione dei rispettivi fondi di ammortamento.
La scelta fu dettata dalla volontà di “sterilizzare”, per gli anni successivi, l’effetto economico prodotto dagli ammortamenti su cespiti acquisiti ante 2014, impiegando una metodologia contabile differente da quella successivamente ipotizzata nel MTO (risconti passivi pluriennali) ma tendente a ottenere il medesimo effetto sostanziale sotto il profilo contabile. Infatti, anziché rilasciare di anno in anno la quota di competenza dei risconti passivi si ipotizzò il graduale svincolo di detta riserva in misura pari agli ammortamenti di competenza dei diversi esercizi. In quel momento la scelta non poteva contare sullo specifico indirizzo operativo ministeriale dal momento che il MTO, nella prima edizione, è stato pubblicato ufficialmente nel dicembre 2015.
Negli ultimi tre esercizi, gli ammortamenti sono stati coperti dai flussi reddituali d’esercizio e la riserva in questione ha dato origine allo svincolo di quote della stessa per un ammontare pari agli ammortamenti di competenza dei diversi esercizi con permutazione dalla riserva per futuri ammortamenti ad altra riserva di patrimonio netto libero.
Date tali premesse, in sede di destinazione dell’utile 2019 e rideterminazione delle Riserve sarebbe ora intenzione degli Organi Accademici vincolare una parte dell’ammontare residuo di detta riserva a copertura del piano edilizio triennale e dei futuri piani di investimento (rimanendo così nel patrimonio vincolato, seppure in altra voce specifica riserva).
In sintesi, pertanto, trattandosi di una riserva costituita per dare copertura ad ammortamenti futuri (in analogia alla tecnica dei risconti), anziché liberarne progressivamente il valore in proporzione agli ammortamenti via via imputati agli esercizi futuri – trattandosi di cespiti derivanti da acquisizioni avvenute precedentemente all’introduzione della COEP – si prevede di poterne liberare l’ammontare per dare copertura a nuovi investimenti – attraverso un immediato nuovo vincolo che comporti la realizzazione di una variazione di budget degli investimenti.
Qualora tale procedura non fosse giudicata conforme alla logica di formazione della riserva in questione, si chiede se sia possibile mantenerne l’iscrizione in bilancio proseguendo con la tecnica finora adottata o se sia preferibile girarne l’importo a ricavo, riscontando la quota non di competenza e dando così vita alla determinazione di risconti pluriennali.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
In merito alla problematica contabile esposta si devono tenere in considerazione sia le norme di riferimento, contenute nell’articolo 5 del D.I. n. 19/2014, sia gli indirizzi ministeriali che sono stati dati nel tempo dal MUR, durante il periodo di vigenza della COEP (cfr. nota tecnica della Commissione n. 2 del 29 maggio 2017 e casistiche del MTO “Immobilizzazioni materiali” e “Patrimonio netto”).
In particolare, il MTO, nella sezione “Immobilizzazioni materiali” – Impianto dello stato patrimoniale iniziale, ha previsto che “Se il bene non risulta interamente ammortizzato alla data di impianto dello SPI e per il suo acquisto sono stati ricevuti contributi da terzi, deve essere iscritta la residua quota di contributi tra i risconti passivi, al fine di coprire nel tempo gli ammortamenti residui, quindi nel limite della parte ammortizzabile”, specificando, tra l’altro che “il risultato di amministrazione di ciascun esercizio, poi trasformato progressivamente in avanzo, ha risentito dell’applicazione di un ammortamento finanziario integrale generato dall’uscita, nei vari esercizi, per acquisto delle immobilizzazioni durevoli esattamente commisurata ad una entrata di bilancio che ne costituiva specifica fonte di finanziamento” e che “l’impostazione propria della COFI porta ragionevolmente a sostenere che ciascun acquisto sia stato realizzato attraverso uno specifico finanziamento nella parte uscite in conto capitale del bilancio essendo a ciò preordinata la parte entrate in conto capitale del bilancio finanziario nella stragrande maggioranza costituita di finanziamenti di terzi”.
Ciò premesso, alla luce di quanto sopra rappresentato, si ritiene che la quota residua della richiamata riserva, nei limiti in cui possa rappresentare il valore dei futuri ammortamenti da rilevare, non possa costituire riserva libera, ma possa essere ricollocata, tenendo conto di quanto previsto dal MTO, nei risconti passivi. Ciò al fine di riscontare, di anno in anno, la quota di competenza a copertura degli ammortamenti di ciascun esercizio. La riclassificazione delle suddette poste residue nei risconti passivi comporterà la necessità di riclassificare le riserve già presenti nel patrimonio netto, derivate dalle permutazioni realizzate dalla data d’impianto dello SPI fino all’ultimo bilancio approvato, nella categoria delle riserve libero o vincolate ex COEP e no ex COFI in relazione alla loro origine ridefinita in sede di riclassificazione.
Questa tecnica in presenza di risultati economici dei vari esercizi, di ammontare più elevato rispetto al valore dei ricavi imputati in ragione e conseguenza del sopra descritto processo di sterilizzazione degli ammortamenti e utilizzo dei risconti passivi, consentirà di realizzare, progressivamente, utili e di conseguenza disponibilità patrimoniali, che potranno essere utilizzate e destinate per la programmazione degli investimenti di ateneo all'interno del budget annuale e triennale con apposizione del vincolo relativo.
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VERONA |
22/06/2020 |
Dovendo procedere ad una revisione straordinaria della classificazione del Patrimonio Netto tra patrimonio netto vincolato derivante dall’ex Contabilità Finanziaria (ex COFI) per fondi da terzi e vincolato per decisioni degli organi, a seguito del venir meno dei vincoli di destinazione per spostarli a Riserve Libere, chiediamo, trattandosi di riserve ex Cofi, se tale operazione possa essere fatta direttamente tramite permutazione delle voci di Patrimonio Netto o necessariamente debba avvenire tramite iscrizione nel conto economico di ricavi.
Ci sembra più corretta la modalità diretta di permutazione delle voci di Patrimonio Netto perché trattasi di smobilizzo di fondi ex COFI che avrebbero dovuto essere smobilizzati in maniera superiore a quanto fatto effettivamente, nei primi esercizi COEP.
Nell’esercizio 2019 non sussistono più costi di fatto finanziati con tali quote derivanti dalla COFI e quindi da poter sterilizzare tramite iscrizione di appositi ricavi.
Tale modalità ci sembra più trasparente perché non altera in maniera grossolana l’evidenza del risultato 2019 e risulta, a parer nostro, anche coerente con le indicazioni richiamate dalla Nota Tecniche n. 2 della commissione Coep di cui riportiamo sotto uno stralcio:
“sempre previa delibera degli organi istituzionali, nei casi in cui le ragioni originarie del vincolo vengano meno o mutino gli interessi e indirizzi del Consiglio di Amministrazione, cioè nei seguenti casi:
- quando l’obiettivo per il quale il vincolo posto alla riserva non verrà più realizzato;
- quando l’obiettivo è stato raggiunto/completato e la riserva presenta un residuo non più necessario, né utilizzabile per la finalità;
- qualora, sulla base della programmazione strategica di ateneo, sia venuto meno l’obiettivo per il quale il vincolo era stato posto. “
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
In merito alla problematica contabile esposta si devono tenere in considerazione sia le norme di riferimento, contenute nell’articolo 5 del D.I. n. 19/2014, sia gli indirizzi ministeriali che sono stati dati nel tempo dal MUR, durante il periodo di vigenza della COEP (cfr. nota tecnica della Commissione n. 2 del 29 maggio 2017 e casistiche del MTO “Patrimonio netto”).
Rispetto all’ipotesi prospettata, tenuto conto di quanto in precedenza esposto e delle norme e documenti richiamati, si conferma che l’operazione che tende alla “liberazione” delle riserve di patrimonio netto dai vincoli precedentemente stabiliti non configura un utilizzo che possa determinare variazione con effetto economico.
Di fatto seppure il vincolo originario sia venuto meno la grandezza resta posta ideale di patrimonio netto e lo spostamento dalla parte del patrimonio netto vincolato (A-II PATRIMONIO VINCOLATO) alla parte del patrimonio netto libero (A-III PATRIMONIO LIBERO), deve essere necessariamente fatta con utilizzo di una scrittura di mera permutazione da riserva vincolata ex COFI a riserva libera ex COFI, il tutto all’interno delle poste ideali di patrimonio netto senza interessare il conto economico e mantenendo l’informazione della loro originaria formazione (COFI in questo caso).
Si osserva fra l’altro, anche se non richiesto nel quesito, che analogo comportamento contabile dovrebbe essere tenuto nel caso in cui il vincolo dovesse riguardare le riserve ex COEP, derivanti - ad esempio - da utili realizzati pendenti la contabilità economico patrimoniale vincolati ad una determinata destinazione con delibera degli organi preposti e poi liberati per il venire meno delle condizioni di vincolo o in ragione di una nuova decisione – ammissibile per il caso – da parte degli stessi organi.
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ROMA "Tor Vergata" |
11/06/2020 |
In sede di impianto della contabilità economico patrimoniale (COEP), questo Ateneo ha allocato nella voce PATRIMONIO VINCOLATO / FONDI VINCOLATI PER DECISIONE DI ORGANI DI GOVERNO, quote di avanzo vincolato derivante dalla contabilità finanziaria (ex CO.FI.), tra cui il “Fondo unico di ateneo” destinato al finanziamento degli oneri derivanti dall’eventuale stipula di contratti a tempo determinato per ricercatori di cui all’art. 24, comma 3, lettera a) della legge 240/2010. Questo trattamento è apparso coerente con quanto stabilito nell’articolo 5, comma 1, lettera j) del D.I. n. 19 del 14 gennaio 2014 (Principi contabili e schemi di bilancio in contabilità economico-patrimoniale per le università) e sembrerebbe in linea con quanto indicato nel manuale tecnico operativo.
Negli anni successivi all’impianto della COEP i costi derivanti dalle assunzioni dei ricercatori, sono stati contabilizzati in base alla natura nelle relative voci del conto economico, senza tuttavia procedere all'utilizzo delle riserve vincolate di patrimonio netto corrispondenti all’impianto dello SPI.
A questo punto si chiede:
1) se il comportamento contabile indicato possa ritenersi corretto;
2) se occorra rilevare un ricavo voce del conto economico “Altri proventi” per utilizzo della riserva vincolata in corrispondenza del costo sostenuto nel corso degli esercizi trascorsi o se invece si possa semplicemente procedere allo svincolo delle riserve predette rilevando un giroconto in altra voce del patrimonio netto libera da riserve ex COFI;
3) se nel caso in cui si riverifichino le condizioni che avevano comportato le iscrizioni della riserva, sulla base di delibera di CdA, essa si possa nuovamente ricostituire per dare copertura prospettica al programmato reclutamento dei ricercatori in conformità alle precedenti indicazioni ministeriali nel periodo di vigenza della contabilità finanziaria.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
In merito alla problematica contabile esposta si devono tenere in considerazione sia le norme di riferimento, contenute nell’articolo 5 del D.I. n. 19/2014, sia gli indirizzi ministeriali che sono stati dati nel tempo dal MUR, durante il periodo di vigenza della COEP (cfr. nota tecnica della Commissione n. 2 del 29 maggio 2017 e casistiche del MTO “Patrimonio netto” e “destinazione dei residui e dell’avanzo di amministrazione”) e durante il periodo di vigenza della COFI (cfr. nota DG del 5 aprile 2013 prot. n. 8312, ad oggetto “Programmazione delle assunzioni del personale per l'anno 2013 ai sensi del d.lgs 49/12 e della legge 135/2012. Verifica assunzioni del personale effettuate dal 1/1/2012 al 31/12/2012”)
L’articolo 5 (Criteri di predisposizione del primo Stato Patrimoniale), comma 1, lettera j) del D.I. n. 19/2014 prevede che “Al fine della predisposizione del primo Stato Patrimoniale gli atenei, tenendo conto delle proprie specificità, si attengono ai seguenti criteri: … j) Avanzo di amministrazione: è imputato, per la parte vincolata, tenendo conto dei residui riconducibili ai conti d'ordine di cui alla lettera g), nonché di quanto previsto per i progetti finanziati di cui alla lettera k), tra le diverse poste del patrimonio vincolato, mentre per la parte disponibile è imputato alla voce di patrimonio non vincolato denominata «Risultati gestionali relativi ad esercizi precedenti”.
Il MTO, in riferimento alla costituzione dello SPI su tali fattispecie prevede che:
- la lettera j), dell’art. 5, in materia di destinazione dell’avanzo di amministrazione, stabilisce che l’avanzo vincolato è imputato tra le diverse poste di patrimonio netto, tenendo conto dei vincoli esistenti e della loro origine;
- le fattispecie dell’avanzo vincolato sono risorse realizzate (accertate e/o incassate) che, nel periodo di gestione COFI, non hanno mai in concreto partecipato alla gestione attraverso l’impiego previsto in relazione al vincolo di destinazione (interno o esterno) e devono ancora produrre utilità economica non potendosi ritenere, dal punto di vista patrimoniale, delle vere e proprie componenti del patrimonio non avendo esaurito il loro percorso di partecipazione alla formazione del risultato economico della gestione;
- i “Fondi vincolati per decisioni degli organi istituzionali” (voce A-II-2 dello schema di stato patrimoniale), trovano la loro origine anche, in sede di impianto della COEP, nella realizzazione dello SPI;
- le “Riserve vincolate (per progetti specifici, obblighi di legge o altro)” (voce A-II-3 dello schema di stato patrimoniale), rappresentano tutte le fattispecie provenienti dall’impianto dello SPI che, in ragione del differente presupposto, ma sussistendo la condizione di vincolo che ne rende necessaria la collocazione specifica in questa posta di patrimonio, non possono trovare rappresentazione nelle precedenti voci A-II-1 o A-II-2;
- le risorse iscritte nelle poste di patrimonio vincolato (A-II PATRIMONIO VINCOLATO), derivanti dai residui passivi alla chiusura dell’ultimo esercizio COFI, ma anche la parte dell’avanzo vincolato ex COFI, possono essere considerate nella costruzione del budget economico del primo e dei successivi esercizi COEP, data la previsione contenuta nell’art. 5, comma 1, lettera g) e j) del D.I. n. 19/2014;
- tali poste vincolate verranno destinate alla copertura dei relativi costi di competenza economica nel primo esercizio COEP e/o nei successivi, fino all’esaurimento delle risorse nella posta vincolata ed in ragione della necessaria correlazione con i costi di competenza dei vari esercizi alla stessa riferibili.
- le risorse collocate nelle poste di patrimonio vincolato (A-II PATRIMONIO VINCOLATO), in sede di composizione del primo stato patrimoniale (SPI) in COEP, sono rilevate, mediante iscrizione di ricavi da utilizzo delle riserve, correlati ai costi che verranno sostenuti a carico degli esercizi con gestione COEP, ma solo fino al loro esaurimento;
- ove i ricavi di cui sopra siano stati iscritti nel budget economico al fine del suo equilibrio, gli stessi dovrebbero trovare rappresentazione anche nel conto economico del bilancio del medesimo esercizio ad eccezione del caso in cui: 1) il diverso valore di costi correlati rilevati per competenza a consuntivo (se inferiori rispetto al valore dei ricavi da riserve ex COFI previste nel budget a copertura dei costi); 2) presenza di maggiori ricavi generati nel corso dell'esercizio (che possono quindi sostituire quelli derivanti dalle riserve ex COFI quando queste non hanno un vincolo specifico di correlazione con determinati costi).
- quando il risultato finale del bilancio evidenzia una perdita di gestione le riserve vincolate ex COFI, che - come ricavi (nella voce: V ALTRI PROVENTI E RICAVI DIVERSI, 1 Utilizzo riserve di patrimonio netto derivanti dalla contabilità finanziaria) - abbiano garantito un risultato tendenziale in pareggio nel budget, devono comunque essere mantenute a consuntivo come ricavi dell'esercizio (indipendentemente dal verificarsi o meno delle condizioni del punto n. 2) di cui sopra)
La nota tecnica 2 del 29 maggio 2017 fornisce illustrazioni sulla costituzione e sull’utilizzo delle riserve mettendo in relazione il budget e il bilancio di esercizio ed afferma che il passaggio da Riserve Vincolate a Riserve Libere, potrà avvenire, sempre previa delibera degli organi istituzionali, nei casi in cui le ragioni originarie del vincolo vengano meno o mutino gli interessi e indirizzi del Consiglio di Amministrazione, cioè nei seguenti casi: - quando l’obiettivo per il quale il vincolo posto alla riserva non verrà più realizzato; - quando l’obiettivo è stato raggiunto/completato e la riserva presenta un residuo non più necessario, né utilizzabile per la finalità; - qualora, sulla base della programmazione strategica di ateneo, sia venuto meno l’obiettivo per il quale il vincolo era stato posto.
Sulla base della ricostruzione di cui sopra appare evidente che la costituzione, pendente la COFI, del c.d. “Fondo unico di ateneo” destinato al finanziamento degli oneri derivanti dall’eventuale stipula di contratti a tempo determinato per ricercatori di cui all’art. 24, comma 3, lettera a) della legge 240/2010, costituiva specifica esigenza in funzione della necessità, sollecitata anche dalla circolare MUR DG del 5 aprile 2013 prot. n. 8312 e conseguentemente la posta dell’avanzo vincolato doveva confluire nelle riserve vincolate dello SPI o comunque doveva, in COEP, essere alimentato uno specifico fondo vincolato fra le riserve di patrimonio netto dell’ammontare corrispondente al valore che avrebbe dovuto rappresentare il c.d. “fondo unico” in esame.
In relazione ai quesiti prospettati e nella considerazione di quanto esposto si deve ritenere che:
1) il comportamento contabile descritto dall’Ateneo nella fase d’impianto dello SPI può ritenersi corretto, così come, negli anni successivi all’impianto della COEP, la rilevazione dei costi derivanti dalle assunzioni dei ricercatori contabilizzati in base alla natura nelle relative voci del conto economico. L’utilizzo delle riserve vincolate di patrimonio netto corrispondenti all’impianto dello SPI poteva avere luogo in modo differente in base a quanto esposto nel successivo quesito n. 2);
2) l’utilizzo della riserva vincolata, in presenza della rilevazione a conto economico dei costi di competenza alla cui copertura e garanzia era stata destinata, avrebbe dovuto comportare la contemporanea rilevazione di un ricavo voce del conto economico “Altri proventi” laddove il conto economico dell’Ateneo di quell’esercizio avesse evidenziato una perdita. Invece, in presenza di un utile di esercizio, la rilevazione a ricavo non è prevista (come indicato anche dal MTO e dalla nota tecnica n. 2/2017) ed è semplicemente possibile procedere allo svincolo delle riserve “fondo unico” predette rilevando un giroconto in altra voce del patrimonio netto libera da riserve ex COFI, senza alcun effetto a livello di conto economico lato ricavi;
3) qualora, pendente la COEP, tornino a verificarsi le condizioni che avevano originariamente comportato le iscrizioni della riserva, sulla base di delibera di CdA, cioè la necessità di dare ancora copertura al reclutamento di ricercatori, sarà necessario provvedere nuovamente alla costituzione di apposita riserva vincolata, con modalità coerente alla tenuta della COEP, nel rispetto della nota ministeriale del 5 aprile 2013 prot. n. 8312, dove si prevede che per garantire i parametri di sostenibilità di bilancio “… è necessario che nell’ambito del bilancio …, sia costituito un fondo unico di ateneo in cui far confluire tali risorse. Nell’ambito delle relative disponibilità il Consiglio di Amministrazione e il Collegio dei revisori dei conti, deve autorizzare l’impegno di bilancio … il relativo importo a copertura completa dell’intera durata del contratto. Si sottolinea che non sono ammesse coperture parziali …”.
Si sottolinea che nel caso specifico, allo scopo di costituire il “fondo unico” a copertura, non è consentito l’utilizzo delle risorse libere del patrimonio netto provenienti da riserve o fondi ulteriori o diversi da quelli espressamente richiamati nella nota ministeriale, nonché da riserve rese libere per effetto di una delibera di svincolo di altre differenti riserve precedentemente vincolate, indifferentemente originate dalla COFI o dalla COEP e non sarà in ogni caso possibile garantire la copertura con le voci del patrimonio netto presenti nel fondo di dotazione.
Si ricorda infatti che le assunzioni di ricercatori di tipo a), pur continuando ad essere considerate tra i costi di personale, non comportano alcun addebito di Punti Organico per gli atenei in regola con gli indici di sostenibilità del bilancio; le coperture di tali oneri, se poste a carico dell’ex Fondo unico di ateneo, costituito nel rispetto delle indicazioni fornite con la nota del 5 aprile 2013 prot. n. 8312 richiamata e brevemente illustrata sopra, possono essere portate in riduzione dei costi di personale da considerare come parametro per il calcolo degli indicatori di cui al D.lgs. 49/2012
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FERRARA |
19/03/2020 |
L’intervento di modifica delle previsioni del D.I. n. 19/2014, operato dal D.I. 08/06/2017 n. 394/2017, ha comportato la necessità, da parte del nostro Ateneo di porre in essere specifiche analisi in merito all’impostazione del bilancio di esercizio per verificare la compatibilità delle valutazioni effettuate, in occasione dell’impianto della COEP e negli esercizi successivi, rispetto ai nuovi principi introdotti su alcune delle poste relative.
L’attività nel nostro caso si è sviluppata in riferimento alle varie poste interessate dalle modifiche dei principi e indirizzi ed è risultata particolarmente gravosa e delicata in riferimento alla valutazione per l’iscrizione del patrimonio immobiliare tanto da non rendere possibile la conclusione con adeguamento, come richiesto dalla nota tecnica n. 5 della Commissione, in occasione della stesura del bilancio di esercizio 2018.
L’Ateneo intende concludere la ricognizione nella definizione delle poste in occasione della chiusura del bilancio unico di esercizio 2019 applicando i nuovi criteri con effetto dallo stato patrimoniale iniziale, provvedendo quindi alle rettifiche nel senso e con le modalità indicate dalla suddetta nota tecnica.
Nel corso dello svolgimento dell’attività predetta sono tuttavia emersi alcuni dubbi su cui si richiede la formulazione di un orientamento ufficiale.
L’articolo 5 del D.I. n. 19/2014, dopo le modifiche introdotte dal D.I. 394/2017, oltre al resto, come confermato dall’ultima edizione del Manuale Tecnico Operativo, prevede che, per quanto riguarda il patrimonio immobiliare e i terreni di proprietà i relativi beni sono iscritti al costo di acquisto ovvero, al valore desumibile dall’atto di donazione o successione, ovvero se non disponibile, al valore catastale, intendendo per tale il valore al 1° gennaio dell’esercizio di introduzione della COEP sulla base dei criteri di determinazione della base imponibile IMU applicabili per le diverse categorie catastali di riferimento dei fabbricati o al valore IMU per le aree edificabili ed i terreni agricoli. Il valore così determinato viene assunto anche al fine della ricostruzione del fondo ammortamento teorico alla data di impianto dello SPI, ovviamente non applicabile al valore dei terreni per i quali non opera l’ammortamento; se il bene immobile risulta essere completamente ammortizzato il fondo di ammortamento sarà pari al valore dello stesso.
Nulla viene precisato in merito alle eventuali modifiche al valore di rappresentazione catastale che fossero eventualmente intervenute nel corso degli anni – dall’impianto della COEP - per i cespiti valutati sulla base di tale metodologia (valore IMU), in ragione di opere e interventi o per effetto di semplici adeguamenti con impatto nella classificazione catastale e nella relativa rendita / classificazione da cui è derivato e deriva il c.d. valore IMU convenzionalmente assunto nei, casi previsti, per l’iscrizione del bene nell’attivo patrimoniale fra le immobilizzazioni.
Dovendo procedere alla ridefinizione del valore di iscrizione nello stato patrimoniale dei fabbricati, del relativo fondo di ammortamento nel bilancio per l’esercizio 2019 e delle poste collegate (ad esempio risconti passivi o patrimonio netto), tenendo conto dei principi statuiti dall’ultimo Decreto vorremmo conoscere se la modifica, eventualmente da effettuare, debba tenere conto delle variazioni della rendita catastale eventualmente verificatasi andando così ad adeguare progressivamente il valore di iscrizione di tali beni ogni qual volta ciò si verifica o se, invece, debba semplicemente essere assunto il valore IMU riferito alla data dello SPI di ciascun cespite lasciando lo stesso come valore iniziale, suscettibile di variazione in incremento unicamente in riferimento al sostenimento di costi incrementativi e/o in decremento per effetto di cessione parziale a terzi.
Cordiali saluti
Università di Ferrara
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Di seguito la risposta al quesito.
Il principio utilizzato nell’articolo 5, comma 1, lettera a) del D.I. n. 19/2014 per l’iscrizione fra le immobilizzazioni materiali dello stato patrimoniale iniziale (SPI) degli immobili, laddove non sia possibile rintracciare il costo storico di acquisto di ciascun bene da rilevare, è quello convenzionale che prevede la valutazione per l’iscrizione sulla base del valore agli effetti IMU applicabile alla data di riferimento del 1° gennaio dell’anno di impianto della contabilità economico-patrimoniale dell’Ateneo interessato.
Tale valore costituisce, pertanto, la modalità di rappresentazione del valore iniziale del bene, in luogo del costo storico di acquisto indisponibile che dovrebbe caratterizzare l’ordinario comportamento per la fattispecie; sulla base del valore convenzionale di iscrizione dovrà essere rilevato anche il corrispondente fondo di ammortamento teorico, determinato in base al tempo, laddove si tratti di un bene il cui valore di iscrizione sia da sottoporre ad ammortamento.
Le modifiche intervenute al contenuto del D.I. n. 19/2014, ad opera del D.I. n. 394/2017, impongono agli Atenei di procedere alla revisione dei criteri di valutazione utilizzati per la formazione dei dati dello stato patrimoniale iniziale delle loro contabilità al fine di garantire omogeneità di comportamento e standardizzazione delle informazioni a livello di sistema nei bilanci delle Università.
La modalità di realizzazione dell’attività di adeguamento delle risultanze contabili è stata descritta nella nota tecnica delle Commissione Ministeriale per la COEP n. 5/2019 dove veniva anche indicato di porre in essere l’attività nel bilancio di esercizio 2018. Per gli Atenei che non hanno potuto provvedere allo sviluppo di tale adempimento in riferimento al bilancio di esercizio 2019 dovranno provvedervi nella chiusura del bilancio 2019 fornendo, nella nota integrativa dello stesso, adeguata illustrazione sui motivi che hanno impedito di realizzare l’intervento nel bilancio 2018 (all’interno dell’apposito paragrafo descrittivo dell’adeguamento ai principî).
Ciò detto, lo spirito e gli obiettivi della norma, che introduce il valore convenzionale in luogo del valore del costo storico indisponibile, è quello di garantire, seppure su tale base, il mantenimento della continuità dei valori. Pertanto, così come accade per i beni iscritti sulla base del valore di acquisto, anche per quelli che siano stati iscritti sulla base del valore convenzionale il valore di iniziale rilevazione, pendente la COEP, deve essere mantenuto senza variazioni, salvo quelle che siano derivanti dalla rilevazione di costi incrementativi o da altri eventi che portino all’alienazione parziale e/o totale del bene.
Le modifiche agli elementi di classificazione e rappresentazione catastale che fossero eventualmente intervenute nel corso degli anni – dall’impianto della COEP – per i cespiti valutati sulla base di tale metodologia (valore IMU), in ragione di opere e interventi o per effetto di semplici adeguamenti con impatto sugli elementi concorrenti alla determinazione di un nuovo valore catastale non hanno quindi rilevanza sul c.d. valore IMU convenzionalmente assunto per l’iscrizione del bene nell’attivo patrimoniale dello SPI.
Di conseguenza, ricorrendo queste circostanze, nella ridefinizione del valore di iscrizione nello stato patrimoniale dei fabbricati, del relativo fondo di ammortamento e poste collegate, quali risconti passivi o patrimonio netto, nel bilancio per l’esercizio 2019 (ove non già provveduto nel bilancio 2018), tenendo conto dei principi statuiti dall’ultimo Decreto e dalla nota tecnica (per adeguamento – se necessario - ai principi portati dal D.I. 394/2017), eventuali modifiche da effettuare non dovranno tenere conto delle variazioni della rendita catastale eventualmente verificatesi, andando semplicemente ad assumere o confermare il valore IMU riferito alla data dello SPI di ciascun cespite lasciando lo stesso come valore iniziale, suscettibile di variazione in incremento unicamente in riferimento al sostenimento di costi incrementativi e/o in decremento per effetto di cessione parziale a terzi.
Chiaramente gli Atenei che hanno operato in difformità a queste indicazioni dovranno provvedere a conformarsi all’orientamento espresso modificando i dati e ripristinando le condizioni idonee agendo sulla base delle modalità descritte nella nota tecnica n. 5/2019 in sede di formazione e chiusura dei bilanci per l’esercizio 2019.
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FIRENZE |
17/02/2020 |
Durante il precedente mandato amministrativo, nell’anno del passaggio dalla contabilità finanziaria alla contabilità economico-patrimoniale (2014) e in assenza del manuale tecnico operativo della commissione ministeriale COEP che fu emanato soltanto successivamente, in fase di destinazione dell’avanzo di amministrazione 2013, pari a circa 37,7 milioni di euro, una parte di esso fu fatta confluire nel patrimonio netto vincolato mentre un’altra parte minoritaria fu destinata a due distinti fondi rischi e oneri per attività didattica e di ricerca. Oggi questi ultimi due fondi presentano ammontari non particolarmente elevati rispetto al complesso del capitale di finanziamento (0,3%) o del solo patrimonio netto di Ateneo (0,5%), ma è intenzione di questa amministrazione correggere l'imputazione contabile di tali poste per poter utilizzare anche questa parte di avanzi di amministrazione secondo i principi del MTO.
Dato che la fattispecie non è analizzata dal MTO, si ritiene di dover fare riferimento all’OIC 29 "Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio” nell’ultima versione disponibile (2017).
Rispetto a tale principio contabile si chiede a codesta commissione di chiarire se l’operazione in oggetto costituisca una correzione di errore contabile, partendo dal presupposto della difforme appostazione effettuata in sede di transizione alla contabilità economico-patrimoniale, oppure un cambiamento volontario di principio contabile, essendo l’avanzo di amministrazione una posta molto particolare derivante dalla transizione fra due sistemi contabili profondamente diversi fra loro ed essendo, quindi, qualificata la scelta come politica contabile propria dell'Ateneo.
Si chiede altresì conferma di poter operare la correzione senza transitare dal conto economico ma semplicemente effettuando una permutazione fra i fondi rischi e oneri e il patrimonio netto all’inizio dell’esercizio in cui si registra il cambiamento (1° gennaio 2019) come raccomandato dall’OIC 29 sia per il cambiamenti di principi contabili (paragrafo 17) sia per la correzione di errori rilevanti (paragrafo 48). Ci sembra infatti di poter escludere che la fattispecie in oggetto costituisca cambiamento di stime contabili o correzione di errori non rilevanti.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Si premette che la collocazione all’interno del primo stato patrimoniale dell’avanzo di amministrazione conseguito nell’ultimo esercizio in contabilità finanziaria è disciplinata all’articolo 5, comma 1, lettera j) del D.I. n. 19 del 14 gennaio 2014 (Principi contabili e schemi di bilancio in contabilità economico-patrimoniale per le università), con il seguente dettato:
“Avanzo di amministrazione: è imputato, per la parte vincolata, tenendo conto dei residui riconducibili ai conti d’ordine di cui alla lettera g), nonché di quanto previsto per i progetti finanziati di cui alla lettera k), tra le diverse poste del patrimonio vincolato, mentre per la parte disponibile è imputato alla voce di patrimonio non vincolato denominata “Risultati gestionali relativi ad esercizi precedenti””.
Successivamente il Manuale Tecnico Operativo ha disciplinato nel dettaglio le possibili collocazioni all’interno del primo stato patrimoniale della quota di avanzo vincolato conseguito nell’ultimo esercizio in contabilità finanziaria (vedasi pagg. 5, 6 e 7 della terza versione del Manuale Tecnico Operativo), prevedendo la possibilità, in alcune fattispecie (elencate a titolo esemplificativo e non esaustivo), di effettuarne la collocazione tra i fondi rischi ed oneri.
Tanto premesso, si ritiene corretta la collocazione nel primo stato patrimoniale dell’avanzo vincolato conseguito nell’ultimo esercizio in contabilità finanziaria tra i fondi rischi e oneri, esclusivamente in relazione alle quote effettivamente vincolate (in vigenza della contabilità finanziaria) dagli organi istituzionali dell’ateneo per far fronte a rischi o spese future, quali ad esempio i costi stimati per potenziali soccombenze relative a contenziosi in essere al momento della destinazione dell’avanzo di amministrazione, in presenza di specifiche valutazioni del rischio allo scopo effettuate.
Diversamente, la collocazione tra i fondi rischi e oneri dell’avanzo di amministrazione conseguito nell’ultimo esercizio in contabilità finanziaria non può ritenersi corretta; nell’eventualità, tale difforme appostazione deve essere corretta attraverso una rilevazione contabile di permutazione dalle poste dei fondi rischi e oneri alle poste ideali di patrimonio netto libero (derivante dalla COFI), per l’ammontare che residua, al netto degli eventuali utilizzi dei predetti fondi, transitati dal conto economico, eventualmente effettuati nel periodo di vigenza della contabilità economico-patrimoniale.
Infatti nel presupposto dell’erroneità della rappresentazione iniziale nello stato patrimoniale iniziale (SPI), come segnalato nel quesito, risulta necessario rendere coerente la rilevazione di tale operazione, di ripristino della situazione vigente alla data d’impianto dello SPI, alle modalità stabilite e illustrate nella nota tecnica n. 5 del febbraio 2019 (Nota tecnica della Commissione per la contabilità economico-patrimoniale relativa all’impatto delle disposizioni di cui al D.I. 08/06/2017 n. 394 di revisione e aggiornamento del D.I. 19/2014), pubblicata sul sito coep.miur.it
Infine si evidenza e rammenta che, a parte il caso illustrato nella risposta che precede, ma in generale per le università, laddove si debba fare riferimento ai principi contabili OIC la versione di questi da considerare sarà in ogni caso l’ultima approvata fino al 31/12/2015. Infatti i principi contabili e le prassi illustrate dal MTO hanno ricevuto la conformità dalla Fondazione OIC proprio in riferimento ai principi contabili nelle versioni vigenti anteriormente al 01/01/2016. Ciò in quanto schemi di bilancio e principi non hanno ancora recepito le modifiche introdotte dal D.lgs. 139/2015. La circostanza è stata oggetto di conferma in relazione a tutte le pubbliche amministrazioni in contabilità civilistica anche da parte del MEF – RGS con la circolare n. 26/2016 scheda tematica “A” successivamente confermata.
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TRENTO |
17/02/2020 |
Con la presente si chiedono indicazioni relativamente alla corretta collocazione a bilancio delle immobilizzazioni classificate come “Costruzioni leggere”.
Nella terza versione del Manuale Tecnico-Operativo sono citate al punto 6) Terreni e fabbricati ma anche al punto 7) Impianti ed attrezzature, senza dare però evidenza di particolari differenze tra le due classificazioni.
In particolare
Pag. 22 6) Terreni e fabbricati …Per quanto riguarda i fabbricati devono essere indicati fabbricati civili, industriali, commerciali, per attività didattica, sportivi, nonché costruzioni leggere (quali, ad esempio, tettoie, baracche, costruzioni precarie e simili)…..
Pag. 23 7) Impianti ed attrezzature …. Ai fini del procedimento di ammortamento e della classificazione e rilevazione le eventuali costruzioni leggere sono da associare alla categoria degli impianti.
Pag. 24 Procedimento di ammortamento del valore Categorie: Impianti e attrezzature: impianti generici (comprese le costruzioni leggere) % ammortamento (range) dal 10% al 15%.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Sulla base delle indicazioni contenute nella terza versione del Manuale Tecnico-Operativo, riportate all’interno del quesito, si chiarisce che il valore netto contabile delle costruzioni leggere (quali, ad esempio, tettoie, baracche, costruzioni precarie e simili) deve essere riclassificato nell’ambito della voce A).II.1) (Terreni e fabbricati) dell’attivo dello stato patrimoniale.
Considerato che le costruzioni leggere sono di norma soggette a deterioramento e obsolescenza più rapidi rispetto ai fabbricati, le stesse devono essere assoggettate alla medesima aliquota di ammortamento applicata agli impianti generici, fatta salva la possibilità per l’Ateneo di utilizzare aliquote ritenute maggiormente rappresentative della effettiva vita utile del bene, fornendone adeguata giustificazione in nota integrativa.
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PADOVA |
19/12/2019 |
La Nota Tecnica n. 1 del 17 maggio 2017 che fornisce indicazioni operative in merito all’associazione delle varie tipologie di costi e di ricavi alle voci dello Schema Ministeriale di Conto Economico, specifica che nella voce “A) I 3) Proventi da Ricerche con finanziamenti competitivi” vengono riclassificati i contributi per finanziamenti competitivi da MIUR, da altri Ministeri, da Unione Europea e da altri soggetti, nonché i contributi su progetti di ricerca da pubblico e privato.
Quesito:
E’ corretto associare i proventi da bandi competitivi non riconducibili alla ricerca bensì alla didattica (es. Erasmus Plus, FSE) alla voce “A) I 3) Proventi da Ricerche con finanziamenti competitivi” oppure è più indicata la riclassificazione nella voce “A) I 1) Proventi per la didattica” o in altra eventuale voce?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Come previsto dal decreto Interministeriale n. 19 del 14 gennaio 2014, che contiene all’art. 2 i principi e i postulati ispiratori della logica di rilevazione della contabilità economico patrimoniale per le università, il postulato della prevalenza della sostanza sulla forma prevede che i fatti accaduti siano rilevati contabilmente secondo la loro natura economico patrimoniale. Il primo criterio da seguire deve, pertanto, essere il rispetto della natura della prestazione e quindi, nel caso in esame, l’attività didattica.
Ciò premesso, la voce A) I 3) Proventi da Ricerche con finanziamenti competitivi” accoglie esclusivamente i proventi derivanti da contributi per finanziamenti competitivi per attività di ricerca.
I proventi per attività didattica, ancorché riferiti a bandi competitivi, confluiscono in una delle voci da 1 a 7 dell’aggregato A-II) dello schema di conto economico, tenendo conto dell’ente erogatore.
Ancorché non richiesto, si precisa, inoltre, che ai fini della codifica SIOPE (decreto interministeriale MEF-MIUR n. 35875 dell’11 marzo 2019), le quote di incasso riferite alla didattica devono confluire nei codici gestionali appartenenti al macro aggregato “Trasferimenti correnti” (E2000000000).
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Scuola Superiore Sant'Anna |
11/06/2019 |
In relazione al finanziamento istituito dalla legge 232/2016 e finalizzato all’iniziativa dei Dipartimenti universitari di Eccellenza 2018-2022, così come illustrato nelle premesse di cui alla vostra risposta n. 52 del 5 ottobre 2018, vorremmo un approfondimento sui punti seguenti:
1. al momento dell’incasso della quota trasferita dal MIUR per ciascun anno quale è il codice gestionale SIOPE da utilizzare?
2. le spese da sostenere sul finanziamento ministeriale dei dipartimenti di eccellenza relative ad esempio al reclutamento di personale docente ricercatore e tecnico amministrativo, alla premialità del personale ed alle attività didattiche di elevata qualificazione saranno da considerare o meno spese “per ricerca”? La domanda si pone dovendo indicare a partire dal 1° settembre 2019 nella struttura “Classificazione dati SIOPE uscite” il codice missione ricerca e innovazione o ai fini della certificazione, per il calcolo del fabbisogno finanziario 2020, dei pagamenti per ricerca per il triennio 2017-2019.
Leggi Risposta
In merito al quesito posto, di seguito la risposta rettificata in data 31/07/2019
1. Al momento dell’incasso della quota trasferita dal MIUR per ciascun anno quale è il codice gestionale SIOPE da utilizzare?
A seguito di approfondimenti sulla modalità tecniche di calcolo del fabbisogno finanziario, derivanti dall’applicazione della nuova regola di cui all’articolo 1, commi da 971 a 977, della legge n. 145/2018, si rende necessario rettificare le indicazioni fornite riguardo la codifica SIOPE dei finanziamenti di parte corrente erogati dai Ministeri per i Dipartimenti universitari di Eccellenza.
L’articolo 2, comma 1, lettera a) del DI n. 35875 dell’11 marzo 2019, prevede che il fabbisogno finanziario è calcolato come differenza tra i trasferimenti correnti dei Ministeri ed il saldo di tesoreria al netto delle riscossioni e dei pagamenti per ricerca ed investimenti; le informazioni sui trasferimenti correnti dei Ministeri sono acquisite direttamente dalla tesoreria, mentre per quanto attiene le riscossioni per ricerca e investimenti, di cui alla lettera b) del richiamato articolo 2, dalle contabilizzazioni SIOPE effettuate dagli Enti in uno dei codici gestionali di cui all’allegato 2 del DI n. 35875 dell’11 marzo 2019 “Contributi agli investimenti”.
Ciò premesso, al fine di evitare la duplice esclusione delle riscossioni riferite alla quota di assegnazioni per Dipartimenti di eccellenza che finanziano spese per investimenti, con penalizzazione per gli Atenei interessati, è necessario che tutta la quota di finanziamento dei Dipartimenti di eccellenza, e in generale tutte le riscossioni derivanti da trasferimenti dello Stato di parte corrente, vengano codificate dagli Enti con il codice “E2010101001 Trasferimenti correnti da Ministeri”.
2. Le spese da sostenere sul finanziamento ministeriale dei dipartimenti di eccellenza relative ad esempio al reclutamento di personale docente ricercatore e tecnico amministrativo, alla premialità del personale ed alle attività didattiche di elevata qualificazione saranno da considerare o meno spese “per ricerca”? La domanda si pone dovendo indicare a partire dal 1° settembre 2019 nella struttura “Classificazione dati SIOPE uscite” il codice missione ricerca e innovazione o ai fini della certificazione, per il calcolo del fabbisogno finanziario 2020, dei pagamenti per ricerca per il triennio 2017-2019 –.
No, in quanto non concorrono al computo del fabbisogno finanziario le sole spese sostenute per investimenti fissi lordi. Si richiama l’attenzione sulla definizione di attività progettuale contenuta nel comma 4, dell’articolo 1, del richiamato decreto interministeriale n. 35875 dell’11 marzo 2019.
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BERGAMO |
11/06/2019 |
Considerato che lo schema di Stato Patrimoniale previsto dal D.I. 248/16 "Schemi di bilancio consolidato delle Università" prevede all'attivo e al passivo un'unica voce relativa a ratei e risconti attivi/passivi, si chiede se le modifiche introdotte dal D.I. 394/17 agli schemi di bilancio d'esercizio, che prevedono due macrovoci per ratei e risconti attivi/passivi, debbano essere estese anche al bilancio consolidato.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Considerato che gli artt. 1 e 5 del Decreto Interministeriale n. 394 del 08 giugno 2017 prevedono delle modifiche agli schemi di bilancio di cui all'allegato 1 al Decreto Interministeriale n. 19 del 14 gennaio 2014, non si ritiene che le stesse modifiche debbano essere estese anche agli schemi di bilancio consolidato di cui Decreto Interministeriale n. 248 del 11 aprile 2016 i quali prevedono un diverso livello di aggregazione delle voci rispetto agli schemi del Bilancio unico di Ateneo di esercizio, disciplinati dalla normativa sopra richiamata.
All'interno della Nota Integrativa al Bilancio consolidato ciascun Ateneo dovrà indicare, tra l'altro, la composizione delle voci dello stato patrimoniale e del conto economico, specificando pertanto anche la quota di ratei attivi e\o risconti passivi riferiti a progetti e ricerche in corso computata all'interno delle macro-voci di stato patrimoniale "C) RATEI E RISCONTI ATTIVI" e "E) RATEI E RISCONTI PASSIVI E CONTRIBUTI AGLI INVESTIMENTI"".
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58 |
SALENTO |
07/05/2019 |
Il presente quesito risulta relativo alla contabilizzazione degli utili derivanti da partecipazioni e alla connessa registrazione nei prospetti previsti dal Decreto Interministeriale 19/2014, come modificato dal Decreto Interministeriale 394/2017.
In considerazione di quanto riportato nel glossario SIOPE e di quanto stabilito dall’art. 44, comma 1, lett. e) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), il codice SIOPE da attribuire risulta essere E3049999999 – Altre entrate da redditi di capitale n.a.c..
Il dividendo è da rilevare quale provento finanziario (Principio Contabile OIC 21, par. 58) e collocato nella sezione C) Proventi ed oneri del Conto Economico.
L’articolo 4 del Decreto Interministeriale n. 394/2017 ha previsto modifiche del piano dei conti e della struttura del bilancio preventivo unico d’ateneo non autorizzatorio e del rendiconto unico d’ateneo. In particolare, il comma 2, lettera c) precisa che «le università (…) allegano al bilancio unico d’ateneo d’esercizio il rendiconto unico d’ateneo in contabilità finanzia secondo la codifica SIOPE». Inoltre, «al fine di ricondurre univocamente ciascuna transazione elementare al livello aggregato di dettaglio previsto dallo schema di cui all’allegato 2», state aggiornate le codifiche SIOPE secondo la struttura del DPCM 132/2013. Lo schema di cui all’allegato 2, relativamente alla sezione entrate, non riporta la ripartizione riepilogativa delle “Altre entrate da redditi di capitale” (che dovrebbe essere collocata dopo la ripartizione “Interessi attivi” e prima della ripartizione “Rimborsi e altre entrate correnti”).
A seguito delle precisazioni sopra riportate, si chiede quale classificazione operare nel caso di specie.
Leggi Risposta
In merito al quesito posto, si richiama, preliminarmente, l’attenzione sulla risposta al quesito n. 55 del 25 marzo 2019, dove è stato evidenziato che ai sensi del comma 3, dell’articolo 7 del D.I. MIUR-MEF n. 394 dell’8 giugno 2017, a decorrere dall’adeguamento della codifica SIOPE alla struttura del piano dei conti finanziario di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 4 ottobre 2013, cessa l’obbligo per le università di redigere il rendiconto unico di ateneo in contabilità finanziaria secondo la struttura degli schemi di cui all’allegato 2 del citato decreto interministeriale n. 394 e, di conseguenza, gli atenei allegano al bilancio unico d’ateneo d’esercizio il rendiconto unico d’ateneo in contabilità finanziaria secondo la codifica SIOPE. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 5 settembre 2017 è stata aggiornata la codifica SIOPE delle università, pertanto a decorrere dall’esercizio 2018, gli atenei predispongono il rendiconto unico d’ateneo in contabilità finanziaria secondo la codifica SIOPE.
Ciò premesso, nel confermare l’utilizzo del codice gestionale SIOPE “E3049999999 – Altre entrate da redditi di capitale n.a.c.” per la registrazione dei flussi di cassa derivanti da utili da partecipazioni, si segnala, come precedentemente evidenziato, che, a decorrere dall’esercizio 2018, gli atenei devono predisporre il rendiconto unico di ateneo in contabilità finanziaria secondo la codifica SIOPE e, di conseguenza, rappresentare le informazioni di cassa tenendo conto del livello di dettaglio dei codici gestionali di cui al richiamato decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 settembre 2017.
Laddove, poi, gli atenei dovessero rappresentare l’operazione in parola già in sede di predisposizione del bilancio preventivo unico d’ateneo non autorizzatorio in contabilità finanziaria (si tratta di ipotesi remota però per il caso specifico in quanto in genere le somme costituenti proventi di tale categoria sono conosciute solo a consuntivo), si segnala che è stato predisposto dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, il quadro di raccordo tra l’allegato 2 al D.I. n. 394 dell’8 giugno 2017 e la nuova codifica SIOPE di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 5 settembre 2017. Tale raccordo – allegato alla presente risposta - è stato già trasmesso agli atenei dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – IGEPA - ufficio III - con mail del 15 dicembre 2017.
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Allegato_Quesito_Salento_Quadro di Raccordo_ Siope_Allegato_2.xlsx
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57 |
SISSA - TRIESTE |
25/03/2019 |
Come previsto dall’art. 4 c.1 lett c) del D.I. MIUR-MEF 19 dd 14.01.2014 così come modificato dal D.I. MIUR-MEF 394 dd 08.06.2017, la nostra Scuola ha provveduto ad iscrivere a bilancio le partecipazioni al costo sostenuto per l’acquisizione. Il decreto, inoltre, precisa che “le partecipazioni in aziende, società o altri enti controllati e collegati, in presenza di perdite durevoli di valore, sono valutate in base all'importo corrispondente alla frazione del Patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio approvato dei medesimi.”
La Legge 147 dd 27.12.2013 all’art. 1 comma 551 prevede che, nel caso in cui i soggetti di cui al comma 550 (aziende speciali e istituzioni partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali indicate nell’elenco di cui all’art. 1 c. 3 della L. 196/09) presentino un risultato di esercizio o saldo finanziario negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti accantonano nell’anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione.
La norma suindicata è stata parzialmente modificata ed integrata dal D.Lgs 175 dd 19.08.2016, testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.
Il D.Lgs. 175/16 all’art. 21 c. 1 prevede: “Nel caso in cui società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali comprese nell'elenco di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, presentino un risultato di esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti, che adottano la contabilità finanziaria, accantonano nell'anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Le pubbliche amministrazioni locali che adottano la contabilità civilistica adeguano il valore della partecipazione, nel corso dell'esercizio successivo, all'importo corrispondente alla frazione del patrimonio netto della società partecipata ove il risultato negativo non venga immediatamente ripianato e costituisca perdita durevole di valore.”
La nostra Scuola detiene una partecipazione al Consorzio Interuniversitario CINECA, che nell’anno 2017 ha registrato una perdita di quasi 6 milioni di euro; nonostante questo il suo Patrimonio Netto presenta un fondo di dotazione consortile di circa 2,3 milioni e riserve patrimoniali per oltre 132 milioni di cui oltre 6 milioni nella voce “Riserva utili anni precedenti”. Tale perdita non si configura come una perdita durevole e il fondo di dotazione consortile non verrà intaccato; di conseguenza non opereremo una svalutazione della partecipazione in questione.
Si richiede se, nel caso di partecipazioni in consorzi, aziende o altri enti, siamo tenuti ad operare l’accantonamento di cui all’art. 1 c. 551 della L 147/2013 oppure per analogia possiamo applicare la ratio dell’art. 21 c. 1 del D.Lgs 175/16, che riteniamo coerente con il dettato del D.I. 19/14 (che quindi porta a non fare accantonamenti in caso di perdite che non vanno ad intaccare, come nel caso di specie, il capitale consortile o sociale)?
Ringraziamo e salutiamo cordialmente.
Ufficio Bilancio – SISSA - TRIESTE
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
In primo luogo è importante rilevare l’ambito applicativo dell’art. 1, comma 550 della Legge 147/2013 che stabilisce che le disposizioni contenute nello stesso comma e nei successivi commi dal 551 al 562 sono applicabili alle aziende speciali e alle istituzioni partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali di cui all’articolo 1, comma 3 della Legge 196/2009, cioè quelle individuate nella specifica sezione dell’elenco pubblicato annualmente dall’ISTAT.
Pertanto, per la valutazione delle partecipazioni detenute dalle università, ai fini della loro iscrizione in bilancio fra le immobilizzazioni finanziarie, deve farsi riferimento in primo luogo ai criteri e principi fissati dall’art. 4, comma 1, lettera c) del D.I. n. 19/2014.
A tal fine si rammenta che l’articolo 2, comma 1, lettera e), del D.I. 394/2017, modificando l’articolo 4 del decreto interministeriale 19/2014, nella parte riferita alle immobilizzazioni finanziarie, lettera c), ha reso omogeneo, per tutte le partecipazioni possedute, l’utilizzo del metodo di valutazione stabilito dall’art. 2426, comma 1, numero 1, del codice civile e solo in presenza di perdite durevoli di valore prevede l’utilizzo dell’importo corrispondente alla frazione del Patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio.
Pertanto nella valutazione delle loro partecipazioni gli Atenei dovranno preliminarmente verificare le partecipazioni distinguendole fra quelle in società (controllate, collegate e semplicemente partecipate) e quelle in aziende o altri enti controllati e collegati, nonché eventuali altre.
Per tutte le partecipazioni, in linea di principio, la valutazione corrisponderà al costo di acquisto della partecipazione normalmente costante e suscettibile di incremento solo in presenza di maggiori conferimenti e l’eventuale rettifica in diminuzione del valore sarà sempre subordinata alla presenza di perdite durevoli di valore e presupporrà la sostituzione della valutazione standard di cui sopra con l’importo corrispondente:
- per le società (comprese le società consortili), controllate, collegate, ma anche per le semplici partecipate, all’ammontare derivante dall’applicazione delle disposizioni recate dall’art. 21, comma 1, secondo periodo del Decreto legislativo 175/2016 (le regole tracciate dal D.I. n. 19/2014, così come novellato dal D.I. 394/2017 risultano in linea seppure non contemplino, nella metodologia indicata, le partecipazioni diverse da quelle di controllo e di collegamento che invece deve ritenersi vi rientrino);
- per le aziende o altri enti controllati e collegati (compreso i consorzi), alla frazione di patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio approvato dal quel soggetto;
- per le altre aziende e/o enti (compreso in consorzi), diversi dai controllati e collegati, ad altro dato che potrà essere ragionevolmente corrispondente alla frazione di patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio approvato dalla partecipata o a minor valore ove si dovesse ritenere sussistere un maggior rischio potenziale di ulteriore perdita di valore.
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TRENTO |
25/03/2019 |
Buongiorno,
con la presente chiediamo indicazioni in merito alle tempistiche di contabilizzazione dei ricavi e crediti nella seguente specifica casistica:
Progetti finanziati da UE, l’Ateneo risulta vincitore di un finanziamento competitivo alla ricerca per il quale viene fin da subito definito l’importo massimo che potrà essere finanziato. Tale importo potrà però essere rivisto al ribasso al momento della presentazione della rendicontazione del progetto in seguito a minori spese sostenute rispetto a quanto preventivato oppure per il mancato riconoscimento di alcune spese sostenute.
Qual è il momento corretto per la rilevazione del finanziamento e relativo credito verso l’Unione Europea?
Al momento di stipula del contratto per l'intero importo massimo finanziato ed eventuale rilevazione di variazioni al momento dell’approvazione finale del rendiconto oppure in occasione della comunicazione di riconoscimento degli acconti e del saldo finale?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
La disciplina oggetto del quesito trova riferimento normativo nell’articolo 4, comma 1, lettera g) del D.I. n. 19/2014 ed esemplificazione nel MTO nella casistica “La valutazione dei progetti, delle commesse e delle ricerche nelle università” contenuta nella versione integrale e coordinata del Manuale Tecnico Operativo emanato con Decreto Direttoriale MIUR del 26 luglio 2017 n. 1841.
Si osserva che i progetti finanziati con fondi comunitari derivanti dai relativi programmi sono da ricondurre alla fattispecie di quelli di durata pluriennale e, per il caso da esaminare, non parrebbero avere carattere corrispettivo, di conseguenza non sono soggetti a fatturazione e sono assimilabili ai contributi con destinazione finalizzata.
Partendo da tale presupposto, in risposta al primo quesito, per la scelta di procedere alla rilevazione del credito è possibile fare riferimento ai principi segnalati nell’art. 4, comma 1, lettera e) del D.I. n. 19/2014. Di conseguenza all’atto della comunicazione ufficiale di attribuzione da parte del finanziatore potrà essere dato luogo alla contabilizzazione di un credito (immediatamente) o, in alternativa, di un rateo attivo (alla chiusura dell’esercizio).
La contabilizzazione del credito potrà avvenire nell’ammontare del progetto che presumibilmente si rende possibile realizzare, quindi anche nella misura massima assegnata, anche se l’effettivo resta subordinato alla successiva rendicontazione. Contemporaneamente però il ricavo iscritto, in conseguenza della corrispondente rilevazione del credito (Attivo dello stato patrimoniale, voce B – II – 4), dovrà essere oggetto di verifica in ordine al presupposto della competenza economica del provento in ragione dei criteri e principi indicati nell’art. 4, comma 1, lettera g) del D.I. n. 19/2014 dopo le modifiche introdotte dal D.I. 394/2017. La quota del ricavo non maturato, che quindi non risulterà di competenza alla chiusura dell’esercizio, dovrà essere oggetto di rilevazione fra i risconti passivi per progetti e ricerche finanziate e cofinanziate in corso (Stato patrimoniale passivo, voce – f1).
Invece la contabilizzazione del rateo attivo (stato patrimoniale attivo, voce D – d1), conseguente alla quantificazione analitica dei costi riferibili al progetto oggetto di rendicontazione o della quota di avanzamento / completamento dell’attività, avverrà in sede di chiusura dell’esercizio, contemporaneamente alla iscrizione del ricavo maturato di competenza.
La contabilizzazione del ricavo che conseguentemente genererà il rateo attivo o il risconto passivo di cui sopra dovrà tenere conto, in modo specifico e vincolante, dei principi in precedenza indicati e distinguere, sulla base del contenuto del regolamento e /o contratto di attribuzione del contributo / finanziamento sul progetto, se trattasi di fattispecie in cui trova applicazione il criterio della commessa completata o della percentuale di completamento.
Infatti non si può escludere a priori che i progetti finanziati con i programmi comunitari non consentano di generare marginalità dal momento che la presenza di overheads in relazione a costi sostenuti comporta in concreto il realizzo risorse / ricavi a fronte di costi non classificabili fra quelli di diretta imputazione.
Può essere prudente in questi casi dare copertura ai rischi di inammissibilità (non eleggibilità) di costi in sede di controllo anche successivo delle rendicontazioni, ben oltre l’esercizio in cui i proventi e gli oneri del progetto sono stati iscritti e hanno concorso alla formazione del risultato dell’esercizio, tramite un accantonamento a fondo rischi (passivo stato patrimoniale, voce B), con ampia illustrazione sui criteri di formazione nella nota integrativa dell’esercizio di rilevazione.
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TRENTO |
25/03/2019 |
Buongiorno,
con la presente chiediamo due delucidazioni in merito alla pubblicazione del Rendiconto Unico di Ateneo in contabilità finanziaria a partire dal bilancio unico 2018, anno di entrata in vigore per le università della nuova codifica SIOPE di cui al DM MEF dd 05/09/2017:
1. PROSPETTI DEI DATI DELLE ENTRATE E DELLE USCITE DEI DATI SIOPE: In ottemperanza all’art. 3 del dlgs 18 dd 27/01/2012 l’università è obbligata a pubblicare come allegato al bilancio i prospetti dei dati SIOPE al 31 dicembre dell’esercizio in chiusura. E’ corretto ritenere che tale prospetto sia di fatto uguale al Rendiconto Unico di Ateneo in contabilità finanziaria da compilare a partire dal bilancio 2018? In questo caso sarebbe possibile pubblicare i dati una sola volta indicando in un unico prospetto entrambi i riferimenti normativi?
2. Nella nota MIUR Prot. 0011734 dd 09/10/2017 viene riportata la seguente specifica: Per l’esercizio 2018: il rendiconto unico d’ateneo in contabilità finanziaria di cassa secondo la nuova codifica SIOPE di cui al decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 05 settembre 2017 e con l’indicazione, per le spese, della ripartizione per missioni e programmi.
Questa ultima indicazione sembra in contrasto con quanto disposto dall’MTO che indica quale principio per la formazione del prospetto MISSIONI E PROGRAMMI il principio di competenza delle spese e non il principio di cassa. Come dobbiamo interpretare questa nota? Si tratta di un’indicazione rispetto all’ordine di pubblicazione all’interno del documento di bilancio (Il Rendiconto Unico di Ateneo in contabilità finanziaria deve essere seguito, tra gli allegati al bilancio dal Prospetto di Classificazione della Spesa in Missioni e Programmi) oppure verranno fornite a breve nuove indicazioni per poter procedere alla compilazione del prospetto “Classificazione della spesa delle Università per missioni e programmi” in base a criteri non più di competenza ma di cassa?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta ai quesiti.
In merito ai quesiti posti, si rappresenta, preliminarmente, che il D.I. MIUR-MEF n. 394 dell’8 giugno 2017, ha innovato in modo rilevante le disposizioni previste dall’articolo 7 del DI MIUR-MEF n. 19 del 14 gennaio 2014, volte a disciplinare i “Criteri per la predisposizione del bilancio preventivo unico d’ateneo non autorizzatorio e del rendiconto unico d’ateneo in contabilità finanziaria”, prevedendo, tra l’altro, che i citati documenti contabili siano predisposti dagli atenei in termini di cassa, secondo gli schemi di cui all’allegato 2 del decreto n. 19 del 2014.
Il successivo comma 3 del medesimo articolo 7 ha previsto, poi, che a decorrere dall’adeguamento della codifica SIOPE alla struttura del piano dei conti finanziario di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 4 ottobre 2013, cessa l’obbligo per le università di redigere il rendiconto unico di ateneo in contabilità finanziaria con le modalità di cui al comma 1, ovvero secondo la struttura degli schemi di cui al citato allegato 2 e, di conseguenza, gli atenei allegano al bilancio unico d’ateneo d’esercizio il rendiconto unico d’ateneo in contabilità finanziaria secondo la codifica SIOPE.
Da ultimo, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 settembre 2017 sono state aggiornate, con applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2018, le codifiche SIOPE delle università alla struttura del piano dei conti finanziario di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 4 ottobre 2013.
Ciò premesso, in merito al quesito n. 1, si segnala che le università statali, a decorrere dal bilancio unico d’ateneo d’esercizio per l’anno 2018, sono tenute esclusivamente ad allegare i prospetti dei dati SIOPE al 31 dicembre 2018, completi, relativamente alla spesa, della ripartizione per missioni e programmi. Ciò assolve contestualmente l’obbligo di pubblicazione di cui all’articolo 3 del D. Lgs. n. 18 del 27 gennaio 2012 e l’obbligo di redazione del rendiconto unico in contabilità finanziaria, secondo le modalità di cui all’articolo 7, comma 3, del DI MIUR-MEF n. 19 del 14 gennaio 2014.
In merito al secondo quesito, si segnala preliminarmente che le modifiche all’articolo 7 del DI MIUR-MEF n. 19 del 14 gennaio 2014, sono state apportate al fine di uniformare, e quindi armonizzare, le disposizioni specifiche per le università a quelle previste per tutte le altre amministrazioni pubbliche in contabilità civilistica, attuative del decreto legislativo n. 91 del 31 maggio 2011 (DM MEF 27 marzo 2013). Ci si riferisce, in particolare, alla redazione dei documenti in contabilità finanziaria in termini di cassa, nonché alla ripartizione delle spese per missioni e programmi. Di conseguenza, così come specificato nella nota MIUR prot. n. 11734 del 9 ottobre 2017, a decorrere dall’esercizio 2018, il rendiconto unico in contabilità finanziaria (prospetto dei dati SIOPE), dovrà essere completo – dandone evidenza in apposite colonne aggiuntive – delle spese (cassa) per missioni e programmi. In analogia, in sede di redazione del bilancio unico d’ateneo di previsione annuale, le università predispongono il bilancio preventivo unico d’ateneo non autorizzatorio in termini di cassa (allegato 2, DI MIUR-MEF n. 19 del 14 gennaio 2014), dando evidenza in apposite colonne aggiuntive delle spese per missioni e programmi.
A tal proposito infatti si ricorda che il D.I. MIUR-MEF n. 394 dell’8 giugno 2017, oltre al resto, ha abrogato l’articolo 6 del D.I. MIUR-MEF n. 19 del 14 gennaio 2014, in materia di piano dei conti integrato ed, in relazione alle modifiche intervenute all’articolo 7, oggetto di commento in precedenza, si deve ritenere che si sia verificata la condizione di cui al comma 2 dell’articolo 1 del D.I. MIUR-MEF n. 21 del 16 gennaio 2014, per cui viene meno l’applicabilità dello stesso Decreto e la compilazione del prospetto previsto dall’art. 2 del D.I. MIUR – MEF 16 gennaio 2014 n. 21, risultando la necessità informativa assolta dal rispetto delle prescrizioni dell’articolo 7 del ridetto D.I. MIUR-MEF n. 19/2014, a decorrere dal bilancio unico di esercizio 2018.
Si provvederà ad adeguare in tal senso il MTO - paragrafo dedicato alla “Classificazione della spesa per missioni e programmi” - nella prima occasione di aggiornamento del documento. Restano in ogni caso confermati i criteri generali e specifici, nonché i relativi chiarimenti ivi contenuti per l’imputazione corretta delle spese alle singole missioni/ programmi.
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PALERMO |
01/03/2019 |
Il Dlgs 50/2016 riconosce, all’art. 113, degli incentivi per funzioni tecniche svolte dai dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici di singoli appalti di lavori, servizi e forniture. Tali incentivi, secondo il comma 5-bis del citato art. 113, fanno capo al medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi e forniture.
La delibera n. 6/2018 della sezione delle Autonomie della Corte dei Conti enuncia il seguente principio di diritto: “Gli incentivi disciplinati dall’art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016 nel testo modificato dall’art. 1, comma 526, della legge n. 205 del 2017, erogati su risorse finanziarie individuate ex lege facenti capo agli stessi capitoli sui quali gravano gli oneri per i singoli lavori, servizi e forniture, non sono soggetti al vincolo posto al complessivo trattamento economico accessorio dei dipendenti degli enti pubblici dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017”.
Alla luce della succitata previsione normativa ed alla luce della determinazione della Corte dei Conti si può affermare che la natura dei suddetti incentivi non è da annoverare tra i costi del personale ma tra i costi collegati al singolo lavoro pubblico, servizio o fornitura? Se è vera questa affermazione, risulta derogata la previsione civilistica (art. 2425 del c.c.), richiamata nel paragrafo 40 dell’OIC 12, della classificazione dei costi per natura?
Oppure lo stanziamento del fondo, di cui al comma 2 dell’art. 113 del Dlgs 50/2016, in misura non superiore al 2% sull’importo dei lavori, servizi e forniture dovrà essere previsto , nel budget economico , nella voce di costo d’esercizio per la fornitura e/o servizio e nel budget degli investimenti , nella voce di costo pluriennale per i lavori collegati agli investimenti, mentre nella fase gestionale, nel momento della destinazione dello stesso fondo, si applicherà il criterio della classificazione dei costi per natura, imputando l’80% dello stesso fondo (comma 3, art. 113) tra i costi del personale ed il restante 20% del fondo , seguirà la natura del costo in relazione alle determinazioni dell’Ente, nel rispetto del dettato previsto dal comma 4 dell’art. 113?
Quale di queste due soluzioni sopra descritte risulta corretta?
Si ringrazia per l’attenzione che si vorrà porre al sopra illustrato quesito.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Al fine di porre in essere l’esame del quesito proposto, si deve preliminarmente segnalare che la previsione contenuta nell’art. 113, comma 2 del D.lgs. 50/2016 (codice dei contratti pubblici), secondo la quale le amministrazioni aggiudicatrici, a valere sugli stanziamenti per i singoli appalti di lavori, servizi e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilanci, destinano ad un apposito fondo risorse finanziarie in misura non superiore al 2%, produce effetti immediati unicamente in sede di predisposizione del budget economico e/o del budget degli investimenti, ma non ha alcuna rilevanza per le rilevazioni in contabilità generale fino al verificarsi di specifiche condizioni strettamente collegate alla variazione numeraria e alla competenza economica dei relativi fatti amministrativi.
La previsione di stanziamento nel budget di cui sopra, sulla base delle previsioni normative, viene ripartita in due distinte quote:
a) – dell’80% (comma 3), destinato a remunerare l’attività del personale, quali il responsabile unico del procedimento (RUP), i soggetti che svolgono le funzioni tecniche, nonché i loro collaboratori, con le modalità e i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale, sulla base di apposito regolamento adottato dalle amministrazioni secondo i rispettivi ordinamenti;
b) - del 20% (comma 4), destinato all'acquisto di beni, strumentazioni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione anche per il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici di modellazione elettronica informativa per l'edilizia e le infrastrutture, di implementazione delle banche dati per il controllo e il miglioramento della capacità di spesa e di efficientamento informatico, con particolare riferimento alle metodologie e strumentazioni elettroniche per i controlli, nonché alla costituzione di tirocini formativi e di orientamento, svolgimento di dottorati di ricerca di alta qualificazione nel settore dei contratti pubblici.
Quindi, in riferimento alle somme di cui alla precedente lettera b) (20% dello stanziamento), al di là della previsione in sede di budget, economico o degli investimenti dell’esercizio in cui l’ateneo ritiene di poter sostenere gli oneri relativi, la rilevazione in contabilità generale avviene solo all’atto dell’effettivo acquisto dei beni e/o servizi previsti dalla norma e/o all’avvio delle attività di costituzione dei tirocini o dei dottorati di ricerca secondo l’ordinario principio della contabilità economico patrimoniale. Nell’esercizio in cui si determinano le condizioni per porre in essere lo stanziamento, in ragione del programma dei lavori da realizzare, sarà comunque facoltà di ciascun ateneo provvedere alla creazione di una riserva vincolata di patrimonio netto utilizzando risorse libere presenti nello stesso patrimonio netto. La riserva vincolata in esame, ove costituita a garanzia della disponibilità dello stanziamento, verrà liberata sulla base del verificarsi delle condizioni di impiego (rilevazioni dei costi a conto economico) e/o a tutte le altre situazioni che comportano il venire meno del vincolo di destinazione per cui la stessa è stata costituita (per la metodologia di gestione delle riserve vincolate e relativa liberazione si veda anche la nota tecnica n. 2 pubblicata sul portale all’indirizzo https://coep.miur.it/, sezione lavori commissione).
Invece in riferimento alle somme di cui alla precedente lettera a), fermo restando i principi di cui sopra nella tempistica di formazione del budget e di eventuale costituzione di riserva vincolata di patrimonio netto (comuni alle risorse di cui al comma 2), si dovrà tenere conto dello stato di avanzamento dei lavori che incide nella necessità di provvedere alla rilevazione in contabilità generale degli oneri spettanti al personale e di quelli a carico dell’ente nella grandezza di cui al comma 3 (80% dello stanziamento). Nell’esercizio in cui l’opera e i lavori, a cui hanno contribuito i soggetti a cui spettano le retribuzioni in argomento, è stata ultimata, l’ente dovrà provvedere alla rilevazione in contabilità generale di un accantonamento (costo a conto economico) con la creazione di un fondo per spese future (passivo dello stato patrimoniale – voce B - fondi rischi e oneri) di ammontare corrispondente sussistendo in capo ai soggetti in questione il diritto che si concretizzerà però in modo specifico, nelle distinte componenti, nell’ammontare definito in sede di erogazione. La fattispecie è già stata oggetto di illustrazione nel manuale tecnico operativo nella casistica “fondi rischi ed oneri” (Fondo incentivi personale progettazione art. 93 D.lgs. 163/2006) a cui si rimanda. Se lo stesso Ateneo, aveva provveduto alla costituzione di una riserva vincolata di patrimonio netto come descritto potrà provvedere alla liberazione della stessa in misura corrispondente al valore dell’accantonamento che incide nel risultato economico dell’esercizio.
Nell’esercizio in cui le remunerazioni al personale vengono effettivamente corrisposte il costo complessivo derivante troverà rappresentazione e rilevazione nelle distinte voci di conto economico, in base alla natura del costo (nella voce Costi operativi - B-VII costo del personale – schema di conto economico allegato al D.I. n. 19/2014) e l’accantonamento effettuato in precedenza stornato con apposita rilevazione a causa dell’avvenuto utilizzo del fondo accantonamento spese future in misura corrispondente.
Se il costo sostenuto trova la sua ragione in opere destinate ad essere considerate come incrementative di immobilizzazioni (materiali o immateriali) sulla base dei principi contenuti nell’art. 4 del D.I. n. 19/2014 e OIC n. 18 (illustrati nel caso delle università nel manuale tecnico operativo), lo stesso dovrà essere rappresentato e iscritto ad incremento delle ridette immobilizzazioni (in ragione della tipologia dei lavori a cui si riferiscono le funzioni tecniche del personale coinvolto e in riferimento allo stato di avanzamento dell’opera) con contestuale rilevazione di un ricavo (Proventi operativi A-VII Incremento immobilizzazioni per opere interne, schema di conto economico allegato al D.I. n. 19/2014). Tale rilevazione deve avvenire nel corso dell’esercizio in cui si realizza la competenza del costo del personale conseguente all’erogazione e il valore delle immobilizzazioni si incrementerà nella voce specifica (materiale o immateriale), o nelle immobilizzazioni in corso (sempre materiali o immateriali) laddove la realizzazione non sia ultimata nel corso del medesimo esercizio di attribuzione delle remunerazioni. Si concretizza infatti la realizzazione di immobilizzazioni e opere in economia come illustrato nel Manuale tecnico operativo, casistiche “immobilizzazioni immateriali, fondi e percentuali di ammortamento” e “immobilizzazioni materiali, fondi e percentuali di ammortamento” con le scritture contabili relative.
Si devono fare ulteriori precisazioni in merito alla peculiare impostazione dell’art. 113 del codice dei contratti pubblici che differisce in modo significativo rispetto al precedente art. 93 del D.lgs. 163/2006. Infatti le fattispecie che generano il diritto alla ripartizione a favore del personale vanno oltre la casistica dei lavori e opere potenzialmente incrementativa di immobili e riguardano anche servizi e forniture. Questo incide nella scelta di operare la c.d. “patrimonializzazione” del costo con incremento del valore delle immobilizzazioni, come in precedenza descritto, che deve avvenire nel rigoroso rispetto dei principi in precedenza indicati.
Quindi, ad esempio, il costo derivante dal riconoscimento dell’incentivo di direzione dei lavori ovvero direzione dell'esecuzione e di collaudo tecnico amministrativo, ovvero di verifica di conformità, di collaudatore statico ove necessario per consentire l'esecuzione del contratto nel rispetto dei documenti a base di gara, del progetto, dei tempi e costi prestabiliti, ove si riferisca, in modo specifico, ad un bene o servizio e/o lavori aventi requisito che legittima la rilevazione fra le immobilizzazioni (immobili o attrezzature, costi incrementativi fra le immobilizzazioni immateriali perché di utilità pluriennale) potrà essere oggetto di “patrimonializzazione”, sempre con la tecnica del costo per realizzazione di opere e immobilizzazioni in economia.
Invece, sempre ad esempio, la remunerazione, che genera il costo a carico dell’ente, quando si riferisce alle funzioni tecniche svolte dai dipendenti per le attività di programmazione degli acquisti per investimenti, di valutazione preventiva dei progetti, di predisposizione e di controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici e di RUP, non parrebbe avere i requisiti per poter risultare incrementativa del valore delle immobilizzazioni, anche ove si riferisca all’acquisto di beni, alla realizzazione di servizi e lavori; ciò in relazione ai limiti e alle condizioni declinate dall’art. 4 del D.I. n. 19/2014 e dal principio OIC16 e OIC24 che legittimano l’iscrizione di un costo avente carattere di accessorietà fra le immobilizzazioni.
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FERRARA |
24/10/2018 |
Con DM 29 dicembre 2017 n. 1049 art. 2 lettera C) è stato decretato di assegnare alle Università statali, proporzionalmente al peso del FFO 2017, 6 milioni di euro per il sostegno e la gestione della rete scientifica di telecomunicazione a banda larga a favore del Sistema universitario (rete GARR).
Con lettera prot. 1141-18/P/rg il presidente della CRUI comunicava ai Rettori che "...vista la natura di finanziamento finalizzato (con destinazione vincolata) previsto dal MIUR, tale versamento rappresenta una "partita di giro" (...)".
Si chiede se tale assegnazione vada registrata come ricavo (trattandosi di assegnazione sul FFO) oppure se vada rilevata come mera variazione finanziaria e, pertanto, rilevata tra i crediti e i debiti (in analogia con quanto disposto dalla commissione COEP in risposta al quesito n. 10 dell'Università della Basilicata).
In quest'ultimo caso si chiede se è corretto utilizzare il codice SIOPE E9020201001 "Trasferimenti da Ministeri per operazioni conto terzi" e quale sia il corretto codice SIOPE in uscita.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Le risorse attribuite dal MIUR, alla lettera c) dell’art. 2 del D.M. 29 dicembre 2017 n. 1049, costituiscono contributi in conto esercizio specificamente vincolate ad una destinazione di spesa. Il contributo ministeriale, di norma, costituisce ricavo dell’esercizio di competenza in linea con quanto stabilito dall’art. 4, comma 2, lettera b) del D.I. n. 19/2014. Come illustrato dal Manuale Tecnico Operativo nella casistica “Contributi annuali e pluriennali c/esercizio”, deve essere rilevato nel conto economico del bilancio di esercizio nella voce “A-II-1) Contributi MIUR e altre amministrazioni centrali”.
Nel caso prospettato, il decreto ministeriale attribuisce a questa quota di FFO una specifica destinazione vincolata “per il sostegno e la gestione della rete scientifica di telecomunicazione a banda larga a favore del Sistema universitario (rete GARR)” e ciò comporta il suo impiego coerente alla destinazione e una contabilizzazione comunque in linea ai principi di competenza economica di cui sopra, al pari di tutti i contributi con vincolo di destinazione. La specificità comporterà altresì il rispetto dell’ulteriore principio della “correlazione”, nel senso che l’utilizzazione della risorsa dovrà essere rappresentata nel conto economico fra i costi in relazione alla natura, si ritiene nella voce “B-IX-12) Altri costi”. I codici SIOPE da utilizzare corrisponderanno a quelli che sono collegabili alle rilevazioni economiche indicate.
Si deve quindi ritenere che non possa trovare applicazione, nella specie, la conclusione a cui si è giunti nell’esempio 3 del quesito n. 10 dove è stato affermato che “L’Ente beneficiario delle risorse non ha nessuna discrezionalità ed ha come unico obbligo il trasferimento delle risorse. Di fatto l’Ente, da mero esecutore, incassa e trasferisce le risorse ai beneficiari. In questi casi deve essere registrata una mera variazione finanziaria (crediti e debiti).”, perché trattasi, quella oggetto della presente risposta, di situazione connotata da un quadro normativo diverso in quanto il D.M. di ripartizione del FFO si limita, nel caso di specie, ad erogarne una quota quale contributo per una specifica e vincolata finalità, mentre la sua utilizzazione deve essere considerata alla stregua di quella delle altre quote (non vincolate) di FFO, con la conseguente generazione di costi che dovranno essere rilevati con le modalità prima richiamate.
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Scuola Superiore Sant'Anna |
05/10/2018 |
Il Finanziamento MIUR istituito dalla legge in oggetto e finalizzato ai Dipartimenti universitari di Eccellenza (primo finanziamento 2018-2022), viene assegnato agli Atenei nell'ambito del DM FFO (per ciascun anno dal 2018 al 2022) a titolo di contributo annuale in conto esercizio.
Domande:
1) In considerazione delle finalità del progetto di sviluppo dipartimentale avente durata quinquennale e che, come sopra detto, viene finanziato tramite il DM FFO di ciascun anno (unico atto ufficiale che dà titolo all’iscrizione del credito), è' ipotizzabile riscontare il contributo di ciascun anno rilevato in c/esercizio in base al criterio della commessa completata?
1) nell'ambito del progetto di sviluppo dipartimentale sopra richiamato, per le aree CUN da 1 a 9, una quota di detto contributo è vincolata ad investimento. E' corretto quindi, in base agli atti programmatori relativi al progetto, rilevare per la parte destinata a investimento il ricavo alla voce "Contributi agli investimenti" da riscontare e utilizzare in ciascun esercizio a concorrenza delle quote di ammortamento maturate?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
L’iniziativa dei dipartimenti di eccellenza è stata introdotta dai commi 314 e ss dell’art. 1 della legge 232/2016. Al fine di incentivare l’attività dei dipartimenti delle università statali che si caratterizzano per l’eccellenza nella qualità della ricerca e nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica, nel FFO delle università è istituita un’apposita sezione denominata «Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza», con uno stanziamento di 271 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018 per un totale di cinque anni. Il finanziamento può essere utilizzato, nei limiti indicati dalla normativa, anche per il reclutamento di personale a tempo indeterminato e per investimenti. Quindi si tratta di un contributo finalizzato in parte in conto esercizio e in parte in conto impianti.
Nella nota MIUR dell’11 luglio 2017 “si precisa che l’impegno finanziario per il reclutamento del personale a tempo indeterminato è calcolato con riferimento al costo quindicennale di ogni soggetto, in attuazione a quanto previsto dall’art. 1, comma 335, lett. a), della Legge 232/2016, che richiama l’art. 18, comma 3, della Legge 240/2010. Per quanto riguarda il reclutamento di ricercatori di tipo b), l’impegno finanziario è calcolato tenendo conto del successivo eventuale passaggio alla posizione di professore di II fascia con risorse a carico del “Budget MIUR- Dipartimenti di eccellenza”, mentre con riferimento alla figura del ricercatore a tempo determinato di tipo a), si ricorda che il costo complessivo parametrato su 5 anni (contratto 3+2) è pari a € 240.000”.
Per quanto attiene gli investimenti, per i dipartimenti appartenenti alle aree disciplinari dal n. 1 al n. 9 del CUN, l’importo di cui al comma 332 è aumentato di 250.000 euro, utilizzabili esclusivamente per investimenti in infrastrutture per la ricerca, quindi, per questa parte, qualificabili come contributi in conto impianti.
Fatta questa opportuna premessa normativa, si richiama l’attenzione sul fatto che il principio contabile OIC 11, per le Università richiamabile in ragione della specifica previsione dell’art. 2 e del rinvio operato dall’art. 1, comma 3 del D.I. 19/2014, prevede che la competenza costituisca il criterio temporale con il quale i componenti positivi e negativi di reddito vengono imputati al conto economico ai fini della determinazione del risultato d’esercizio. Come noto il postulato della competenza richiede che i costi d’esercizio debbano essere correlati ai ricavi dell’esercizio.
Si deve ritenere che la fattispecie oggetto del quesito debba trovare trattamento nelle disposizioni di cui all’art. 4, comma 1, lett. e) (Crediti), lett. g) (Ratei e risconti) e comma 2, lett. b) (Contributi) del D.I. n. 19/2014, come integrato e modificato dal D.I. 394/2017 e la relativa casistica è disciplinata, a livello operativo-contabile, nel Manuale Tecnico Operativo (Decreto Direttoriale n. 1841/2017), MTO, nei paragrafi relativi a “La valutazione dei progetti, delle commesse e delle ricerche nelle università”, “Contributi annuali e pluriennali c/esercizio” e “Contributi c/capitale-impianti”, dal momento che la variegata composizione del finanziamento comporta l’applicazione delle diverse discipline esposte che dovranno integrarsi fra di loro.
Il finanziamento dei dipartimenti di eccellenza è infatti collocabile fra i contributi pluriennali in conto esercizio, in quanto, come stabilito dal MTO “… somme erogate dallo Stato o da altri enti per la copertura di borse di dottorato, contratti di formazione specialistica, ricercatori a tempo determinato, svolgimento di attività di ricerca finanziata (contributi UE) ecc., in genere con vincolo di destinazione e con principio di competenza vincolato alla correlazione fra il contributo e i costi che vengono coperti con il medesimo”, ma al tempo stesso, la loro contabilizzazione è quella dei progetti, delle commesse e delle ricerche finanziate/cofinanziate con applicazione del criterio della commessa completata, come suggerito nella lettera g) del comma 1 dell’art. 4 del D.I. 19/2014.
Ciò posto, in specifica risposta al quesito 1), in considerazione del fatto che la normativa istitutiva dei dipartimenti di eccellenza ha già previsto una correlazione fra proventi (FFO finalizzato) e costi per alcune tipologie di impiego del finanziamento (in particolare per il personale a tempo indeterminato e per gli investimenti assoggettabili ad ammortamento), su base pluriennale invece che su base annuale, si ritiene opportuno che la relativa parte di finanziamento sia soggetta al criterio della commessa completata con conseguente risconto passivo sulla quota parte del provento annuale derivante dal «Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza».
Resta inteso che, con specifico riferimento alla quota parte del finanziamento per i dipartimenti di eccellenza che sia riconducibile ad una correlazione fra ricavo e costo su semplice base annuale, il provento dovrà essere iscritto per intero e non assoggettato a risconto passivo (al pari dei normali contributi in conto esercizio annuali).
In riferimento al quesito 2) si ritiene pertanto corretta l’adozione dei comportamenti descritti nel MTO in riferimento alla casistica dei contributi in conto capitale impianti dove, in base agli atti programmatori relativi al progetto che ha consentito di ottenere il finanziamento e la relativa evoluzione, rilevare per la parte destinata a investimento il ricavo alla voce "Contributi agli investimenti" da riscontare e utilizzare in ciascun esercizio a concorrenza delle quote di ammortamento maturate rilevate nel conto economico dell’esercizio di competenza.
E’ evidente che per la misurazione della quota di competenza dei costi correlata al ricavo e per la parte non correlata da riscontare, è richiesta l’adozione di un efficace sistema di contabilità analitica di previsione e rendicontazione interna. In mancanza di tale supporto analitico, gli atenei debbono comunque adottare il criterio di valutazione della commessa completata anche per le iniziative pluriennali, garantendo la misura delle componenti da ricondurre alla corretta contabilizzazione, sia per quanto attiene la quota di costi derivanti dall’impiego di risorse del finanziamento relative a oneri correnti (costo del personale, ad esempio) e relative a oneri differiti sull’acquisto di impianti / attrezzature / oneri pluriennali, materiali e immateriali (a mezzo delle quote di ammortamento).
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TRENTO |
05/10/2018 |
Si richiede, in merito al primo esempio alla risposta del quesito nr.50 sottoriportato, il comportamento contabile da tenere in presenza del Fondo oneri e rischi diversi appositamente costituito per far fronte al rimborso delle tasse degli studenti per gli anni accademici precedenti rispetto a quello dell'esercizio di contabilizzazione del rimborso ed eventualmente se la contabilizzazione in conto economico alla voce B-IX-12) Altri costi - “costi per rimborsi tasse studentesche" debba avvenire solo in caso di incapienza del fondo.
Esempio 1 in risposta quesito nr.50:
• si ipotizzi che nel corso dell’esercizio 2018 emerga il diritto dello studente di ottenere il rimborso di euro 100 a valere sulle tasse e contributi di competenza dell’anno accademico 2016-17; in questo caso non emergono dubbi interpretativi sul fatto che tale onere verrà contabilizzato nella voce B-IX-12) Altri costi - “costi per rimborsi tasse studentesche” in quanto riferibile a tasse e contributi di competenza economica riferibile (agli effetti della classificabilità come ricavi) ad anni precedenti a quello di contabilizzazione e insorgenza del diritto al rimborso.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
La lettura della risposta al quesito 50 deve essere collegata alla disciplina già oggetto di dettagliata analisi nel Manuale Tecnico Operativo, emanato con Decreto Direttoriale del 26 Luglio 2017.
Infatti la casistica relativa ai Proventi e Crediti verso studenti, illustrata nel MTO prevede:
“In fase di redazione del bilancio di esercizio occorrerà fare un’analisi puntuale delle situazioni degli studenti con l’obiettivo di identificare casi che comportino: la rettifica diretta del credito, l’iscrizione di un accantonamento a fondo svalutazione crediti verso studenti ovvero a fondo rischi e oneri.
Si reputa necessaria la determinazione del fondo svalutazione crediti verso studenti al fine di garantire l’esposizione in bilancio dell'effettivo valore che si presume verrà incassato.
Il fondo svalutazione crediti, adeguato puntualmente in ogni esercizio contabile, sarà alimentato da accantonamenti calcolati forfetariamente in percentuale sul loro valore complessivo e, laddove la situazione dovesse richiederlo, da accantonamenti determinati analiticamente per ogni singolo credito dopo un’attenta valutazione del rischio di un possibile incasso incompleto.”
Nella stessa casistica, si precisa:
“Laddove vengano meno le condizioni che hanno, nel tempo, giustificato l’iscrizione di accantonamenti, l’ammontare del fondo dovrà essere ridotto dell’ammontare imputato che non trova più giustificazione per il suo mantenimento con le modalità previste dalla casistica dei fondi per rischi e oneri.”
Lo stesso Manuale, nell’analisi della casistica più generale relativa ai Fondi Rischi e Oneri, a cui fa riferimento il presente quesito, precisa che:
“I fondi devono essere utilizzati a seguito dell’accadimento dell’evento che aveva in origine causato l’accantonamento. L’utilizzo avviene in modo diretto, iscrivendo in dare il fondo per rischi e oneri e non rilevando, pertanto, un componente negativo nel conto economico. Qualora un fondo non sia capiente per coprire l’onere oggetto dell’accantonamento, ovvero risulti sovra accantonato, la differenza, negativa o positiva, verrà imputata a conto economico nel rispetto del principio della natura del conto di competenza e quindi in coerenza con la voce nella quale era stato iscritto all’origine.”
Non sembrano quindi esservi dubbi sulla correttezza della soluzione prospettata dall’ateneo per l’esempio del rimborso tasse da farsi nel 2018 in ragione di tasse e contributi dell’anno accademico 2016/2017 e che sia pertanto necessario procedere:
- in prima istanza, all’utilizzo del Fondo svalutazione crediti verso studenti (o Fondo rischi e oneri costituito per la stessa motivazione / esigenza), senza interessare il conto economico, dal momento che il relativo costo (anche se potenziale) è già stato precedentemente stimato in altro esercizio, ma rilevando una permutazione patrimoniale al fine di rilevare il debito verso lo studente (Fondo svalutazione crediti / Fondo rischi e oneri @ Debiti v/studenti per rimborso tasse);
- e, solo per l’eventuale ammontare che non vi trova capienza, rilevare il costo nel conto economico alla voce B-IX-12) Altri costi - “costi per rimborsi tasse studentesche", come del resto riportato nell’esempio 1 della risposta al quesito dell’Università di Palermo (Costi per rimborsi tasse studentesche @ Debiti v/studenti per rimborso tasse).
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PALERMO |
30/07/2018 |
Nelle Note tecniche n. 1 emerge quanto segue:
a) dai commenti associati alla voce 1)Proventi per la didattica risulta che “eventuali rimborsi a favore degli studenti e/o riduzioni sono da considerare minori ricavi. Solo quando i rimborsi e le restituzioni sono relativi ad anni precedenti costituiscono voci da rappresentare fra i costi d’esercizio”;
b) dai commenti associati alla voce 12) Altri costi risulta che la essa accoglie i “costi per rimborsi tasse studentesche solo se riferibili a Tasse e Contributi di anni precedenti”.
Il trattamento contabile del rimborso a favore degli studenti, cioè se identificarlo come rettifica di provento o come costo di esercizio, dipende, pertanto, dalla definizione del significato di “anni precedenti”.
Si richiede, pertanto, di sciogliere il nodo su che cosa si intende per “anni precedenti” in considerazione del fatto che i proventi della didattica in un esercizio contabile non comprendono solo la quota dei 3/12 dell’anno accademico che è iniziato nello stesso nell’anno solare, ma anche la quota dei 9/12 dell’anno accademico iniziato nell’anno solare precedente.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
RISPOSTA:
Il presupposto della gestione contabile e del bilancio di esercizio di Ateneo fa riferimento all’anno solare di competenza.
Nel caso specifico, partendo dal presupposto che i rimborsi a favore degli studenti per le tasse e contributi sono riferibili a grandezze commisurate a un anno accademico (che ha una decorrenza differente fra i diversi atenei), si possono realizzare distinte ipotesi di trattamento e contabilizzazione sempre in base al principio della competenza economica che governa la gestione contabile degli Atenei.
Ciascun Ateneo dovrà considerare la competenza economica derivante dalla contabilizzazione realizzata sulla base della scelta operata nell’ambito dei principi contabili stabiliti dal D.I. n. 19/2014 e oggetto d’interpretazione con il MTO alle alternative della relativa casistica, in particolare in riferimento alle ipotesi di riduzione dei ricavi illustrate in seguito.
Le ipotesi negli esempi che seguono non paiono avere aspetti di ambiguità e complessità operativa:
• si ipotizzi che nel corso dell’esercizio 2018 emerga il diritto dello studente di ottenere il rimborso di euro 100 a valere sulle tasse e contributi di competenza dell’anno accademico 2016-17; in questo caso non emergono dubbi interpretativi sul fatto che tale onere verrà contabilizzato nella voce B-IX-12) Altri costi - “costi per rimborsi tasse studentesche” in quanto riferibile a tasse e contributi di competenza economica riferibile (agli effetti della classificabilità come ricavi) ad anni precedenti a quello di contabilizzazione e insorgenza del diritto al rimborso.
• si ipotizzi che, sempre nel corso dell’esercizio 2018, emerga il diritto dello studente di ottenere il rimborso di euro 100, ma a valere sulle tasse e contributi dell’anno accademico 2018-19; anche questo caso non presenta ambiguità e tale onere verrà contabilizzato in riduzione nella voce A-I-1) Proventi per la didattica, quindi come minore ricavo di competenza, essendo il rimborso riferibile al periodo economico in corso, dal momento che anche l’anno accademico di riferimento è ancora in corso; l’eventuale valorizzazione del risconto passivo per la quota di tasse e contributi di competenza del 2019 avverrà sulla base dell’ammontare dei ricavi al netto delle riduzioni di competenza.
Invece si ritiene che l’ambiguità a cui probabilmente si riferisce il quesito riguardi il caso illustrato in seguito.
Si ipotizzi che, sempre nell’esercizio 2018, emerga il diritto dello studente di ottenere il rimborso di euro 100 a valere sulle tasse e contributi dell’anno accademico 2017-18 e che l’aa decorra dal 1 ottobre 2017 e si concluda il 30 settembre 2018 (quindi il periodo di competenza economica delle tasse e contributi dell’anno accademico nell’esercizio 2017 pari a 3/12 e nell’esercizio 2018 pari ai 9/12).
Ai fini della rilevazione contabile del rimborso, per ragioni di semplicità operativa e stante la limitata rilevanza del fenomeno rispetto al risultato di esercizio, è possibile, per il corrispondente ammontare ridurre la voce A-I-1) Proventi per la didattica, quale minore ricavo di competenza per la quota riferibile al periodo ricadente nell’esercizio 2018, come se il rimborso fosse esclusivamente dovuto su tale quota.
Ove, tuttavia, si preferisca rinunciare alla semplificazione proposta, è possibile registrare il rimborso, per la eventuale parte corrispondente alla quota dell’anno 2017 (nell’esempio 3/12) nella voce B-IX-12) Altri costi - “costi per rimborsi tasse studentesche“.
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BRESCIA |
30/07/2018 |
La nota tecnica n. 1 del 17 maggio 2017, in riferimento alla voce contabile “Proventi per l’attività assistenziale” recita: “Nella voce non devono essere indicati valori ed associate voci di ricavo, poiché gli atenei non svolgono attività assistenziale che è propria degli enti ed aziende del SSN”.
1) Il nostro ateneo gestisce un “laboratorio di citogenetica e genetica molecolare” accreditato con il servizio sanitario nazionale che aderisce alla REGEM (Rete di servizi di genetica Medica). Il Laboratorio in base ad accordi o convenzioni con le Aziende Socio Sanitarie del Territorio, svolge indagini su pazienti per la prevenzione e la diagnosi delle malattie genetiche. La struttura non è dotata di un punto prelievo diretto, sebbene potrebbe eseguire prelievi direttamente su pazienti, ma riceve il “materiale biologico” dalle Aziende Sanitarie con cui è convenzionata e rilascia referti di analisi mediche. L’attività svolta è gestita nella sfera commerciale e vengono emesse fatture (esenti ai sensi dell’art. 10 del DPR 633/72) nei confronti delle Aziende Socio Sanitarie convenzionate in base al numero di analisi effettuate i cui costi sono stabiliti da un tariffario regionale;
2) L’Università partecipa a studi clinici o sperimentazioni farmaci, tramite i propri docenti convenzionati, in collaborazione con l’ASST Spedali Civili. Si tratta di studi promossi da terzi o anche spontanei, per i quali vi è una normativa specifica in capo al servizio sanitario regionale. Gli Spedali ricevono dai terzi promotori dei corrispettivi per l’attività svolta. Le attività di studio clinico o di sperimentazione avviate dagli Spedali Civili vengono eseguite con l’apporto del personale medico sanitario dipendente dell’Università e in regime convenzionale con il servizio sanitario. A fronte di convenzioni, inquadrate nell’ambito commerciale, gli Spedali versano all’Università quote a valere sui corrispettivi erogati dai terzi committenti, in seguito ad emissione di fattura da parte dell’Università.
Si chiede se i proventi delle attività sopra indicate, sebbene svolte in attività commerciale e non istituzionale, possano considerarsi ricavi da iscriversi nella voce “proventi per attività assistenziale”.
ringrazio CR
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
RISPOSTA:
Le prestazioni del “laboratorio di citogenetica e genetica molecolare” accreditato con il servizio sanitario nazionale e le prestazioni di partecipazione a studi clinici o sperimentazioni farmaci, tramite i propri docenti convenzionati, in collaborazione con l’ASST Spedali Civili, si configurano rispettivamente quali erogazione di servizi sanitari e di altri servizi scientifici collegati all’attività sanitaria, non aventi finalità di cura alla persona, ma unicamente quale supporto all’attività di ricerca scientifica in cui si sostanzia lo studio clinico per la sperimentazione del farmaco.
A prescindere dalla qualificazione tributaria delle predette attività, fra le attività istituzionali o commerciali (che non assume rilevanza ai fini della risposta) si devono confermare le indicazioni della nota tecnica 1 richiamata, escludendo la contabilizzazione dei proventi realizzati dall’Ateneo in conseguenza delle attività descritte, dalle fattispecie riconducibili alla voce contabile “Proventi per l’attività assistenziale”.
Infatti, anche in questo caso non si tratta di svolgimento di attività assistenziale, che appunto è propria degli enti ed aziende del SSN, in ragione della differente finalità istituzionale che persegue l’Ateneo rispetto agli enti nazionali e regionali del servizio sanitario.
Aldilà della differente caratteristica dell’attività posta in essere, che nel secondo caso “sperimentazione farmaci e studi clinici” non ha neppure natura di attività sanitaria, non appare elemento sufficiente il fatto che venga posta in essere un’attività che abbia effettivamente e/o potenzialmente carattere sanitario di cura alla persona, per configurare l’ulteriore condizione richiesta di svolgimento dell’attività per finalità assistenziale.
Pertanto, nel caso prospettato si ritiene che i proventi realizzati per le attività del “laboratorio di citogenetica e genetica molecolare” e di “sperimentazione farmaci e studi clinici”, possano configurare e venire contabilizzati, rispettivamente, nelle voci A-V) Altri proventi e ricavi diversi, in quanto prestazioni erogate sulla base di tariffario e A-I-2) Proventi da ricerche commissionate, in quanto attività di ricerca come sub-contraenti dell’Azienda ospedaliera titolare del relativo contratto e studio clinico commissionato da terzi.
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SALERNO |
09/07/2018 |
Con riferimento alla problematica relativa ai costi/debiti per ferie maturate e non godute, il Manuale Tecnico Operativo (ultima versione integrale e coordinata) alla pagina n. 52 recita testualmente “I fondi relativi agli oneri per il personale non sono idonei a rappresentare quelle poste che invece costituiscono veri e propri debiti sulla base dei criteri di esigibilità ed esatta determinazione del creditore e/o delle categorie di creditori (come nel caso delle somme relative a costi di competenza per ferie maturate e non godute, ore di lavoro prestate e non retribuite in attesa di successiva fruizione posto il divieto di monetizzazione per le università statali)”. Infatti l'art. 5, comma 8, del D.L. 95/2012 (convertito con Legge n. 135/2012), ha previsto che “…Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché delle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile”. Sorgono, dunque, dei dubbi interpretativi sulla iscrizione nel passivo dello Stato Patrimoniale di debiti verso dipendenti per ferie maturate e non godute, di cui si ha la certezza che non saranno mai pagati e, quindi, dei correlati costi nel conto economico (l'aspetto economico delle rilevazioni in COGE è un aspetto derivato da quello numerario che è detto aspetto originario).
A tal proposito, premesso che, per il Principio OIC n. 19 “Debiti”, i debiti per ferie non godute vanno iscritti nella voce altri debiti, lo stesso principio afferma che “nel caso degli altri debiti l'iscrizione del debito avviene quando è sorta l'obbligazione al pagamento, da individuarsi sulla base delle norme legali e contrattuali”. Inoltre sempre il Principio OIC n. 19 riporta che Il valore nominale di un debito (criterio adottato per l’iscrizione in bilancio del valore dei debiti) è l’ammontare, definito contrattualmente, che occorre pagare al creditore per estinguere il debito. Oltretutto lo stesso manuale non fornisce nessuna indicazione su come gestire contabilmente negli esercizi successivi il debito da iscrivere nello Stato Patrimoniale che non sarà mai pagato. Un ulteriore considerazione riguarda la determinazione del costo che dovrebbe includere anche gli oneri fiscali e previdenziali a carico dell’amministrazione e di conseguenza si dovrebbero iscrivere anche i debiti così quantificati verso l’erario e verso gli istituti previdenziali.
Pertanto si chiedono chiarimenti in merito all’applicazione delle indicazioni riportate nel manuale alle Università Statali, posto che non vi sono i presupposti per la rilevazione di un debito in quanto non vi è nessuna obbligazione al pagamento, o se tali indicazioni siano rivolte esclusivamente alle Università non Statali che, in quanto soggetti privati, non rientrano nel campo di applicazione dell'art. 5, comma 8, del D.L. 95/2012.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Il tema dei “costi di competenza per ferie maturate e non godute, ore di lavoro prestate e non retribuite in attesa di successiva fruizione” è stato oggetto di segnalazione da parte del MTO all’interno dell’analisi riservata alla casistica denominata “Fondi per rischi e oneri”, nonché nella casistica denominata “Contenuti prospetto missioni e programmi – Definizione del termine spesa”. Quest’ultima parte del Manuale, nel fornire indicazioni sulla compilazione del prospetto stabilito dal D.I. n. 21/2014 richiesto alle università statali, in quanto pubbliche amministrazioni, evidenzia che “… laddove nella classificazione si considerino i costi per il personale, si dovrà ricomprendere anche gli oneri non costituenti “spesa”, in quanto di competenza economica (ad esempio indennità per tfr, accantonamento per ferie e ore dell’esercizio, ecc.) …”.
Quest’ultima precisazione consente di confermare che la necessità di inserimento, alla fine di ciascun esercizio, del costo per oneri relativi a ferie maturate e non godute, nonché ore di lavoro prestate e non retribuite in attesa di successiva fruizione (ma non di monetizzazione per le università statali nel rispetto delle prescrizioni normative), riguarda indistintamente le università statali e non.
Fermo restando, a carico delle università statali, l’osservanza della disposizione che vieta il pagamento in luogo della fruizione, l’esigenza di rappresentare il valore delle ferie e ore maturate e non fruite nell’esercizio di competenza deriva dalla necessità di rispettare il principio della competenza economica e della concorrenza e correlazione dei fattori produttivi, ivi compreso quello del personale, alla realizzazione del valore della produzione di ciascun esercizio in coerenza con i principi contabili speciali per le università del D.I. n. 19/2014 e quelli generali di cui all’OIC.
Inoltre non si può in assoluto escludere che la posta possa avere in alcuni casi, seppure limitati nella quantità e valore, natura effettiva di debito a carico del datore di lavoro pubblico, tanto da comportare l’obbligo del relativo pagamento (si veda la linea interpretativa delle circolare MEF – RGS con le casistiche di deroga al divieto imposto dalla norma).
Seppure questo aspetto non possa avere specifica rilevanza, costituendo l’obiettivo della rilevazione unicamente la misurazione delle variazioni economiche e l’impatto dell’onere a carico dell’esercizio, fermo il divieto di monetizzazione e pagamento imposto dalla norma non si può pertanto in assoluto escludere da un lato la natura di debito della posta, almeno per quella che è la “fotografia” alla chiusura di ciascun esercizio e dall’altro lato il fatto che in particolari casi il pagamento deve essere effettuato.
Si ritiene infatti che, fermo restando la prioritaria esigenza di rappresentare il profilo economico dell’operazione, il debito, seppure potenziale, viene effettivamente meno, per effetto della fruizione o della decadenza dal diritto di fruizione da parte del personale avente diritto, nel corso di un esercizio diverso e sicuramente successivo a quello di maturazione e fino ad allora ne sussista l’esigenza di rappresentazione in ragione del ridetto profilo economico della rappresentazione della posta.
Dal punto di vista della rilevazione contabile la tecnica da seguire deve ritenersi analoga a quella delle altre poste che, alla fine di ciascun esercizio, vengono inserite nell’ambito delle scritture di assestamento e rettifica al fine di garantire la competenza economica delle componenti la gestione degli atenei.
Ad esempio la scrittura al 31/12/XX, nelle specifiche voci da utilizzare allo scopo, potrebbe essere la seguente:
Costi per ferie e ore personale
B-VIII-2) a Debiti per ferie e ore dipendenti
D-10) euro 500
L’ammontare da rilevare, sulla base del computo effettivo riferibile ad ogni singola posizione, dovrebbe risultare comprensivo di oneri previdenziali e assicurativi a carico del datore di lavoro.
Nel corso dell’esercizio successivo (XX+1) e prima della rilevazione della valorizzazione alla fine dell’esercizio in occasione delle scritture di rettifica ed integrazione, dovrebbe essere stornato il valore inserito alla fine dell’esercizio precedente sulla base di scrittura contraria a quella precedentemente effettuata.
Ad esempio la prima scrittura di storno della situazione descritta nel corso dell’esercizio XX+1 prima della nuova scrittura al 31/12/XX+1, nelle specifiche voci da utilizzare allo scopo, potrebbe essere la seguente:
Debiti per ferie e ore dipendenti
D-10) a Costi per ferie e ore personale
B-VIII-2) euro 500
E al 31/12/XX+1 si potrebbe avere:
Costi per ferie e ore personale
B-VIII-2) a Debiti per ferie e ore dipendenti
D-10) euro 600
La rilevazione permetterebbe in questo esempio di rappresentare l’incremento del costo del personale (euro 100), a carico dell’esercizio XX+1, come delta del valore del mancato consumo delle ferie maturate, in ragione del maggiore impegno profuso dal personale che non ha goduto del riposo feriale o ha realizzato prestazioni lavorative in eccedenza non compensate per ore maturate da recuperare.
Tale elemento, nell’esempio, evidenzia un maggior costo sostenuto per l’impiego di risorse che hanno consentito di realizzare il valore della produzione dell’esercizio in linea con obiettivo espresso in precedenza. Ovviamente laddove l’ammontare del costo delle ferie e ore maturate e non fruite alla fine dell’esercizio XX+1 fosse risultato inferiore (ad esempio 300 euro), si sarebbe realizzata una evidenza esattamente contraria e significare un consumo di ferie e ore in recupero rispetto a quelle spettanti e un costo del personale ridotto della grandezza che costituisce il differenziale economico (nell’esempio euro 200).
Tutto ciò a prescindere dal fatto che sussista il divieto di pagamento delle somme dal momento che, in ogni caso, costituisce normale procedura in uso nella realtà operativa degli atenei consentire la fruizione differita rispetto al momento di maturazione e rispetto alla chiusura di ciascun esercizio e, in alcuni casi ciò avviene per prassi consolidata, anche ben oltre l’esercizio successivo a quello di maturazione e questo fenomeno, a livello complessivo di sistema, ove non rilevato nella sua componente ed effetto economico, porterebbe a differenze sugli effettivi risultati di ogni annualità di gestione e al mancato rispetto del principio della contabilità economica.
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MODENA e REGGIO EMILIA |
11/06/2018 |
Relativamente alla voce del manuale COEP “Impianti e attrezzature: impianti generici” si pone il seguente quesito.
In tale categoria devono confluire due categorie di impianti presenti attualmente nello Stato Patrimoniale dell’Ateneo. Tali due categorie presentano due aliquote di ammortamento differenti:
Impianti specifici: 10%
Impianti telefonici: 12%
Si chiede se è possibile far confluire tali due categorie nella categoria “Impianti e attrezzature: impianti generici”, mantenendo le due aliquote attuali (si evidenzia che entrambe rientrano nel range indicato dal manuale, ossia dal 10% al 15%).
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Poiché le due aliquote di ammortamento utilizzate per la distinta tipologia di impianti rientrano nel range indicato dalla casistica del MTO possono essere mantenute entrambe. Nella nota integrativa l’Ateneo segnalerà le diverse aliquote applicabili per le categorie omogenee che sono state previste nei limiti delle voci indicate dal MTO.
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PADOVA |
11/06/2018 |
L’articolo 5 del Decreto Interministeriale n. 394/2017 ha previsto alcune modifiche alle voci degli schemi di bilancio (Stato Patrimoniale e Conto Economico).
Con riferimento alle voci di Crediti, Debiti e Contributi verso/da “ Unione Europea e altri Organismi Internazionali” che sono state sostituite dalle voci di Crediti, Debiti e Contributi verso/da “Unione Europea e il Resto del Mondo” sottoponiamo i seguenti quesiti:
1) le voci di Crediti, Debiti e Contributi verso/da “'Unione Europea e il Resto del Mondo” devono ricomprendere anche i crediti, i debiti e i contributi verso/da Università straniere (europee o extraUE), o questi vanno ricompresi tra i Crediti, Debiti e Contributi verso/da “Università” ?
2) le voci di Crediti, Debiti e Contributi verso/da “'Unione Europea e il Resto del Mondo” devono ricomprendere anche i crediti, i debiti e i contributi verso/da soggetti pubblici esteri (europei o extraUE) o questi vanno ricompresi tra i Crediti e Contributi verso/da “altri (pubblici)” e tra gli “Altri debiti” ?
3) le voci di Crediti, Debiti e Contributi verso/da “'Unione Europea e il Resto del Mondo” devono ricomprendere anche i crediti, i debiti e i contributi verso/da soggetti privati esteri (europei o extraUE) o questi vanno ricompresi tra i Crediti e Contributi verso/da “altri (privati)” e tra gli “Altri debiti”?
4) la voce “Debiti verso l'Unione Europea e il Resto del Mondo” deve ricomprendere anche i debiti verso fornitori esteri o questi vanno ricompresi nei “Debiti verso fornitori” ?
Il nostro quesito deriva anche dal fatto che analizzando l'ultima parte del nuovo MTO abbiamo avuto l'impressione che le seguenti voci:
Contributi MIUR e altre Amministrazioni centrali
Contributi Regioni e Province autonome
Contributi altre Amministrazioni locali
Contributi da altre Università
Contributi da altri soggetti pubblici
Contributi da soggetti privati
siano atte a recepire solo i contributi di soggetti italiani mentre per quelli di soggetti dai paesi UE o extraUE vada utilizzata la voce Contributi dall'Unione Europea e dal Resto del Mondo e che inoltre per Unione Europea si debba intendere non solo la Commissione Europea ma tutti i contributi da soggetti europei.
Ringraziamo e salutiamo cordialmente.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Le voci di CREDITI/DEBITI/CONTRIBUTI verso/da Unione europea e Resto del Mondo si riferiscono a fattispecie in cui il rapporto che lo origina è relativo a soggetti pubblici/privati esteri.
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TRENTO |
11/06/2018 |
Si richiede come, nell’ambito della gestione contabile dei crediti verso studenti, vadano alimentati ed utilizzati il fondo svalutazione crediti verso studenti e il fondo rischi ed oneri per tenere conto del rischio di minori incassi relativi a tasse degli studenti.
Dalla lettura del manuale (MTO)(pag 71) si evince che il fondo svalutazione crediti verso studenti copre il rischio di minor incasso del credito legato alla difficoltà di esigibilità dello stesso mentre il fondo rischi e oneri, copre il rischio legato alla riduzione dei proventi (e relativi crediti) a seguito di varie situazioni tra le quali:
- la determinazione della fascia di reddito assegnata;
- le richieste di rinuncia agli studi
- l’assegnazione di esoneri parziali o totali
- il completamento del corso di studi
Il manuale successivamente (pag 71) precisa infatti che “laddove la determinazione del provento per fasce di contribuzione sia oggetto di stima, l’eventuale accantonamento prudenziale per tener conto di eventuali distribuzioni meno favorevoli NON potrà essere effettuato al fondo svalutazione crediti, che serve a rappresentare il rischio di un mancato incasso di un credito certo bensì dovrà essere utilizzato un fondo rischi ed oneri che meglio rappresenta la stima effettuata sui proventi.”
Il dubbio nasce da quanto riportato poi a inizio di pagina 73: “ A fronte di tali peculiarità (modifica della fascia di reddito) si ritiene che ogni ateneo debba sviluppare un proprio modello di stima della quota di crediti che subiranno riduzioni per effetto dell’assegnazione definitiva delle fasce di reddito e debba accantonare, in logica forfettaria, a fondo svalutazione crediti l’importo stimato corrispondente.”
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Si ritiene che la formulazione di pagina n. 73 debba essere intesa rappresentare l’onere della riduzione teorica della quota di crediti / proventi per effetto dell’assegnazione definitiva delle fasce di reddito, con accantonamento forfettario al fondo rischi e oneri e non al fondo svalutazione crediti per coerenza con i principi distintivi esposti nella casistica "crediti verso studenti – fondo svalutazione crediti e fondo oneri e rischi".
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TRENTO |
11/06/2018 |
Si richiede se i contributi “esteri” vadano registrati per provenienza o per ente erogante.
Ad esempio i contributi ricevuti da un’università straniera, rientrano nei “contributi dall’Unione Europea e dal Resto del Mondo” punto 4) nello schema di Conto Economico dell’allegato 1 del Decreto Interministeriale n. 394 del 08/06/2017 o nel punto 5) Contributi da Università? (e lo stesso vale per i contributi da altri punto 6) e 7) se esteri).
Nello schema SIOPE di futura adozione (DM 05/09/2017) i trasferimenti correnti da Università sono inseriti nella voce “Trasferimenti Correnti da Amministrazioni Locali” lasciando intuire che si tratti solo di università italiane
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
I contributi ricevuti da un’università straniera devono essere contabilizzati nella voce “contributi dall’Unione Europea e dal Resto del Mondo” punto 4) dello schema di Conto Economico.
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FERRARA |
11/06/2018 |
Nelle Note Tecniche n. 1, alla voce B) VIII 2) sono inclusi come esempio di tipologia di costi da contabilizzare, tra i costi del personale, i buoni pasto.
Nel memento contabile n. 1299 e nel principio contabile n. 12 paragrafo "contenuto del conto economico" i buoni pasto non sono classificati tra i costi del personale ma tra i costi per prestazioni di servizio, voce B7.
L'Università di Ferrera ha seguito queste indicazioni nel passaggio alla COPE.
A seguito delle indicazioni contenute nelle note tecniche, quali disposizioni dobbiamo seguire?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Si ricorda che il Manuale Tecnico Operativo e le note tecniche, predisposte al fine di fornire chiarimenti specifici su alcune tematiche di maggiore problematicità, costituiscono strumenti di supporto per l’attività gestionale e la contabilizzazione delle poste, destinati al settore universitario e quindi, intesi come normativa di settore, di maggiore esaustività rispetto ai normali testi di tecniche contabili.
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BRESCIA |
11/06/2018 |
L’Università degli studi di Brescia, ha predisposto il Bilancio consolidato secondo il metodo integrale e ha determinato gli “Interessi di terzi” ed “il differenziale di consolidamento” (Fondo di consolidamento o Riserva di Consolidamento).
A fini rappresentativi, sarebbe significativo, evidenziare nello schema del bilancio il “Patrimonio di terzi o la riserva di consolidamento”, come già per i bilanci consolidati delle aziende.
Tali voci, tuttavia, non compaiono nello schema del passivo dello Stato Patrimoniale del dlgs n.248/2018, si chiede pertanto, in quali poste di bilancio debbano confluire: il Patrimonio di Terzi e la Riserva di Consolidamento.
ringrazio e saluto
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
L’art. 3, comma 3 del D.I. n. 248/2016 prevede l’utilizzo dei principi contabili OIC in materia di consolidamento (in sostanza il principio OIC n. 17), tenuto conto dei principi del D.I. n. 19/2014 e delle specifiche regole applicabili alle università, ivi compreso l’utilizzo dello schema di bilancio consolidato cui all’allegato. L’utilizzo delle voci come esposte è da considerarsi tassativo. Ciò posto le voci scaturenti dalle attività di consolidamento quali “patrimonio di terzi” e “riserva di consolidamento” potranno essere associate alla voce “A- Patrimonio netto - III) Patrimonio non vincolato” dello schema di bilancio consolidato. Al fine della necessaria trasparenza e per garantire idonea leggibilità la nota integrativa potrà contenere il dettaglio della voce di patrimonio netto con l’indicazione delle fattispecie che sono descritte nel paragrafo 34 dell’OIC n. 17.
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FERRARA |
11/06/2018 |
nelle note tecniche n. 1 del 17/5/2017 alla voce III proventi per attività assistenziale, colonna commenti si dice: nella voce non devono essere indicati valori e associati voci di ricavo poiché gli Atenei non svolgono attività assistenziale che è propria degli enti e aziende del SSN.
Tuttavia, sia il Dm 19/2014 - come modificato dal dm 8 giugno 2017 - che il Dm 925/2015, prevedono questa voce negli schemi di bilancio.
Non è chiaro, pertanto, quali proventi debbano essere contabilizzati in questa voce.
L'università di Ferrara in questa voce contabilizza i Proventi da Azienda Ospedaliera per personale convenzionato SSN.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Nelle more di un’eventuale ulteriore modifica dello schema di bilancio allegato 1 al D.I. n. 19/2014, per la voce in esame si confermano le indicazioni di classificazione contenute nella nota tecnica n. 1 ribadendo che non sussistendo costi per lo svolgimento dell’attività assistenziale al contempo non vi sono ricavi dai classificazione dal momento che l’attività nel suo complesso compete alle Aziende del SSN. Nella voce non devono essere indicati neppure l’ammontare dei rimborsi derivanti dal rapporto con le Aziende sanitarie per il ristoro degli oneri della quota di riequilibrio retributivo c.d. De Maria; a tal proposito si veda l’orientamento espresso nella nota tecnica n. 3 presente sempre nel portale Coep, sezione Lavori Commissione.
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TRENTO |
01/06/2018 |
Si chiede come vadano classificati i trasferimenti correnti provenienti da ente capofila. Ad esempio: un’università pubblica italiana, capofila di progetto europeo, eroga al nostro ateneo la quota di competenza del contributo europeo.
Secondo il glossario della nuova codifica SIOPE di futura adozione (DM 05/09/2017)i trasferimenti correnti vanno registrati attenendosi alla regola del primo beneficiario; cioè il trasferimento deve essere classificate in considerazione del soggetto dal quale l’ente ha effettivamente ricevuto il trasferimento (ultimo soggetto erogatore) senza tenere conto del primo soggetto cha ha trasferito le risorse o la finalità delle stesse.
Nella risposta al quesito nr.10, esempio 2 (3/11/2016), viene invece indicato che i contributi devono essere contabilizzati tenendo conto dell’ente per conto del quale il trasferimento è stato erogato.
Quindi nel nostro esempio per Siope va classificato nei trasferimenti correnti da università, mentre secondo la risposta "coep", va classificato come contributo da Unione Europea e Resto del mondo.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Per quanto attiene la gestione dei progetti coordinati restano ferme le modalità di contabilizzazione previste nel quesito n. 10 anche per codificare i flussi di entrate e spesa ai fini SIOPE. Di fatto, la regola del primo beneficiario non è applicata esclusivamente nell’esempio 2, considerando che la gestione avviene per conto terzi.
Si ritiene, comunque, opportuno segnalare che, ai fini SIOPE, l’esempio n. 3 del quesito n. 10, deve essere così trattato:
Ente coordinatore - in entrata contabilizza le risorse tra le Altre entrate per conto terzi e in spesa contabilizza i trasferimenti tra le Altre spese per conto terzi;
Ente beneficiario - in entrata contabilizzano il trasferimento tra i Contributi (tenendo conto dell’Ente per conto del quale il trasferimento è stato erogato) e in spesa tenendo conto della natura della spesa stessa.
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Scuola Superiore Sant'Anna |
01/06/2018 |
Nell'ambito di progetti di ricerca finanziati da terzi (principalmente programmi Horizon 2020) è frequente che la stessa sfoci nella realizzazione di un prototipo o impianto pilota, anzi, spesso la costruzione del prototipo è l'obiettivo della ricerca.
Il costo di realizzazione di un prototipo può riguardare le seguenti voci:
-attrezzature e hardware/software dedicati (che opportunamente integrati tra loro compongono il prototipo);
-componenti vari;
-spese esterne di progettazione, consulenza, perizia, collaudo, per certificazioni (es. certificazione come dispositivo medico, marchio CE, …)
-qualunque altro costo necessario per l’avviamento del prototipo stesso (costi di installazione; i costi di montaggio e posa in opera; i costi di messa a punto).
In particolare il programma H2020 stabilisce nell’Annotated Model Grant Agreement (AMGA v. 4.0.1) a pag. 87:
“Prototype or pilot plant (constructed as part of the action tasks)
Normally beneficiaries may only declare the depreciation costs for equipment, infrastructure or other assets that are used for the project.
(Full) Construction costs (of a prototype or pilot plant) may however exceptionally be eligible as ‘equipment costs’, if all of the following apply:
- building the prototype or pilot plant is part of the action tasks (i.e. described in Annex 1 of the GA);
- the costs are foreseen in the estimated budget (Annex 2 of the GA);
- the eligibility conditions of Articles 6.1 and 6.2 are met (in particular, recorded in the beneficiary’s accounts in accordance with the national accounting standards and with the beneficiary’s usual cost accounting practices; see Article 6.1(a)(v))
Example:
If according to national accounting standards the prototype must be depreciated, the beneficiary may only declare the depreciation costs (as recorded in its accounts), not the full construction cost.
If the full construction costs of the prototype are eligible according to the conditions above, but the construction was outsourced to a third party (other than a linked third party), the costs can NOT be declared in category D.2 ‘equipment’, but may be eligible in category B ‘subcontracting’ (see Articles 6.2.B and 13).”
Ciò premesso richiediamo, in base alle indicazioni dei decreti ministeriali, del Manuale tecnico operativo e degli standard contabili nazionali, un vostro parere in merito a:
1) è plausibile rilevare il costo storico delle attrezzature destinate alla realizzazione di un prototipo (o meglio inglobate nel prototipo) e, quindi, non immesse nel ciclo produttivo, alla voce "immobilizzazioni materiali in corso e acconti" unitamente alle altre tipologie di costo? In sostanza questi beni mobili confluirebbero nel valore del prototipo;
2) Terminato il prototipo, il valore complessivo che si determina alla voce "immobilizzazioni materiali in corso e acconti" in quale voce dello schema MIUR di Stato Patrimoniale si fa rientrare?
3) I prototipi sono da ammortizzare?
Ci preme sottolineare l’importanza della risposta in relazione alla rilevanza economica dei finanziamenti comunitari H2020 e all’interesse generalizzato del contesto universitario sulla specifica criticità in caso di audit, considerato l’impatto del mancato riconoscimento dei costi sostenuti e della conseguente restituzione alla CE di finanziamenti già incassati
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
I costi per la progettazione, la costruzione e la verifica di prototipi o modelli che precedono la produzione o l'utilizzazione degli stessi sono contenuti nella voce “costi di sviluppo” delle immobilizzazioni immateriali (OIC 24 – art. 2424 C.C.). Per le università la classificazione è desumibile nelle voci riportate nello schema di bilancio allegato 1 al D.I. n. 19/2014:
A) IMMOBILIZZAZIONI
I) IMMATERIALI
1) Costi di impianto, di ampliamento e di sviluppo
Si deve altresì ritenere che il prototipo oggetto del quesito possa altresì potenzialmente rappresentare una immobilizzazione materiale, realizzata internamente in economia (vds. MTO, casistica immobilizzazioni materiali, pag. 20), nel presupposto della condizione di tangibilità e teorica utilizzabilità strumentale del bene “prototipo” ricavato per effetto dello svolgimento dell’attività di costruzione nell’ambito della ricerca finanziata.
Affrontando la questione in riferimento alla prima ipotesi (Costi di impianto, di ampliamento e di sviluppo), si osserva, anzitutto, che la sola attinenza a specifici progetti di sviluppo non è condizione sufficiente affinché i relativi costi abbiano i requisiti che renderebbero legittima la loro capitalizzazione. A tal fine, i costi devono essere relativi ad un prodotto o processo chiaramente definito, nonché identificabili e misurabili. Bisogna cioè dimostrarne la diretta inerenza al prodotto, al processo o al progetto; in caso di costi generici non imputabili direttamente al progetto specifico il costo non sarà capitalizzabile ma andrà rilevato nelle voci per natura del conto economico.
Requisito ancora più rilevante ai fini della capitalizzazione (riportato nel MTO casistica immobilizzazioni immateriali - pag.11 e come chiaramente espresso nell’OIC 24), è la dimostrazione della capacità dei nuovi prodotti o servizi sviluppati di generare diretta utilità economica all’ente, intesa come attitudine di produrre ricavi in futuro, almeno sufficienti a coprire i costi sostenuti per realizzarli.
Benché nel caso dei progetti di ricerca la recuperabilità dei costi dei prototipi sia garantita dal finanziamento dei progetti stessi, difficilmente i prototipi possono generare ricavi ulteriori e pertanto, per motivi prudenziali, si ritiene che i relativi costi di realizzazione vadano imputati per natura a conto economico nell’esercizio in cui sono sostenuti.
In riferimento alla seconda ipotesi della potenziale rilevazione del costo sostenuto per la realizzazione del prototipo fra le immobilizzazioni materiali, deve aversi riguardo alla possibilità di considerare concretamente e non solo teoricamente l’utilizzo strumentale del bene nel corso degli esercizi successivi e quindi la possibilità di rappresentarne il costo tramite le quote di ammortamento determinate in ragione della categoria omogenea a cui riferire l’iscrivibilità dell’immobilizzazione prodotta in economia.
Al fine di procedere o meno alla patrimonializzazione i principi da seguire sono quelli contenuti nella casistica relativa alle immobilizzazioni materiali del MTO, derivanti dal D.I. MIUR-MEF n. 19/2014 e dai principi OIC. Pertanto laddove il bene ottenuto seppure avente condizione di tangibilità non sia idoneo a produrre concreta utilità futura, effettivamente misurabile dal punto di vista economico, attraverso un uso strumentale nella partecipazione al processo produttivo dell’ente, i costi sostenuti per la sua realizzazione dovranno essere rilevati, in base alla distinta natura, nel conto economico. In quest’ultima ipotesi, eventuali acquisti che fuori “dall’assemblaggio” per la realizzazione del prototipo potrebbero normalmente avere autonoma utilizzazione come immobilizzazioni immateriali e/o materiali e così essere rappresentati nello stato patrimoniale, nel caso specifico dovranno invece essere rilevati fra i costi del conto economico presumibilmente nella voce B-IX-9) “acquisto altri materiali”.
Tale approccio, sia in riferimento all’ipotesi delle immobilizzazioni immateriali, sia alle immobilizzazioni materiali, appare altresì coerente con l’esigenza di procedere alla dimostrazione della competenza del costo per la rendicontazione relativa all’interno del periodo di riferimento del progetto di ricerca finanziata.
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Scuola Superiore Sant'Anna |
01/06/2018 |
I costi per buoni pasto a favore del personale, nelle Note Tecniche n. 1, sono stati ricondotti alla voce VIII2 “Costi del personale dirigente e tecnico amministrativo”. Il principio OIC 12 di cui si riporta un estratto con riferimento ai costi per buoni pasto, li ricomprende nell’ambito dei costi per servizi:
B. COSTI DELLA PRODUZIONE
B7) Per servizi
58. Sono imputati a questa voce tutti i costi, certi o stimati (al netto delle rettifiche, come sopra
precisato) derivanti dall’acquisizione di servizi nell’esercizio dell’attività ordinaria
dell’impresa.
L’elenco che segue ha natura esemplificativa e non esaustiva:
………………………………………………………………………………………….
· costi di buoni pasto distribuiti ai dipendenti;
………………………………………………………………………………………….
Qual è dunque il più corretto comportamento contabile?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Con riferimento ai costi per i buoni pasto, si confermano le indicazioni di classificazione contenute nella Nota tecnica n. 1 del 17 maggio 2017, stante l’esigenza di contemperare sia le disposizioni civilistiche, sia le altre esigenze derivanti dall’applicazione di regole peculiari applicabili alle università nel quadro del consolidamento dei conti pubblici; in particolare i costi per la voce in esame devono essere ricondotti alla voce B.VIII.2 “Costi del personale dirigente e tecnico amministrativo” del conto economico.
Ciò per coerenza e in analogia, per quanto attiene alla predisposizione del bilancio preventivo unico d’ateneo in contabilità finanziaria, dove le spese per buoni pasto devono essere ricondotte alla voce di spesa U.III “Retribuzioni lorde”. Al riguardo si richiama l’attenzione sulla schema di raccordo tra il nuovo glossario SIOPE (DM-MEF 5 settembre 2017) e il prospetto di cui all’allegato 2 del D.I. MIUR-MEF n. 394/2017, di modifica e integrazione dell’art. 7 del D.I. MIUR-MEF n. 19/2014, trasmesso a tutti gli atenei in data 15 dicembre 2017 dall’indirizzo mail siope.universita-edr@mef.gov.it e consultabile anche nel sito ba.miur.
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Scuola Superiore Sant'Anna |
01/06/2018 |
I proventi per Lasciti e donazioni, nelle Note Tecniche n. 1, sono ricondotti alla voce V “ALTRI PROVENTI E RICAVI DIVERSI”. Difatti alla materia delle donazioni è dedicato un ampio approfondimento all’interno dello schema manuale tecnico operativo MIUR II versione in corso di emanazione e, in base alle casistiche ivi contemplate (donazioni vincolate, non vincolate, in denaro, in beni ecc.) quando rilevate a conto economico, negli esempi proposti, è utilizzata la voce “Contributi A)-II-7) –Contributi da altri (privati). Qual è dunque la rilevazione più appropriata in materia di donazioni?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
L’attività di raccolta fondi da donazioni e liberalità è considerata un’attività caratteristica degli atenei; in tale logica, e al fine di ribadirne l’importanza nell’ambito delle attività delle università, il MTO (versione aggiornata e al momento completa - Decreto Direttoriale 1841 del 26 Luglio 2017 - Adozione della versione integrale e coordinata del Manuale Tecnico Operativo), dedica una specifica illustrazione nella quale vengono indicati anche i criteri di classificazione in bilancio, in applicazione dei principi applicabili alle università.
Sulla base di tale presupposto si ritiene che debba essere data adeguata informativa a tutte le voci di ricavo derivanti da liberalità, la cui consistenza è tale da essere considerata significativa e che tale informativa possa essere adempiuta preferendo l’utilizzo della voce A II 7 Contributi da altri (privati) come precisato nel MTO.
In tale ottica, si provvederà ad emendare la nota tecnica n. 1. in quanto si ritiene che la voce A5) “altri ricavi …” debba accogliere le voci di ricavo aventi carattere residuale rispetto a quelle da classificare fra i contributi.
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Scuola Superiore Sant'Anna |
01/06/2018 |
Il costo per il personale in convenzione ai sensi della norma richiamata nel caso in cui la convenzione preveda il rimborso in toto o in parte del costo all’ateneo di appartenenza a vostro avviso va ricompreso per l’ateneo che riceve il docente in convenzione alla voce VIII-1-a) “docenti e ricercatori” oppure alla voce VIII-1-c) “docenti a contratto”? Ed in questo caso l’Ateneo di appartenenza in quale voce dello schema di conto economico rileva il costo?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Innanzitutto occorre inquadrare la posizione giuridica dei docenti in questione: si tratta di professori e ricercatori di ruolo, quindi personale titolare di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con l'Ateneo di appartenenza, che per un periodo limitato e definito svolge attività didattica o didattica e ricerca presso un altro Ateneo sulla base di una convenzione stipulata ai sensi dell'art. 6, comma 11, della Legge n. 240/2010.
Nel caso in cui l'impegno didattico e di ricerca sia interamente svolto presso l'Ateneo ospitante, la loro posizione è assimilabile a quella del personale comandato / distaccato o situazione similare presso altra Amministrazione, in quanto:
a) l'art. 6, comma 11, della Legge n. 240/2010 prevede che in tal caso gli oneri stipendiali siano obbligatoriamente a carico totale o parziale dell'Ateneo ospitante, nella misura indicata nella relativa convenzione (come previsto dall'art. 70 del D.Lgs n. 165/2001 per il personale in comando);
b) il D.M. n. 167/2011 prevede che ai fini della determinazione dei limiti previsti per il turn over gli oneri stipendiali derivanti dalle convenzioni continuano ad essere conteggiati in capo all'ateneo di appartenenza del professore o ricercatore (come prevede il MEF per il computo del personale in comando nel c.d. “conto annuale”).
Inoltre, si richiama la classificazione SIOPE che prevede alla voce “Rimborsi e poste correttive delle entrate” codice U.1.09.01.01.001 l’imputazione dei rimborsi da effettuare a favore dell’ente di appartenenza dei dipendenti per “Rimborsi per spese di personale (comando, distacco, fuori ruolo, convenzioni, ecc.)
Sulla base di questi elementi e tenuto conto anche dell’impatto marginale del fenomeno sui bilanci degli atenei in generale, si deve ritenere che:
- per l’Ateneo che mette a disposizione il personale sulla base della convenzione: il costo del personale docente in convenzione debba essere ordinariamente rilevato, in base alla sua natura, in apposito conto confluente, nella fase di predisposizione del bilancio di esercizio, nella voce B-VIII-1-a) "docenti e ricercatori" del conto economico, con la corrispondente rilevazione del ricavo derivante dal rimborso della quota a carico dell'ateneo ospitante (in misura corrispondente alla percentuale in convenzione), in apposito conto confluente, nella fase di predisposizione del bilancio di esercizio, nella voce A-V) "altri proventi e ricavi diversi" del conto economico, ottenendo così la sterilizzazione dell’impatto sul risultato dell’esercizio in ragione del valore proporzionale della convenzione rispetto al costo complessivo derivante dal contratto di lavoro con il personale interessato.
- per l’Ateneo ospitante il personale sulla base della convenzione: certamente non si tratta di fattispecie riconducibile a quella dei docenti a contratto che rappresentano una casistica completamente diversa e non assimilabile a quella oggetto del quesito; il rimborso sarà rilevato in apposito conto confluente, nella fase di predisposizione del bilancio di esercizio, nella voce B-IX-12 "altri costi" del conto economico.
Si rammenta conclusivamente che nel costo oggetto del rimborso della convenzione non dovrà essere computato l’onere per l’IRAP, indipendentemente dal metodo di formazione della base imponibile, in quanto questo, come in tutti i casi di comando, distacco, ecc., non verrà sostenuto dall’Ateneo che metterà a disposizione il personale, ma dall’Ateneo ospitante utilizzatore che effettuerà il rimborso del costo della retribuzione e degli oneri previdenziali e assicurativi in base alle previsioni della convenzione.
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Scuola Superiore Sant'Anna |
01/06/2018 |
Gli accantonamenti di un determinato anno X potrebbero riferirsi anche al costo presunto relativo ad arretrati per competenze al personale inteso come costo totale a carico dell’Ente, compreso di oneri contributivi e Irap. Nell’anno X+1 per pagare le citate competenze viene ovviamente utilizzato il Fondo rischi e oneri con movimentazioni esclusivamente patrimoniali. Qual è a vostro avviso la procedura contabile più corretta per dare evidenza della quota di IRAP tra le imposte sull’esercizio oppure, per tali fattispecie, è condivisa la mancata rilevazione del costo sulle nature in considerazione dell’utilizzo del Fondo?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
La quota di costo relativa all’IRAP va rilevata in base al principio di competenza economica nell’esercizio in cui viene rilevato il costo a cui è collegata e derivante, anche in riferimento al metodo retributivo oltre che a quello produttivo, in caso di opzione per il metodo misto, meglio se utilizzando un apposito conto distinto da quello riportante il valore dell’imposta rilevabile da quanto emergente nella dichiarazione annuale relativa, seppure confluente nella voce F) “imposte sul reddito …” del bilancio di esercizio, per garantire una maggiore trasparenza nella gestione contabile.
Qualora il costo dovesse riferirsi ad arretrati per i quali non è stato a tempo debito stanziato l’opportuno fondo, la scrittura dovrà essere effettuata nell’esercizio nel quale si viene a conoscenza dell’onere, rilevando per natura le voci di costo corrispondenti.
In base a tale logica, sulla base del presupposto che non vi sia certezza sull’ammontare preciso del costo (ad esempio perché la base di riferimento dell’imposta potrebbe cambiare, altrimenti dovrebbe essere rilevato direttamente un debito e non un fondo), nell’esercizio x dovrà essere effettuata la seguente scrittura:
B VIII Costi del Personale (per retribuzioni e Oneri arretrati)
F Imposte (per IRAP) A
B Fondo rischi e Oneri Importo stimato
Nell’esercizio x+1, come giustamente osservato, la scrittura sarà meramente patrimoniale e riguarderà l’utilizzo del Fondo con la corrispondente accensione dei debiti verso il personale, gli enti contributivi e l’erario.
B Fondo rischi e Oneri
A
D 10 Debiti verso dipendenti
D 12 Altri Debiti (per Erario IRAP ed Enti Previdenziali) Importo accantonato
Eventuali differenze fra gli importi stimati nell’anno x e quelli analiticamente determinati a consuntivo nell’anno x+1, dovranno essere registrati in conto economico nell’anno x+1 mantenendo la classificazione per natura.
Nell’ipotesi che il conguaglio sia a favore del dipendente, la scrittura sarà:
B VIII Costi del Personale (per retribuzioni e Oneri)
F Imposte (per IRAP) A
D 10 Debiti verso dipendenti
D 12 Altri Debiti (per Erario IRAP ed Enti Previdenziali) Eventuali differenze
Qualora il conguaglio sia a favore dell’Ente dovrà essere liberato il fondo accantonato in eccesso.
Seppure l’attuale impostazione ed i principi contabili specifici per le università prevedano nello schema di rappresentazione a bilancio e nell’attività di rilevazione contabile la presenza della voce E) Proventi e oneri straordinari, nell’ottica della progressiva adesione ai nuovi principi OIC conseguenti alle modifiche di cui al D.lgs. 139/2015, si ritiene che, facendo prevalere il principio della natura della componente economica e la sua attinenza all’attività caratteristica sarà possibile la rilevazione del ricavo in apposito conto confluente nella voce A-5) Altri proventi e ricavi diversi.
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MACERATA |
01/08/2017 |
Faccio notare che nello schema di BE ex DM 925/2015, la sottovoce "1) Utilizzo di riserve di Patrimonio Netto derivanti dalla contabilità finanziaria" è da intendersi solo quale specificazione della macrovoce "V. ALTRI PROVENTI E RICAVI DIVERSI", che comprende quindi anche altri importi. Sarebbe quindi opportuno inserire un'ulteriore sottovoce "2) Altri proventi e ricavi diversi" per ricomprendere queste ulteriori previsioni. In assenza di questa voce (che comunque abbiamo utilizzato nel budget 2017) risulta, ad es., problematico caricare il BE nel portale bilanci enti dell'IGF-MEF, dove le previsioni per ricavi non derivanti da utilizzo di riserve da COFI dovrebbero tutte essere caricate nell'unica voce presente (la 1, appunto).
Grazie e cordiali saluti.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
L'inserimento della sottovoce "1) Utilizzo di riserve di Patrimonio Netto derivanti dalla contabilità finanziaria" nello schema di budget economico di cui al D.I. n. 925/2015 non ha la funzione di creare una struttura dello schema di conto economico diverso da quello allegato 1 al D.I. n. 19/2014, con il quale deve essere operato il confronto, ma ha unicamente lo scopo di prevedere una specifica voce rappresentativa di questa particolare categoria di ricavi all'interno della macrovoce "V. ALTRI PROVENTI E RICAVI DIVERSI" che rimane l'unico riferimento dello schema durante la gestione delle rilevazioni contabili nel corso dell'esercizio dopo l'approvazione del budget all'interno del bilancio preventivo unico.
In sostanza nella riclassificazione, al fine del caricamento nel portale bilanci e nelle altre attività utili a soddisfare anche le norme in materia di trasparenza, la voce "1) Utilizzo di riserve di Patrimonio Netto derivanti dalla contabilità finanziaria" deve essere considerata avere la stessa caratteristica e livello delle voci che, dall'anagrafica conti dell'Ateneo, confluiscono nella macrovoce "V. ALTRI PROVENTI E RICAVI DIVERSI".
Infatti dovrà esistere nell'anagrafica conti in uso presso gli atenei anche una voce di ricavo così denominata che verrà utilizzata in concreto, nell'ordinaria attività di rilevazione contabile nel corso dell'esercizio, solo laddove l'ateneo - in conformità alla previsione e allo stanziamento di budget - si trovi nell'effettiva necessità di utilizzare tali poste di patrimonio netto derivanti dalla contabilità finanziaria iscrivendole come ricavi.
La voce di ricavo con la denominazione in argomento, troverà normale evidenza nella situazione contabile e nel bilancio di esercizio annuale, unitamente agli altri ricavi della stessa specie, e, per effetto della riclassificazione rappresentazione sia nello schema di conto economico da D.I. n. 19/2014, sia nello schema previsto dalla disciplina, ad esempio, della BDAP.
Per avere un'indicazione esemplificativa delle fattispecie che possono trovare confluenza nella macrovoce "V. ALTRI PROVENTI E RICAVI DIVERSI" e delle altre dello schema , si veda la Nota Tecnica n. 1 (Tipologia di ricavi e costi nello schema di conto economico) del 17 maggio 2017, pubblicata nel presente sito.
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FIRENZE |
28/07/2017 |
Si sottopone all’attenzione della Commissione interministeriale per la contabilità economico patrimoniale negli atenei il seguente quesito.
Il decreto interministeriale n. 248 del 11 aprile 2016 con il quale sono individuati i criteri per la definizione dell’area di consolidamento, sono stabiliti i principi contabili di consolidamento e sono definiti gli schemi di stato patrimoniale e conto economico consolidati, rinvia ai principi contabili OIC ai fini della conduzione del processo di consolidamento.
Con riferimento all'OIC 17 "Bilancio consolidato e metodo del patrimonio netto”, in fase di redazione del primo consolidato di ateneo, è sorto un dubbio interpretativo circa la corretta procedura di consolidamento da seguire.
Il principio OIC 17, infatti, prescrive che l’eliminazione delle partecipazioni contro la corrispondente frazione di patrimonio netto delle imprese controllate “è attuata sulla base dei valori contabili riferiti alla data di acquisizione o alla data in cui l’impresa è inclusa per la prima volta nel consolidamento”.
Secondo il principio, la “data di acquisizione” coincide con quella in cui la controllante acquisisce il controllo dell’impresa controllata, mentre la “data in cui l’impresa è inclusa per la prima volta nel consolidamento” coincide con quella di chiusura del primo bilancio consolidato che comprende l’impresa controllata.
Nel caso in cui si utilizzi la data in cui l’impresa è inclusa per la prima volta nel consolidamento, la differenza da annullamento che si genera è misurata su un patrimonio netto che già incorpora i risultati di conto economico della partecipata tra la data di acquisizione e la data di consolidamento.
Con riferimento a quanto appena esposto, essendo "la data in cui l’impresa è inclusa per la prima volta nel consolidamento” il 31.12.2016, è sorto il dubbio se il primo consolidato di ateneo debba limitarsi o meno allo stato patrimoniale, con un conto economico coincidente con quello di ateneo, senza considerare, quindi, costi e ricavi d’esercizio 2016 delle partecipate rientranti nell’area di consolidamento
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Nel presupposto della specialità della disciplina in materia di bilancio consolidato per le università, che comporta l’applicabilità del principio OIC in materia di consolidamento per le imprese solo dove lo stesso risulti pienamente compatibile, si ritiene che per gli obiettivi perseguiti e per ragioni di omogeneità, il consolidamento debba riguardare sia il conto economico, sia lo stato patrimoniale dell’università e degli enti e società appartenenti al gruppo università fino dall'esercizio di prima applicazione del consolidamento.
Nella sostanza per l’anno 2016 di prima applicazione dell’obbligo di predisporre il bilancio consolidato, le università dovranno esporre nel loro bilancio consolidato sia il conto economico, sia lo stato patrimoniale al 31/12/2016 dell’università e di tutte le entità appartenenti all’area di consolidamento nel presupposto che il consolidamento si realizza dal 01/01/2016. Nella rappresentazione dei valori economici consolidati le università avranno cura di considerare, nel processo di elisione, le eventuali differenze che potranno scaturire dalla presenza del risultato dell’esercizio delle partecipate consolidate in caso di utilizzo del c.d. metodo del patrimonio netto per la modalità di valutazione delle loro quote di partecipazione.
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GENOVA |
28/07/2017 |
Sintesi del quesito: si chiede se in generale anche i beni immobili possano essere considerati, in presenza di determinate caratteristiche, tra i beni di valore culturale per i quali non sia quindi da prevedersi l’ammortamento e come debba essere rilevata la strumentalità dei medesimi che, invece, comporta che anche tali beni siano da assoggettare ad ammortamento; la questione della verifica della strumentalità concerne comunque anche i beni mobili. Si chiede infine come tali questioni (valore culturale, strumentalità, ammortamento) rilevino per gli interventi incrementativi sui medesimi beni.
L’Università di Genova (in linea peraltro con quanto previsto nello “Schema di manuale tecnico operativo - II versione in consultazione”) procede all’ammortamento dei fabbricati nella misura del 2% annuo; il valore dei terreni non viene invece ammortizzato.
Con specifico riferimento ai beni immobili (fabbricati), l’Ateneo considera la possibilità che essi siano qualificabili come “beni di valore culturale, storico, artistico, museale” (art. 4, par. 1., lett. b.) e ricorrendo tale situazione sono iscritti in apposita categoria e non vengono ammortizzati (“Le immobilizzazioni materiali qualificate come "beni di valore culturale, storico, artistico, museale" non vengono assoggettate ad ammortamento, perchè tendono a non perdere valore nel corso del tempo”).
Il presupposto per la qualificazione di un bene immobile quale “bene di valore culturale, storico, artistico, museale” è stato individuato dall’Università nella dichiarazione di interesse storico artistico da parte del Mibac, con apposito decreto ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. 42/2004 (e/o dichiarazione o atto di contenuto analogo ai sensi delle discipline previgenti).
Si chiede conferma della correttezza di tale impostazione, al fine di confermarla nel redigendo Manuale di contabilità dell’Ateneo.
Il quesito riguarda, in generale, se anche gli immobili possano essere qualificati come beni di valore culturale ecc e, in particolare, se tale qualità debba essere ravvisata con modalità e contenuti specifici (rispetto ad es. ai beni mobili), in considerazione delle caratteristiche certamente peculiari di tali beni (quanto a dimensioni, valore e, soprattutto, modalità di gestione, modalità di utilizzo, ecc). Da un lato, la motivazione “…perchè tendono a non perdere valore nel corso del tempo” potrebbe essere intesa in modi e intensità diversi con riferimento ai fabbricati. Dall’altro il principio OIC16 fa riferimento più sintetico e apparentemente più limitativo alle “opere d’arte”.
A tale dubbio è collegato quello riguardante la (eventuale e più o meno intensa) “strumentalità” di tali beni immobili di interesse storico.
Nella sezione “Procedimento di ammortamento del valore” (pag. 8) dello “Schema di manuale tecnico operativo - II versione” viene specificato che “Il D.I. n. 19/2014 prevede altresì che le immobilizzazioni materiali qualificate come “beni di valore culturale, storico, artistico, museale” non vengono assoggettate ad ammortamento, perché tendono a non perdere valore nel corso del tempo. Tuttavia si deve ritenere coerente all’esigenza di rappresentare correttamente gli effetti economici che ne derivano, che il costo di acquisto e delle eventuali manutenzioni, anche straordinarie su tali beni, quando gli stessi vengono utilizzati come strumentali nello svolgimento dell’attività dell’ente, debba essere imputato a conto economico direttamente o attraverso l’imputazione di apposite quote di ammortamento in misura da determinare in riferimento alla durata utile dell’intervento e della categoria di appartenenza dello stesso bene”.
In relazione alla “strumentalità”, si evidenzia che gli immobili universitari sono solitamente utilizzati per le attività istituzionali dell’ente. Si chiede se questo utilizzo: (i) comporti sempre ed in via generale l’ammortamento del bene in quanto strumentale; (ii) sia suscettibile di graduazione, in relazione all’intensità della strumentalità ai fini di escludere o meno l’ammortamento; (iii) oppure sia da porre in rapporto di bilanciamento con l’interesse storico-artistico più o meno intenso (con il prevalere dell’una o dell’altra disciplina a seconda della maggior intensità dell’una o dell’altra caratteristica).
Alla questione della strumentalità (ed alla sua soluzione) è connessa la questione della disciplina dell’ammortamento degli interventi/lavori incrementativi su tali beni.
Ai sensi ancora dell’art. 4, lett. b. del decreto 19/2014 “i costi di manutenzione straordinaria (ampliamento, ammodernamento o miglioramento), cui è connesso un potenziamento della capacità produttiva o di sicurezza del bene o del prolungamento della vita utile, sono portati ad incremento del valore del bene cui ineriscono e poi ammortizzati”.
Nel caso in cui la manutenzione straordinaria incrementativa riguardi un bene non ammortizzabile (perché di valore storico artistico) ne risulta che nemmeno tale intervento (tale aumento di valore) venga ammortizzato. Si chiede conferma della correttezza di tale modo di operare oppure se: (i) gli incrementi su beni non ammortizzabili debbano in ogni caso essere ammortizzati (con la difficoltà derivante in questo caso dal dover prevedere regole diverse di ammortamento all’interno di una stessa categoria dello stato patrimoniale e dell’applicativo di gestione contabile); (ii) si debba distinguere tra manutenzioni straordinarie incrementative che abbiano specifico carattere di strumentalità o riguardino parti dell’immobile di valore culturale che siano espressive o maggiormente rilevanti a riguardo della strumentalità del medesimo (quand’anche la “parziale” strumentalità non rendesse l’immobile di valore culturale in sé ammortizzabile) ed assoggettare solo queste ad ammortamento.
La questione della strumentalità assume rilievo anche con riferimento a beni mobili. Premesso che attualmente l’Università considera beni “di valore culturale, storico, artistico, museale” quelli per i quali vi sia stata una dichiarazione/attestazione da parte dell’autorità preposta (Soprintendenza) di contenuto e con forma prevista dalla normativa in materia (schede descrittive; inserimento in apposito elenco) in modo che ne risulti la qualificazione di beni culturali ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. 42/2004 (e/o ai sensi delle discipline previgenti), anche per tali beni si pone il dubbio circa il contenuto e le modalità dell’accertamento di un loro utilizzo strumentale per le attività istituzionali dell’ente. Fatte salve quelle opere per cui tali problematiche non si pongono in maniera rilevante (sculture, dipinti, ecc) vi è una grande varietà di tipologie quali arredi, librerie, armadi, tavoli, scrivanie, lampadari, ecc di cui – nonostante l’attestazione del valore culturale, storico, artistico – talora si fa un qualche utilizzo.
Si segnala che per quanto riguarda i beni (anche immobili) di terzi (quindi non presenti nello stato patrimoniale dell’Università), anche qualora si tratti di beni di valore culturale, gli incrementi su di essi vengono iscritti tra le immobilizzazioni immateriali ed assoggettati in ogni caso ad ammortamento.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
L'art. 4, comma 1, lett b) del D.I. 14 gennaio 2014, n. 19, recita che "... il costo delle immobilizzazioni materiali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio, tenendo conto della residua possibilità di utilizzo."
La residua possibilità di utilizzazione non è legata alla “durata fisica” dell’immobilizzazione, bensì alla sua “durata economica”, cioè al periodo in cui si prevede che il cespite sarà utile all'organizzazione; i due concetti sono comunque, di norma, correlati tra loro.
A sua volta, la vita utile è stimata ipotizzando che in futuro saranno sostenuti solo i costi di manutenzione necessari per mantenere la capacità di partecipazione alla produzione del reddito ad un livello pari a quello esistente al momento in cui è effettuata la stima (cfr, OIC 16 "Immobilizzazioni materiali").
Trattando delle immobilizzazioni materiali, lo stesso art. 4, comma 1, lett b) del D.I. 14 gennaio 2014, n. 19 stabilisce che "le immobilizzazioni materiali qualificate come "beni di valore culturale, storico, artistico, museale" non vengono assoggettate ad ammortamento, perché tendono a non perdere valore nel corso del tempo".
Si ritiene che per non assoggettare ad ammortamento l'immobilizzazione non sia sufficiente la sola qualificazione della stessa alla stregua di "bene di valore culturale, storico, artistico o museale", ma che sia al contrario necessario anche il requisito della durata economica "perpetua" dell'immobilizzazione stessa, il cui valore economico deve tendere quindi a non diminuire nel corso del tempo.
Venendo al caso concreto, il fabbricato, pur essendo stato dichiarato di interesse storico, perde naturalmente valore (NB: ci si riferisce sempre al valore "economico" e non a quello commerciale o di mercato) nel corso del tempo per effetto dell'usura, tanto più se il fabbricato stesso è strumentale all'attività istituzionale dell'Ateneo. Si ritiene quindi che anche i fabbricati per i quali è stato attestato un valore "storico" debbano essere assoggettati ad ammortamento, utilizzando le aliquote stabilite dalla normativa contabile e civilistica applicabile all'Università.
I costi sostenuti per le migliorie apportate ai beni in argomento, cui è connesso un allungamento della loro vita utile, sono portati ad incremento del valore dei beni stessi e poi ammortizzate, come previsto dalla normativa vigente.
L'assoggettamento ad ammortamento dei beni mobili di valore culturale, storico, artistico o museale è correlato alla strumentalità dei beni stessi all'attività istituzionale; infatti, la strumentalità del bene implica di norma l'usura dello stesso nel corso del tempo, con conseguente progressiva diminuzione della sua vita utile; anche per i beni mobili, come detto in relazione ai beni immobili, non è quindi sufficiente la sola "attestazione" di valore storico o culturale del bene a determinare che lo stesso non perda il proprio valore economico nel tempo, e che non debba quindi essere soggetto ad ammortamento.
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GENOVA |
28/07/2017 |
Sintesi del quesito: si chiede se l’Università (nella qualità di superficiaria) debba indicare l’immobile sul quale ha acquisito diritto di superficie a tempo determinato (proprietà superficiaria di un fabbricato) nei conti d’ordine come immobile di terzi a disposizione oppure se debba iscriverlo nello stato patrimoniale; ed in questo secondo caso se debba iscriverlo tra le immobilizzazioni materiali oppure immobilizzazioni immateriali. Dalla soluzione dipendono anche conseguenze diverse riguardo all’iscrizione ed ammortamento degli interventi incrementativi del valore che l’Università esegue sul medesimo immobile.
Infine, trattandosi di bene di rilevante interesse storico artistico, altre questioni sono considerate in separato quesito.
L’Università di Genova aveva acquisito nel 2001 il diritto di superficie (proprietà superficiaria) su di un immobile, sul quale ha realizzato e realizza consistenti opere. Il diritto è a tempo determinato (50 anni).
In occasione della redazione del primo stato patrimoniale, l’edificio è stato indicato nei conti d’ordine; ciò anche in applicazione delle disposizioni del decreto interministeriale 19 del 14/01/2014 ed in particolare all’art. 5.
Permangono tuttavia alcuni dubbi da parte degli Uffici sulla più corretta trattazione contabile di tale diritto reale. In particolare il dubbio attiene all’eventuale iscrizione nello stato patrimoniale (anziché all’indicazione nei conti d’ordine) ed in tal caso tra le immobilizzazioni materiali (del fabbricato) oppure immateriali (del diritto).
Anche al fine di disciplinare l’argomento nel redigendo manuale di contabilità si ritiene di porre quesito alla Commissione.
Di seguito le disposizioni/indicazioni considerate nell’esame della questione.
• Schema di manuale tecnico operativo - II versione in consultazione.
Lo schema del MTO non tratta direttamente la questione. Tuttavia, in alcuni passaggi, sembra talora presupporsi una distinzione tra i diritti reali di godimento di un bene e quelli non reali ai fini della capitalizzazione (si veda ad es., nella sezione in cui si tratta delle liberalità: punti “d. Liberalità in beni immobili”; “g. Altre liberalità per diritti non reali di godimento dei frutti derivanti da beni mobili, immobili e diritti”).
• Decreto 14 gennaio 2014, n. 19 (Principi contabili e schemi di bilancio in contabilità economico-patrimoniale per le università).
Il decreto interministeriale contiene indicazioni che lette in combinazione tra loro appaiono di univoca lettura, per cui si era adottata la soluzione sopra indicata (indicazione dell’immobile in proprietà superficiaria a tempo determinato nei conti d’ordine):
Art. 5 - Criteri di predisposizione del primo Stato Patrimoniale.
“[…] b) Immobili e terreni di terzi a disposizione: sono iscritti al valore di acquisto ovvero, se non disponibile, al valore catastale. Il relativo valore va imputato nei conti d'ordine, salvo i casi in cui l'ateneo non abbia diritti reali perpetui su tali beni; in quest'ultimo caso anche il valore di tali immobili va imputato tra le immobilizzazioni”.
Art. 4 - Principi di valutazione delle poste.
“Le voci di Stato Patrimoniale ed i relativi principi di valutazione sono:
a. Immobilizzazioni immateriali
[…] I costi sostenuti per le migliorie e spese incrementative su beni di terzi a disposizione dell'ateneo (affitto, leasing, uso, godimento, diritti di superficie, ecc.) sono capitalizzabili ed iscrivibili in questa voce se le migliorie e le spese incrementative non sono separabili dai beni stessi”.
Da queste disposizioni risulterebbe che il diritto di superficie sia accomunato con altri diritti in una medesima tipologia dei “beni di terzi a disposizione dell’ateneo” e dalla medesima disciplina ai fini della rappresentazione (il bene non è capitalizzabile; l’incremento su tale bene è capitalizzabile).
• Principi contabili OIC (16, 22, 24).
Dalla lettura dei principi contabili non si sono rilevate indicazioni chiare ed univoche sulla questione. Pertanto, stante l’indicazione sufficientemente precisa del decreto interministeriale (rivolta a fattispecie specifiche ed alle Università, laddove i principi OIC hanno invece applicazione più generale e non forniscono sulla questione indicazioni specifiche), si è ritenuto di adottare e mantenere fino ad oggi l’impostazione sopra indicata.
Si evidenzia che la soluzione adottata su tale questione potrebbe avere ripercussione anche sulla trattazione contabile (rappresentazione e ammortamento) degli interventi/lavori incrementativi sull’immobile in proprietà superficiaria; su tale argomento connesso viene proposto altro quesito riguardante i “beni di valore culturale” e l’eventuale “strumentalità” dei medesimi.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Il diritto di superficie è inquadrato tra i diritti reali di godimento della cosa altrui, ed è disciplinato agli artt. 952-956 del Codice Civile.
All'art. 952 è disciplinata la costituzione del diritto di superficie: "Il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà. Del pari si può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo".
Il successivo articolo 953 prevede che, in caso di costituzione del diritto a tempo determinato, "... allo scadere del termine il diritto di superficie si estingue e il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione"; tale principio è valido sia per le costruzioni erette ex novo dal superficiario sul suolo del concedente, sia per quelle già esistenti sul suolo di proprietà di quest'ultimo e cedute "temporaneamente" al superficiario.
La costituzione di un diritto di superficie a tempo determinato non è quindi assimilata alla cessione della proprietà del bene immobile costruito o costruendo; al contrario, con il diritto di superficie a tempo indeterminato viene acquisita la proprietà dell'immobile, ma non quella del suolo che resta in capo al soggetto concedente.
Tanto premesso, si ritiene che qualora l'Università sia concessionaria di un diritto di superficie a tempo determinato, il valore del fabbricato debba essere iscritto tra i conti d'ordine dello stato patrimoniale; di conseguenza, i costi sostenuti dall'Università per migliorie e spese incrementative sul fabbricato in esame, quando non separabili dallo stesso, debbono essere iscritti nell'attivo dello stato patrimoniale alla voce A) - I - 5), e ammortizzati nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo derivante dal contratto di superficie.
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BASILICATA |
31/05/2017 |
Nel paragrafo sul patrimonio netto del manuale operativo II versione, viene riportata la seguente proposizione: “Si osserva inoltre che le riserve vincolate ex COFI, che – come ricavi – abbiano garantito un risultato tendenziale in pareggio nel budget, devono comunque essere rilevate a consuntivo come ricavi (indipendentemente dal verificarsi o meno delle condizioni del punto n. 2) di cui sopra), quando il risultato del bilancio di esercizio evidenzi una perdita”.
Si può chiarire meglio, sul piano pratico, il significato della proposizione? Essa implica che nel caso in cui i costi di esercizio superino i ricavi, la differenza negativa, in mancanza di riserve libere, deve essere coperta mediante l’imputazione a ricavo di riserve vincolate di pari importo? E che conseguentemente queste ultime perderebbero, nei limiti dell’importo imputato a ricavo, il loro vincolo di destinazione?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
In primo luogo si osserva che il MTO II versione, pubblicato sul sito ba.miur, costituisce documento in bozza per uso consultazione e rispetto alla versione ufficiale che scaturirà successivamente all’approvazione del Decreto Interministeriale MIUR – MEF, modificativo del D.I. n. 19/2014, potrebbe contenere modifiche.
In ogni caso, in linea con i principi del D.I. n. 19/2014 nella versione attualmente in vigore e di quella che scaturirà dopo l’intervento modificativo, nonché con i principi illustrati nella bozza in consultazione del MTO II versione è possibile formulare risposta al quesito proposto.
Nel caso in cui in sede di predisposizione del budget, ed ai fini del rispetto dell’equilibrio dello stesso, venisse previsto l’utilizzo di riserve ex COFI, con rappresentazione nella voce “Utilizzo di riserve di patrimonio netto derivanti dalla contabilità economico patrimoniale“, a margine del budget economico e, successivamente, in sede di redazione del bilancio dello stesso esercizio venisse rilevata una perdita, viene precisato che devono essere utilizzate prioritariamente, per la copertura della perdita stessa, le medesime riserve ex COFI che avevano trovato rappresentazione per copertura preventiva nel budget economico, in misura almeno corrispondente all’ammontare ivi indicato necessario alla copertura della perdita di esercizio.
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BASILICATA |
31/05/2017 |
Nel paragrafo sul patrimonio netto del MTO II versione, viene riportata la seguente proposizione: “Per le riserve vincolate provenienti dalla COFI il mancato impiego e la riclassificazione, per decisione degli organi istituzionali, in altre poste non vincolate, non comporterà il venire meno dell’impiego quali ricavi della COEP (come illustrato anche nel seguito) ….”
La proposizione deve essere interpretata nel senso che le riserve vincolate di provenienza COFI, anche se riclassificate nelle riserve non vincolate per effetto della rimozione del vincolo da parte degli organi di governo, potranno comunque essere utilizzate come ricavi COEP in un momento successivo a copertura dei costi di competenza?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
In primo luogo si osserva che il MTO II versione, pubblicato sul sito ba.miur, costituisce documento in bozza per uso consultazione e rispetto alla versione ufficiale che scaturirà, successivamente all’approvazione del Decreto Interministeriale MIUR – MEF, modificativo del D.I. n. 19/2014, potrebbe contenere modifiche.
In ogni caso, in linea con i principi del D.I. n. 19/2014 nella versione attualmente in vigore e di quella che scaturirà dopo l’intervento modificativo, nonché con i principi illustrati nella bozza in consultazione del MTO II versione è possibile formulare risposta al quesito proposto.
Il MTO seconda edizione alla sezione “Patrimonio Netto” – “Commenti della commissione” - “Impianto del primo Stato Patrimoniale” disciplina il trattamento contabile delle riserve ex COFI prevedendo, in via del tutto transitoria, un trattamento particolare dell’utilizzo delle riserve (vincolate) derivanti dal passaggio dalla contabilità finanziaria alla contabilità economico patrimoniale.
In particolare, il focus è posto sulle risorse iscritte nelle poste di patrimonio vincolato (A-II PATRIMONIO VINCOLATO) derivanti dai residui passivi, nonché dalle economie confluite nell’avanzo di amministrazione, alla chiusura dell’ultimo esercizio COFI.
Per tali fattispecie, e fino al loro esaurimento, è previsto che:
-possono essere considerate nella costruzione del budget economico del primo e dei successivi esercizi COEP, data la previsione contenuta nell’art. 5, comma 1, lettera g) del DI n. 19/2014;
-sono rilevate, mediante iscrizione di ricavi da utilizzo delle riserve, correlati ai costi che verranno sostenuti a carico degli esercizi con gestione COEP, ma solo fino al loro esaurimento.
Per quanto attiene l’avanzo libero derivante dalla gestione ex COFI, è specificato che lo stesso trova collocazione nella voce “Risultati gestionali relativi ad esercizi precedenti” (A-III-2); quindi senza la possibilità di applicare la previsione specifica riservata alle le poste di patrimonio vincolato derivanti dalla gestione ex COFI .
Ciò premesso, si conferma che qualora il vincolo per il quale il fondo è stato costituito dovesse venire meno, o le somme non fossero impiegate nell’anno di competenza (anche se inizialmente inserite nel budget per dare allo stesso l’equilibrio richiesto dalla norma), la riserva potrà essere, mantenuta, liberata e/o riclassificata, per decisione degli organi istituzionali, con apposita rilevazione contabile di permutazione, fra le voci di patrimonio netto di provenienza all’atto della classificazione nello SPI o altra a scelta del organo amministrativo. L’operazione descritta non comporterà il venire meno dell’impiego quali ricavi della COEP negli esercizi successivi.
Resta fermo che l’Ateneo dovrà dare ampio risalto delle variazioni all’interno della Nota integrativa del bilancio di esercizio anche al fine di garantire un attento monitoraggio delle risorse rispetto alla loro condizione di origine desumibile dalla predisposizione dello SPI nella fase d’impianto della COEP.
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BASILICATA |
31/05/2017 |
L’ateneo gestisce contabilmente i progetti di ricerca pluriennali a finanziamento esterno applicando il criterio del costo (commessa completata). Nel corso dell’esercizio giungono a conclusione progetti che generano margini positivi, dati dalla differenza tra i ricavi e i costi correlati imputati a conto economico.
È prassi dell’ateneo, attraverso apposita autorizzazione del CdA, destinare i margini suddetti al finanziamento di progetti di ricerca interni (ricerca autofinanziata), solitamente di durata pluriennale. È corretto, alla fine dell’esercizio, essendo in corso i progetti autofinanziati, iscrivere nei risconti passivi la parte dei margini così destinati che non è stata ancora utilizzata e lo sarà negli esercizi successivi in relazione all’avanzamento dei progetti?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Si ritiene che la fattispecie produca, dal punto di vista economico e patrimoniale, gli stessi effetti sostanziali di quella del quesito n. 2. Si rimanda alla risposta contenuta nel medesimo quesito n. 2 ribadendo la non correttezza, anche in questo caso, della iscrizione della parte dei c.d. “margini” di risorse non utilizzate (ricavi residui non correlati), fra i risconti passivi alla chiusura dell’esercizio.
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BASILICATA |
31/05/2017 |
Nell’ateneo è prassi destinare, in sede di bilancio unico di previsione, parte dei ricavi di competenza originati dall’acquisizione di risorse non vincolate (FFO e tasse studenti) per la realizzazione di progetti di ricerca affidati ai dipartimenti, di durata pluriennale (biennale o triennale). È corretto, alla fine dell’esercizio, essendo i progetti in corso, iscrivere nei risconti passivi la parte delle suddette risorse che non sono state ancora utilizzate – dunque non hanno generato costi di competenza – e lo saranno negli esercizi successivi in relazione all’avanzamento dei progetti, in aderenza alla Raccomandazione n. 2/2002 sugli enti non profit adottata dal CNDC, richiamata dal MTO II versione per quanto attiene alle liberalità vincolate dagli organi di ateneo?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Il quesito tratta e riunisce in un unico contesto varie fattispecie e problematiche fra di loro diverse quali ad esempio:
-La rilevazione dei ricavi per competenza (contributi ministeriali, tasse studenti e liberalità)
-La valutazione di commesse di ricerca
-L’utilizzo di riserve di patrimonio
-La differenza di approccio fra bilancio preventivo e consuntivo
Le risposte ai diversi punti sono già contenute nel MTO negli argomenti a cui si riferiscono.
In linea di principio la presenza di ricavi dell’esercizio (come i contributi del FFO non finalizzati e le tasse e contributi studenti) non ammette la generazione di risconti passivi dal momento che si tratta di ricavi di competenza.
Il ricavo di competenza originato dall’acquisizione di risorse non vincolate deve concorrere alla formazione del risultato economico di esercizio in base al principio di competenza economica, a nulla rilevando la destinazione a progetti di più lunga durata eventualmente definita dall’ateneo.
Il risultato, così ottenuto, dopo essere stato oggetto di approvazione e iscrizione nel patrimonio netto non vincolato fra i risultati degli esercizi precedenti, potrà essere destinato a Riserve vincolate di Patrimonio netto per la realizzazione di progetti specifici definiti dagli organi istituzionali con apposita delibera.
Sulle modalità di destinazione e utilizzo delle Riserve di Patrimonio netto si invita alla consultazione della Nota tecnica n. 2/2017 pubblicata sui siti di cui sopra nella sezione Lavori Commissione – Note Tecniche.
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BASILICATA |
31/05/2017 |
Con riferimento alla voce AII 1) del patrimonio vincolato – Fondi vincolati destinati da terzi, dal MTO II versione si evince che negli esercizi gestiti in regime COEP possono essere rilevate in tale posta del patrimonio netto soltanto le liberalità vincolate in modo permanente. Si conferma questa interpretazione?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
In primo luogo si osserva che il MTO II versione, pubblicato sui siti ba.miur.it e coep.miur.it, costituisce un documento in bozza per l’apertura della fase di consultazione ed osservazioni da parte degli atenei e che pertanto la versione ufficiale e definitiva che scaturirà successivamente all’approvazione del Decreto Interministeriale MIUR – MEF, modificativo del D.I. n. 19/2014, potrebbe contenere delle modifiche.
In ogni caso, in linea con i principi del D.I. n. 19/2014 nella versione attualmente in vigore ed in quella che scaturirà dopo l’intervento modificativo, nonché con i principi illustrati nella bozza in consultazione del MTO II versione è possibile formulare la risposta al quesito proposto.
La bozza di MTO seconda edizione, alla sezione “Patrimonio Netto” – “Commenti della commissione”, nel richiamare preliminarmente la composizione del patrimonio netto, così come definita dal D.I. n. 19/2014 all’art. 4, comma 1, lettera h), esplicita in modo chiaro i contenuti di ciascuna voce.
Con riferimento alla voce A –II- 1) “Fondi vincolati da terzi”, viene specificato che è composta “… dall’ammontare delle somme derivanti da erogazioni, donazioni, lasciti testamentari o altre liberalità, vincolate nella finalità e/o nell’utilizzo per scelta del terzo donatore, rilevate nella posta tempo per tempo. Tali fondi trovano collocazione fra le riserve di patrimonio netto quando derivino da liberalità permanentemente vincolate e il valore del contributo non è destinato alla copertura di costi d’esercizio o all’acquisto di beni strumentali durevoli soggetti ad ammortamento.”
Ciò premesso, si conferma che la voce del patrimonio netto in parola accoglie esclusivamente le somme espressamente previste nell’elencazione che precede e le indicazioni di cui sopra, al fine della corretta rappresentazione delle erogazioni disposte da terzi, devono trovare correlazione con le prescrizioni contenute nella casistica “liberalità” dello stesso MTO seconda edizione.
Eventuali liberalità con vincoli temporanei, erogate per finanziare la copertura di un costo, quale ad esempio per borse di studio o attività a favore degli studenti, devono invece essere iscritte come ricavo in base al principio della competenza economica e correlate al momento di rilevazione del costo.
A mero titolo di esempio, una liberalità con vincolo di destinazione all’acquisto di beni strumentali ammortizzabili, verrà registrata fra i proventi nell’anno di incasso (come suggerito nella casistica del MTO) o di attribuzione (se sussistono le condizioni specifiche per l’iscrizione del credito – art. 4, co.1, lett. e del D.I. n. 19/2014), quindi riscontata in ragione del periodo di ammortamento del cespite a cui si riferisce, in modo che la quota di ricavo di competenza corrisponda al costo dell’ammortamento dell’anno (con impiego della voce risconti passivi).
Una teorica eccezione a tale principio potrebbe consistere in una liberalità con vincolo temporaneo la cui realizzazione non genera né costi, né investimenti, ma solo un comportamento o un adempimento non monetario da parte dell’ateneo. E’ il caso, a titolo di esempio, dell’intitolazione al donatore di uno spazio fisico già esistente o di un centro di ricerca, etc.
Appare evidente che, in questo caso, si sarebbe in presenza di un patrimonio permanentemente nelle disponibilità dell’ateneo a fronte di un vincolo temporaneo la cui realizzazione non genera effetti dal punto di vista economico.
Si ritiene che in tali casi prevalga la natura del patrimonio ricevuto in liberalità rispetto a quella del vincolo non economico posto dal donante e siano pertanto equiparabili alle liberalità con vincoli permanenti. Solo in questi casi, che dovranno essere adeguatamente motivati e circoscritti, nonché formalmente approvati dal Consiglio di Amministrazione, potrà essere adottato il “trattamento contabile alternativo consentito” descritto nel MTO II versione al punto 2. lettera d).
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UDINE |
31/05/2017 |
Con riferimento allo schema da utilizzare per il bilancio consolidato, si chiede conferma sul fatto che il modello previsto dall'allegato 1 del D.I. 248/2016 (limitato alle macrovoci delle categorie dello SP e del CE) non necessiti di essere dettagliato secondo l'articolazione prevista negli schemi di SP e CE di cui all'allegato 1 del D.I. 19/2014.
Grazie.
Leggi Risposta
Nella predisposizione del bilancio consolidato si conferma l'utilizzo delle macrovoci di cui agli schemi allegati al D.I. 248/2016.
Distinti Saluti
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FERRARA |
16/05/2017 |
Con riferimento alla nota Miur in oggetto e all’allegato 3 del D.M. 998 del 29 dicembre 2016 in cui sono indicati i criteri da applicarsi per la definizione degli importi a carico delle singole Università, chiediamo conferma della corretta interpretazione al fine di procedere correttamente alla registrazione delle scritture contabili.
L’importo di cui al CRITERIO 1 si dovrebbe configurare come una restituzione di fondi destinata all’edilizia universitaria assegnati e trasferiti e non utilizzati, che viene recuperata mediante trattenuta (unicamente finanziaria) sul trasferimento di competenza economica del FFO 2016. Quindi per questo importo andrebbe registrata una scrittura di costo (tipo “rimborsi e restituzioni” in B-XII) @ debiti v/ Miur e si andrebbero poi ad associare gli ordinativi. Il costo imputato a conto economico dovrebbe essere compensato dal ricavo da risconto passivo (se correttamente iscritto per la parte di fondi non utilizzati). La competenza economica dovrebbe essere dell’esercizio 2017, essendo la nota Miur del 2017. E’ corretto?
L’importo di cui al CRITERIO 2 non si configura invece per le Università come una vera restituzione di fondi precedentemente assegnati, ma abbiamo il dubbio se debba essere interpretata:
1) Come una sorta di “tassa” che, come nel caso precedente, viene recuperata mediante trattenuta (unicamente finanziaria) sul trasferimento di competenza economica del FFO 2016 lasciando inalterata l’assegnazione del FFO 2016 riportata nelle tabelle del D.M. 998 del 29 dicembre 2016. Contabilmente andrebbe registrata una scrittura di costo (tipo “versamenti al bilancio dello Stato” in BXII) @ debiti v/ Miur e si andrebbero poi ad associare gli ordinativi. In questo caso non ci sarebbe nessun risconto passivo quindi il costo inciderebbe effettivamente sul conto economico. Come nel caso precedente, la competenza economica dovrebbe essere dell’esercizio 2017, essendo la nota Miur del 2017.
2) Come una riduzione dell’assegnazione del FFO 2016 in termini DI COMPETENZA modificando l’assegnazione del FFO 2016 riportata nelle tabelle del D.M. 998 del 29 dicembre 2016. In questo caso si dovrebbe procedere alla riduzione del credito verso il Miur relativamente al FFO 2016 e contestualmente andrebbe ridotto il ricavo nell’esercizio 2016 (per le Università che non hanno ancora approvato il bilancio di esercizio 2016) ovvero andrebbe registrato il costo per perdita su credito nell’esercizio 2017 (per le Università che hanno già approvato il bilancio di esercizio 2016).
Leggi Risposta
In merito al quesito proposto si osserva preliminarmente che le somme oggetto di recupero, relativi agli anni dal 1998 al 2008, derivano dall’applicazione dell’art. 1, commi da 628 a 630, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità 2016), risultanti dall’allegato 3 dell’articolo 4 (recupero una-tantum risorse edilizia universitaria) del Decreto ministeriale 29 dicembre 2016, n. 998.
Quest’ultima disposizione, cui hanno fatto seguito la nota ministeriale 31 gennaio 2017 prot. n. 1378 e le singole comunicazioni destinate a ciascun ateneo dell’aprile 2017, stabilisce che le somme per il recupero delle risorse di edilizia universitaria in applicazione della Legge di Stabilità 2016 sono prelevate dalla somma delle assegnazioni di cui agli articoli 2 e 3 del Decreto Ministeriale 6 luglio 2016, n. 552, alle Università e alle Istituzioni Universitarie ad ordinamento speciale, secondo le modalità previste nell’allegato 3 al Decreto ministeriale n. 998/2016.
L’allegato 3 riporta il recupero applicabile a ciascun ente suddiviso in due distinte voci: recuperi edilizia e recupero importo residuo arrotondato, entrambe in riduzione dell’erogazione del FFO 2016.
L’ammontare dei recuperi delle risorse di edilizia universitaria non impegnate, di cui alla prima colonna della tabella 7 di cui all’allegato 3, corrisponde all’importo disponibile nel bilancio di ciascun ente, in quanto non già effettivamente impegnato al 31 dicembre 2015 secondo le specifiche contenute nella nota ministeriale prot. 1378/2016, a valere sulle risorse assegnate nel periodo 1998/2008.
Invece l’ammontare dei recuperi operati in modo proporzionale a carico di tutti gli enti, a valere sull’assegnazione del FFO 2016, trova indicazione nella seconda colonna dell’allegato 3.
Agli effetti della rilevazione in contabilità e della rappresentazione nel bilancio di esercizio degli enti è necessario operare alcune considerazioni introduttive.
Il recupero delle risorse di edilizia (nel quesito di cui al criterio 1), di cui alla prima colonna, non dovrebbe comportare un costo o un minor ricavo a carico del conto economico degli enti interessati, dal momento che si tratta di un recupero di risorse a suo tempo erogate per il finanziamento di spese in conto capitale; tuttavia ciò dipenderà dalla possibilità di rintracciare nelle diverse voci di ciascun bilancio, la rappresentazione delle risorse in argomento dopo la riclassificazione delle risultanze derivanti dal conto consuntivo di contabilità finanziaria (COFI), all’atto della predisposizione dello stato patrimoniale iniziale (SPI) in contabilità economico patrimoniale (COEP).
Infatti, sulla base dei principi indicati nell’art. 5, comma 1, del D.I. n. 19/2014, tali ammontari dovrebbero essere stati indicati nello SPI fra i ratei e risconti passivi e contributi agli investimenti (E-e2 contributi agli investimenti), lettera d) o fra le riserve di patrimonio netto vincolato (A-II-3 riserve vincolate per obblighi di legge), lettere g) o j), in base alla diversa collocazione nel conto consuntivo della COFI, in quanto soggetti al recupero, perché non utilizzati alla chiusura dell’esercizio 2015.
Nel caso in cui l’ente non sia in grado di rintracciare nelle voci del proprio stato patrimoniale la rappresentazione delle risorse destinate al finanziamento degli interventi in edilizia, ora soggetti al recupero, si produrranno effetti diversi rispetto a quanto prospettato in precedenza come illustrato in risposta al quesito.
Il recupero delle risorse di edilizia (nel quesito di cui al criterio 2), di cui alla seconda colonna, costituisce, invece, una effettiva riduzione del valore del FFO 2016 per ciascun ente, con impatto economico in riduzione, per la voce relativa, dei ricavi di competenza del medesimo esercizio.
Partendo dalle considerazioni che precedono, in risposta al quesito formulato, a livello contabile, deve distinguersi il comportamento da tenere in base alla diversa situazione di ciascun ente, posto che, in ogni caso, la competenza economica dell’operazione di recupero deve essere riferita all’esercizio 2016 essendo stata introdotta in quel periodo, per effetto delle disposizioni di legge di bilancio per il 2016 e della emanazione del decreto n. 998/2016.
In primo luogo possiamo avere:
1 - (situazione A) Università ed enti che devono completare il loro iter di predisposizione / approvazione del bilancio di esercizio 2016 e possono intervenire nella gestione contabile del fatto amministrativo per la relativa rappresentazione;
2 - (situazione B) Università ed enti che hanno già approvato il bilancio di esercizio 2016 e/o altri che sono nella fase conclusiva, avendo già consegnato ai propri organi il bilancio e/o avendone già completato le attività di predisposizione e l’eventuale modifica dei dati comporterebbe ritardi nell’adempimento programmato.
Situazione A
Contabilizzazione recupero somme criterio 1
Per le Università ed enti che hanno rappresentato nello SPI le somme ora soggette a recupero in riserve di patrimonio netto e/o in voci di risconti passivi per investimenti, in riferimento all’importo per il recupero delle risorse di edilizia (prima colonna criterio 1), non comportando un costo o un minor ricavo a carico del conto economico dovrà essere rilevato al 31/12/2016 come segue:
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Risconti passivi e contributi agli investimenti (E-e2) a Debiti V/MIUR (D-2) Euro XX
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Ovvero (a seconda dei casi dello SPI)
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Riserve vincolate per obblighi di legge e altro (A-II-3) A Debiti V/MIUR (D-2) Euro XX
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Debiti V/MIUR (D-2) A Crediti V/MIUR (B-II-1) Euro XX
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In sostanza l’operazione, pur andando a ridurre l’introito del FFO 2016, costituisce unicamente una compensazione a livello patrimoniale e finanziario non incidendo nella determinazione dei ricavi di competenza del FFO 2016 iscritti nel conto economico; l’ultima rilevazione comporta l’effetto di ridurre il credito verso il MIUR per estinzione del debito generato dal recupero e dalla riduzione dei risconti passivi e/o delle riserve di patrimonio vincolato.
Invece, per le Università ed enti che non possono rintracciare le voci di rappresentazione nello SPI delle risorse di edilizia ora soggette a recupero, dovranno rilevare un costo a carico del conto economico al 31/12/2016 come segue:
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Oneri diversi di gestione recupero MIUR (B-XII) a Debiti V/MIUR (D-2) Euro XX
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Debiti V/MIUR (D-2) A Crediti V/MIUR (B-II-1) Euro XX
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Contabilizzazione recupero somme criterio 2
Il recupero delle risorse di edilizia (nel quesito importo di cui al criterio 2), di cui alla seconda colonna, costituendo effettiva riduzione del valore del FFO 2016 per ciascun ente, comporterà la rilevazione di un minor ricavo a carico del conto economico e dovrà essere rilevato al 31/12/2016 come segue:
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Contributi MIUR (A-II-1) A Crediti V/MIUR (B-II-1) Euro XX
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Situazione B
Contabilizzazione recupero somme criterio 1
Per le Università ed enti che hanno rappresentato nello SPI le somme ora soggette a recupero in riserve di patrimonio netto e/o in voci di risconti passivi per investimenti, in riferimento all’importo per il recupero delle risorse di edilizia (prima colonna criterio 1), non comportando un costo o un minor ricavo a carico del conto economico dovrà essere rilevato nel corso dell’esercizio 2017 come segue:
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Risconti passivi e contributi agli investimenti (E-e2) a Debiti V/MIUR (D-2) Euro XX
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Ovvero (a seconda dei casi dello SPI)
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Riserve vincolate per obblighi di legge e altro (A-II-3) A Debiti V/MIUR (D-2) Euro XX
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Debiti V/MIUR (D-2) A Crediti V/MIUR (B-II-1) Euro XX
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L’operazione, anche se rilevata nel corso dell’esercizio 2017, ha le stesse caratteristiche della stessa rilevata o rilevabile alla chiusura dell’esercizio 2016 non andando ad interessare il conto economico.
Invece, per le Università ed enti che non possono rintracciare le voci di rappresentazione nello SPI delle risorse di edilizia ora soggette a recupero, dovranno rilevare un costo a carico del conto economico nel corso dell’esercizio 2017 come segue:
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Sopravvenienze passive recupero MIUR (E-2) a Debiti V/MIUR (D-2) Euro XX
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Debiti V/MIUR (D-2) A Crediti V/MIUR (B-II-1) Euro XX
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Contabilizzazione recupero somme criterio 2
Il recupero delle risorse di edilizia (nel quesito importo di cui al criterio 2), di cui alla seconda colonna, costituendo effettiva riduzione del valore del FFO 2016 per ciascun ente, comporterà la rilevazione di un componente straordinario, per insussistenze di attivo, a carico del conto economico e dovrà essere rilevato nel corso del 2017 come segue:
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Insussistenze di attivo per recupero MIUR (E-2) A Crediti V/MIUR (B-II-1) Euro XX
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CAGLIARI |
02/05/2017 |
Premessa
Normativa di riferimento
L’obbligo di redazione del bilancio consolidato per le Università è stabilito dall’art. 6 del Decreto legislativo n.18/2012, che, al comma 1, dispone “Le Università considerate amministrazioni pubbliche ai sensi dell’art.1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, sono tenute alla predisposizione di un bilancio consolidato in conformità alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91” e, al comma 3, prevede che “I principi contabili di consolidamento sono stabiliti e aggiornati con decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la CRUI, in conformità alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 31 maggio 2011, n.91”.
Come previsto dall’art. 18 del Decreto legislativo 31 maggio 2011 n. 91 è in corso di emanazione il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze che definirà lo schema tipo di bilancio consolidato delle amministrazioni pubbliche con le proprie aziende, società o altri organismi controllati e, inoltre, individuerà i tempi e le modalità per l’adozione e la pubblicazione dello stesso. Pertanto l’obbligo del bilancio consolidato deriva prioritariamente dalla normativa di armonizzazione contabile che discende dalla Legge 196/2009, applicabile alle Pubbliche Amministrazioni.
Una prima disciplina del bilancio consolidato delle Università è prevista dal D. I. n.248/2016, il quale, oltre a definire l’area di consolidamento e l’applicazione a partire dall’esercizio 2016, rimanda alle modalità di consolidamento stabilite dai principi OIC.
Si può però ritenere che la normativa del D.I. 248/2016 sia gerarchicamente subordinata alle previsioni del non ancora emanato Decreto del MEF che dovrebbe costituire fonte primaria di attuazione del D.lgs. 91/2011 per tutte le Pubbliche Amministrazioni.
Principi contabili
Riguardo invece ai principi contabili, nel citato D.I. 248/2016 (art 3, comma 3), è prevista l’applicazione “delle modalità di consolidamento stabilite dai principi contabili nazionali emanati dall’Organismo Italiano di contabilità”, e che (art.4, comma 1) “…i criteri di valutazione del bilancio nonché le modalità di consolidamento dovranno essere in linea con i principi contabili emanati dall’Organismo Italiano di contabilità”.
Normativa sulle partecipazioni pubbliche
Il Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n.175 “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, riporta all’art 20 che “le amministrazioni pubbliche effettuano annualmente, con proprio provvedimento, un’analisi dell’assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, ove ricorrano i presupposti di cui al comma 2, un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione”.
Tra i presupposti di cui al comma 2 dell’art 20 del D.lgs 19/08/2016 n. 175 è prevista la razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche nel caso in cui le stesse, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro.
QUESITI
Quesito 1
Il D. I. n.248/2016 stabilisce i principi contabili a cui devono attenersi le Università capogruppo, considerate PA, ai fini del consolidamento e della rappresentazione, corretta e veritiera, della situazione economica, patrimoniale e finanziaria del Gruppo “Università”, a decorrere dal 2016, cosi come definito dall’area di consolidamento.
Non essendo ad oggi ancora stato emanato il Decreto MEF (in attuazione dell’art 18 del D.lgs. 91/2011) che stabilisce i tempi e le modalità per l’adozione e la pubblicazione del bilancio consolidato, deve ritenersi la redazione del bilancio consolidato un adempimento obbligatorio per le Università già a decorrere dall’esercizio 2016?
Quesito 2 (subordinato alla risposta affermativa al quesito 1)
Il D. I. n.248/2016 rimanda ai Principi Contabili Nazionali. In merito si rileva che I’OIC 17, prevede l’esistenza di casi di esclusione dall’area di consolidamento nei casi in cui le controllate individualmente o nel loro insieme, risultino irrilevanti ai fini della rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico del gruppo.
Il principio contabile 17 a pag 10, punto 19, fornisce indicazioni sui parametri che possono essere presi in considerazione in sede di applicazione della nozione di rilevanza ai fini del bilancio consolidato.
I parametri individuati sono: “…a) l’indebitamento complessivo, b) il totale dell’attivo di stato patrimoniale, c) il totale dei ricavi intesi (normalmente) come valore della produzione, d) il totale del “Risultato prima delle imposte”.
Si riporta di seguito l’incidenza sui dati di bilancio 2015 dell’Università di Cagliari della sommatoria dei valori delle società di cui la stessa possiede una quota di partecipazione superiore al 50%.
Totale attivo 0,80%
Totale patrimonio netto 0,25%
Totale indebitamento 16,34%
Valore della produzione (totale ricavi area caratteristica e accessori) 0,40%
Risultato prima delle imposte 0,37%
Considerato che i valori percentuali di cui sopra fanno riferimento alla somma dei dati di bilancio di 5 società partecipate, pensiamo di poter affermare l’effettiva marginalità di tali valori sul bilancio della nostra Università e conseguentemente la mancanza di beneficio informativo che deriverebbe dalla redazione del bilancio consolidato.
I casi di esclusione dal bilancio consolidato previsti nell’OIC 17 si possono ritenere applicabili anche alle Università capogruppo e pertanto al nostro caso?
Quesito 3
Nel caso in cui, a seguito dell’applicazione del D.lgs 19/08/2016 n. 175 (Normativa sulle partecipazioni pubbliche), le partecipazioni dell’Università di Cagliari fossero destinate alla cessione (e conseguentemente riclassificate nell'attivo circolante dello Stato Patrimoniale già in sede di redazione del bilancio 2016) si applicherebbe l'OIC 17 che permette (a pag 16, lettera d) la possibilità di non considerare nella redazione del bilancio consolidato le " azioni o quote possedute e destinate fin dall'inizio a una successiva alienazione"?
Leggi Risposta
Di seguito le risposte ai quesiti.
RISPOSTA AL QUESITO n. 1
Per formulare risposta al primo quesito è necessario e funzionale operare alcune considerazioni preliminari derivanti dai principi normativi oggetto del Decreto Interministeriale n. 248 dell’11 aprile 2016 “Schemi di bilancio consolidato delle Università”.
La disciplina del bilancio consolidato delle Università è, infatti, prevista dal D.I. n. 248/2016, il quale, oltre a definire l’area di consolidamento, ribadendo quanto già disposto dal D. Lgs. 18/2012, ne stabilisce l’applicazione a partire dall’esercizio 2016, richiamando le modalità di consolidamento stabilite dai principi OIC.
In particolare l’art. 2, comma 1 del D.I. n. 248/2016, in corretta adesione alle prescrizioni dell’art. 6 del D.Lgs. 18/2012, prevede l’ambito di applicazione della norma, stabilendo al successivo art. 3 i principi contabili a cui devono attenersi le Università capogruppo, considerate PA, ai fini del consolidamento e della rappresentazione, corretta e veritiera, della situazione economica, patrimoniale e finanziaria del “Gruppo Università”, a decorrere dal 2016, così come definito dall’area di consolidamento
Si evidenzia che il D.I. n. 248 indica la decorrenza di applicazione dei principi (dal 2016), ma non indica la tempistica di adozione e approvazione, nonché di pubblicazione del bilancio consolidato, che, invece, saranno definiti dal Decreto MEF di attuazione dell’art. 18 del D.lgs. 91/2011.
L’emanando Decreto del MEF potrà, pertanto, trovare applicazione solo ed esclusivamente per quanto non espressamente disciplinato dalla normativa speciale.
Quindi, riassumendo, compete:
- al D.I. n. 248/2016 stabilire i principi contabili di consolidamento a decorrere dal 2016 fissando il relativo schema di bilancio consolidato;
- all’atteso Decreto MEF (in attuazione dell’art. 18 del D.lgs. 91/2011), stabilire tempi di adozione e modalità di pubblicazione.
Tutto ciò posto, dalla ricostruzione normativa operata, si può di conseguenza ritenere che l’obbligo di approvazione del bilancio consolidato per le università statali si applichi inequivocabilmente a decorrere dall’esercizio 2016, ma, transitoriamente, in assenza di uno specifico termine, le Università, dopo aver provveduto all’approvazione del bilancio di esercizio 2016 nei termini previsti dalla Legge vigente, potranno ottemperare a tale ulteriore obbligo del bilancio consolidato, non appena risulteranno nella condizione di poter procedere avendo la disponibilità dei dati dei bilanci dello stesso esercizio 2016, da consolidare, approvati dai soggetti appartenenti al “gruppo Università”, secondo procedure, criteri e principi indicati nel D.I. n. 248/2016.
RISPOSTA AL QUESITO n. 2
L’art. 1, comma 1, lettera c) del D.I. n. 248/2016 individua in modo tassativo il perimetro di consolidamento nel quale rientrano i seguenti soggetti quali a) fondazioni universitarie istituite ai sensi dell’articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni; b) società di capitali controllate dalle università ai sensi del codice civile; c) altri enti nei quali le università hanno il potere di esercitare la maggioranza dei voti nell’assemblea dei soci; d) altri enti nei quali le università possono nominare la maggioranza dei componenti degli organi di amministrazione.
Il concetto di “rilevanza”, portato dall’OIC n. 17, ispira invece la compilazione del bilancio consolidato in ambito privatistico e societario.
La filosofia della norma vede riferire il consolidamento dei dati del bilancio degli atenei statali ai propri enti partecipati attraverso l’ambito delimitato dall’area di consolidamento del D.I. 248/2016 derivato dal Decreto legislativo 18/2012.
Sembra chiaro che non vi può essere, ed è corretto che non ci sia (alla luce della norma), coincidenza fra dati riportati fra le immobilizzazioni finanziarie e quelli che alimentano il bilancio consolidato, in quanto:
- tali soggetti, se costituiti in forma societaria di capitali rif. lett. b), verranno consolidati solo se controllati ai sensi del codice civile, quindi nel consolidato non confluiranno le società in cui l’università non detiene partecipazioni di controllo (art. 2359 c.c.);
- le fondazioni universitarie rif. lett. a), rientreranno sempre nel consolidamento anche se la loro partecipazione non è rilevata fra le immobilizzazioni finanziarie dell’ateneo stante l’impossibilità giuridica di ottenere il rimborso di tutti o parte dei conferimenti al fondo di dotazione (ovviamente ove il divieto risulti dallo statuto);
- altri soggetti costituiti non in forma societaria (ad esempio Consorzi), presso i quali l’ente detenga una partecipazione maggioritaria, ma che non possa comunque determinare effetti di controllo e neppure condizioni dominanti nelle decisioni assembleari rif. lett. c) e/o nella nomina degli organi rif. lett. d), non verranno consolidati, ma la loro partecipazione è riportata nel bilancio fra le immobilizzazioni finanziarie sussistendone i presupposti;
- altri soggetti costituiti non in forma societaria (ad esempio Consorzi, associazioni, ecc.), presso i quali l’ente possa risultare titolare di condizioni dominanti nelle decisioni assembleari rif. lett. c) e/o nella nomina degli organi rif. lett. d), ma non abbia alcuna partecipazione non trovano rappresentazione nel bilancio, ma i relativi bilanci verranno consolidati.
Quindi la situazione è assai variegata e può portare a soluzioni disomogenee rispetto alle risultanze del bilancio di esercizio approvato dello stesso periodo di consolidamento.
La finalità della norma che obbliga il consolidamento per le università statali, discende dalle disposizioni di contabilità pubblica che tendono ad avere una dimensione integrale dell’area d’interesse e d’impegno economico, finanziario e patrimoniale delle PA (università comprese), e in tale quadro il richiamo alle modalità e ai principi di consolidamento OIC trova una specifica limitazione.
Infatti il contenuto dell’art. 3, comma 3 del D.I. n. 248/2016 secondo il quale si applicano “… le modalità di consolidamento stabilite dai principi contabili nazionali emanati dall’Organismo italiano di contabilità …”, nonché dell’art. 4, comma 1 dello stesso Decreto “… i criteri di valutazione del bilancio nonché le modalità di consolidamento che dovranno essere in linea con i principi contabili nazionali emanati dall’Organismo italiano di contabilità …”, ha probabilmente la finalità di proporre un metodo codificato da una disposizione già operativa all’interno del sistema delle imprese.
RISPOSTA AL QUESITO n. 3
Come detto i concetti portati dall’OIC n. 17, ispirano la compilazione del bilancio consolidato in ambito privatistico e societario ed offrono criteri di delimitazione applicabili in quel contesto.
Invece, come in precedenza affermato nell’ambito delle altre risposte, sotto vari profili, la finalità della norma che obbliga il consolidamento per le università statali, discende dalle disposizioni di contabilità pubblica e non sussiste possibilità di derogare al rispetto delle prescrizioni del D.I. n. 248/2016 in materia di definizione del perimetro di consolidamento.
In conseguenza di ciò si deve ritenere che opera il consolidamento dei bilanci anche nel caso in cui il possesso della partecipazione del soggetto da consolidare venga rappresentato in area di bilancio diversa dalle voci delle immobilizzazioni finanziarie e la partecipazione posseduta, alla data della chiusura dell’esercizio oggetto del bilancio consolidato, sia destinata, per varie motivazioni, alla dismissione.
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BOLOGNA |
14/11/2016 |
Aliquote di ammortamento superiori possono essere ammissibili anche in caso di software applicativi, tenuto conto dell’elevato grado di obsolescenza?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Sul punto le indicazioni della casistica relativa del MTO seconda versione sono molto chiare; infatti si afferma che eventuali aliquote di ammortamento inferiori a quelle indicate e corrispondenti alla vita utile del cespite stimata saranno sempre possibili; così come saranno possibili aliquote di ammortamento superiori anche in questo caso in relazione ad una effettiva minore vita utile del bene immateriale; completamente rifatto ogni 3 anni per restare al passo con l’evoluzione tecnologica. In questi casi la nota integrativa illustrerà le ragioni per le quali l’aliquota di ammortamento adottata è superiore / inferiore.
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BOLOGNA |
14/11/2016 |
L’affermazione “eventuali aliquote di ammortamento inferiori e/o superiori a quelle indicate nel manuale, e corrispondenti alla vita utile del cespite stimata, saranno sempre possibili” contempla anche eventuali ammortamenti accelerati per alcune tipologie di attrezzature legate ai processi di ricerca (prototipi, crash test) o per un uso più intensivo delle attrezzature scientifiche?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Ferme restando le aliquote indicate nel MTO seconda versione, in ragione dell’esigenza di applicazione sistematica e omogenea delle aliquote di ammortamento e loro rappresentazione in bilancio, è rimessa alla valutazione di ciascun Ateneo l’utilizzo di procedimenti di ammortamento più brevi (quindi con aliquote più elevate) per specifici casi da giustificare nella nota integrativa.
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BOLOGNA |
14/11/2016 |
Non si fa cenno ad alcun criterio di valorizzazione per il primo stato patrimoniale e a regime.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
I principi di iscrizione nello SPI del patrimonio relativo alle opere d’arte, d’antiquariato e museali ed in generale dei beni di valore culturale, storico, artistico, museale che non perdono valore nel tempo sono quelli ordinariamente previsti dal D.I. n. 19/2014 come illustrati dalla seconda versione del MTO (costo di acquisto, valore rilevabile dall’atto di trasferimento per le donazioni o stima in assenza degli altri riferimenti indicati).
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BOLOGNA |
14/11/2016 |
Per la valorizzazione del materiale bibliografico che perde valore da iscrivere comunque nel primo stato patrimoniale, ove gli atenei seguissero la semplificazione suggerita dalla seconda versione del MTO di combinare il disposto previsto alle lettere b) e c), lo stesso manuale (pag 12) rinvia ai criteri del Decreto del 18 aprile 2002, richiamando tra parentesi il “prezzo di copertina anche per i libri pervenuti in donazione”.
Non si fa alcun riferimento esplicito alla valorizzazione del materiale bibliografico che non perde valore nel tempo. Possono essere adottati i criteri previsti dal Decreto 18 aprile 2002, allegato A?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
I principi di iscrizione nello SPI del patrimonio relativo al materiale bibliografico sono quelli ordinariamente previsti dal D.I. n. 19/2014 come illustrati dalla seconda versione del MTO inserendo il valore definito sulla base dei criteri del D.I. 18/04/2002.
Per i beni appartenenti alla detta categoria che, in quanto immobilizzazioni materiali sono qualificate come “beni di valore culturale, storico, artistico, museale” e non perdono valore nel tempo dovranno essere utilizzati gli ordinari criteri (costo di acquisto o di carico, valore a prezzo di copertina per le donazioni, stima in assenza di prezzi di copertina o valori differentemente rilevabili).
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BOLOGNA |
14/11/2016 |
Il valore residuo da ammortizzare dei beni mobili rappresenta un risconto passivo (o una riserva vincolata, in caso di finanziamenti interni) come per i beni immobili. Segnaliamo pertanto la cancellazione dell’inciso in parentesi “(escludendo i beni mobili per motivi di semplicità operativa e di relativa rilevanza)”.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
L’ipotesi non è condivisibile; infatti la previsione del MTO seconda versione, costituisce deroga al generale principio di effettiva esistenza di contributi a fondo perduto e opera sulla base di un criterio di tipo presuntivo (collegato alla COFI) ed è applicabile solo facoltativamente da parte degli Atenei.
Quindi la stessa è relativa all’acquisto e/o realizzazione, nonché oneri incrementativi dei beni immobili in ragione di un giustificabile criterio che, pendente la COFI, li vede fra gli interventi di maggiore rilevanza nel campo degli investimenti.
Lo stesso criterio presuntivo non può trovare applicabilità per i beni mobili per i quali la possibilità di iscrivere risconti passivi e di procedere, nel tempo, pendente la COEP alla “sterilizzazione” degli ammortamenti attraverso l’utilizzo delle quote corrispondenti di risconti passivi è applicabile solo in presenza effettiva e riscontrata di finanziamenti e contributi in conto impianti ricevuti a fondo perduto prima dell’impianto della COEP.
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BOLOGNA |
14/11/2016 |
Posta la complessità dell’Ateneo, il cui patrimonio è costituito prevalentemente da immobili storici e di terzi, il criterio del valore catastale appare quello più coerente nella valorizzazione degli immobili nel primo stato patrimoniale.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Ciascun Ateneo nella formazione dello SPI e nella valutazione per l’iscrizione degli immobili (propri e di terzi) dovrà seguire i principi definiti dal D.I. n. 19/2014 e tenere conto degli indirizzi del MTO seconda versione.
A tal proposito l’utilizzo del metodo convenzionale di valutazione, rappresentato dal valore catastale, resta subordinato all’impossibilità di risalire e/o rintracciare il costo storico di acquisto e/o di realizzazione degli immobili.
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BOLOGNA |
14/11/2016 |
Posto che il rilascio del brevetto non può costituire in sé ragione sufficiente per l'iscrizione all'attivo di un valore immateriale, e tenuto conto di quanto previsto nel paragrafo dei beni immateriali, si può assumere come criterio di valorizzazione per il primo stato patrimoniale il costo di registrazione sostenuto per i brevetti per le quali sono attive licenze?
Sarebbe ammissibile ricondurre i proventi della royalties a copertura degli ammortamenti?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Sulla prima parte del quesito si ritiene che la valorizzazione ai fini dell’iscrizione dei diritti in argomento nello SPI possa avvenire solo sulla base del costo effettivamente sostenuto; da ciò deriva che se è rintracciabile unicamente l’onere della registrazione del brevetto questo corrisponderà al costo di iscrizione dello stesso.
Sulla seconda parte del quesito si rammenta la necessità di non procedere a compensazione di costi e ricavi; quindi i proventi derivanti dalle royalties costituiranno ricavi in ragione del loro effettivo ammontare e maturazione, mentre gli ammortamenti del costo di acquisto o di iscrizione nello SPI costituiranno costi da inserire nelle specifiche voci del conto economico (senza alcuna compensazione e o rilevazione di valori convenzionali).
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BOLOGNA |
14/11/2016 |
Nel paragrafo del MTO (seconda versione che ha ultimato la consultazione) dedicato ai beni immateriali si legge: “posto che in taluni casi il costo di acquisto o di produzione non è determinabile sulla base di parametri oggettivi, può essere iscritto unicamente il costo di registrazione nei pubblici registri. Si evidenzia che tra le immobilizzazioni immateriali non possono essere ripresi costi già iscritti nel conto economico di esercizi precedenti (con partecipazione alla formazione del risultato dell’esercizio), rispetto a quello nel quale risultano eventualmente soddisfatte tutte le condizioni per procedere alla capitalizzazione di detti costi”
Si può esplicitare anche a titolo di esempio che il riferimento è ai brevetti?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
Il principio indicato è esattamente applicabile a tutti i beni, diritti e oneri pluriennali che possano teoricamente rientrare nella iscrizione fra le immobilizzazioni immateriali, compreso per la valorizzazione dei brevetti in possesso delle caratteristiche che giustificano l’iscrizione nelle immobilizzazioni immateriali.
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CAGLIARI |
03/11/2016 |
Poiché nell'economia degli Atenei, come in qualsiasi altra azienda, il complesso delle fonti finanzia il complesso degli impieghi, può risultare impossibile e forse superfluo individuare una correlazione tra i singoli conti accesi alle immobilizzazioni e la tipologia ed entità delle singole fonti corrispondenti, individuabili invece solo per masse. Lo Schema di Manuale Tecnico Operativo, II Versione, prevede addirittura che nella nota illustrativa al bilancio unico di previsione annuale autorizzatorio sia data indicazione e descrizione delle fonti di copertura per ciascun investimento previsto.
In merito allo schema di budget, si chiede conferma sulla possibilità di articolare la rappresentazione delle fonti per totali, fatto salvo il caso dei contributi di terzi finalizzati e risorse da finanziamenti destinati a specifiche voci di investimenti/impeghi e si chiede conferma sulla possibilità di limitare le informazioni da indicare nella nota illustrativa al bilancio unico di previsione annuale agli investimenti maggiormente significativi.
Grazie
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
In merito a quanto rappresentato, si ritiene opportuno mantenere ferma l’impostazione data al budget degli investimenti.
Al riguardo è utile ricordare la funzione da attribuire al budget degli investimenti che, seppure riflettendo parte del contenuto dello stato patrimoniale, svolge la funzione di costituire documento autorizzatorio al fine di garantire la presenza di idonee e capienti fonti finanziarie, per sostenere gli investimenti programmati.
Stante il carattere autorizzatorio del documento, l’obiettivo fondamentale è costituito dalla possibilità, per gli investimenti programmati, di dare dimostrazione della integrale copertura con le fonti dedicate fino dal momento iniziale di avvio dell’acquisizione del bene ad utilizzo pluriennale.
La distinzione deriverà necessariamente dall’attività di destinazione delle varie risorse e fonti disponibili, all’impiego per la realizzazione degli investimenti nella fase della costruzione analitica del relativo budget che verrà poi, nella sua sintesi, rappresentato all’interno del prospetto.
Peraltro, non è inconsueto che alcune risorse (ad esempio contributi in conto impianti ricevuti da terzi), abbiano un vincolo specifico ineludibile di destinazione e che ciò trovi naturale rappresentazione nell’attuale impostazione del budget degli investimenti.
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Scuola Superiore Sant'Anna |
03/11/2016 |
Contributi annuali-pluriennali
non sono molto chiare le casistiche che rientrano nella rilevazione come contributo in c/esercizio con riferimento ai contributi dalla Unione Europea quando erogati a seguito di svolgimento attività di ricerca. In particolare un contributo erogato a seguito di finanziamento competitivo dell’UE deve essere rilevato tra i proventi propri o nella voce in esame? E le altre ricerche?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
L’attività di ricerca può essere svolta sulla base di progetti o commesse che hanno natura corrispettiva o in relazione a finanziamenti e contributi, annuali e pluriennali, attribuiti a copertura dei relativi oneri.
In questi casi l’introito dà luogo a ricavi che vengono classificati nelle voci del conto economico che, ai fini del bilancio e del budget, trovano rispettivamente rappresentazione nelle voci dello schema del D.I. n. 19/2014 allegato A e del D.I. n. 925/2015.
La voce dell’anagrafica conti del conto economico dove vengono rilevati i contributi erogati dalla CE deve essere individuata facendo riferimento alla caratteristica delle contribuzioni ed erogazioni secondo i seguenti elementi distintivi:
a) contributi generici e quelli diversi dal finanziamento della ricerca da parte della UE o di altri soggetti (individuati nelle voci con numeri arabi da 1 a 7 della voce A-II dello schema di conto economico);
b) contributi finanziamenti competitivi specifici destinati ad attività di ricerca (grant derivanti da call for proposal della CE)
c) corrispettivi per progetti di ricerca commissionata (quindi la fattispecie delle call for tender nei rapporti con la CE).
Le fattispecie di cui alla precedente lettera a) devono trovare indicazione in una delle voci da 1 a 7 della voce A-II) dello schema di conto economico in base al soggetto che eroga il contributo.
Le fattispecie di cui alla precedente lettera b) devono trovare indicazione nella voce A-I) proventi propri 3) proventi da ricerche con finanziamenti competitivi - dello schema di conto economico.
Le fattispecie di cui alla precedente lettera c) devono trovare indicazione nella voce A-I) proventi propri 2) proventi da ricerche commissionate e trasferimento tecnologico - dello schema di conto economico.
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Scuola Superiore Sant'Anna |
03/11/2016 |
Valutazione dei progetti, delle commesse e delle ricerche nelle università
non è molto chiaro l’ambito di applicazione e di esclusione (in particolare su cosa debba intendersi per corsi offerti in serie e cosa si intende per progetti con vincolo di risultato). Gli unici esempi riportati fanno riferimento a commesse progetti commerciali. Sarebbe utile ampliare il manuale anche con esempi di progetti in ambito istituzionale e per tutte le tipologie dedicare particolare attenzione al momento della chiusura. In generale il Manuale nella sua complessità potrebbe ampliare la trattazione dei progetti in tutte le sue fasi; ad es. nel trattare il budget economico sarebbe auspicabile approfondire anche con esempi e in coerenza con la gestione del progetto stesso dalla fase di avvio (momento di rilevazione del ricavo, budget annuali, chiusura)
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
L’ambito di applicazione è definito nel paragrafo “casistica” del principio in esame, ove si precisa che “sono incluse in questa fattispecie non solo le commesse, ma anche i progetti e le ricerche intendendo con ciò riferirsi a tutte le iniziative svolte dalle università su incarico o nell’interesse di un committente.
Tali attività, possono essere effettuate sulla base di contratti e/o convenzioni aventi natura sia sinallagmatica, e quindi potenzialmente rientranti nell’attività commerciale, sia senza sinallagma e quindi normalmente rientranti nell’attività istituzionale.”
Come si evince, dunque, l’ambito di applicazione non si limita alle sole iniziative commerciali.
In generale la linea di demarcazione fra un corso offerto in serie, da valutare in base alla casistica “Proventi e crediti verso studenti”, e un progetto su commessa, da valutare in base alla presente casistica, consiste nella presenza, in questi ultimi, di un incarico ad hoc da parte del committente, di solito formalizzato in un contratto, nel quale sono indicate le specifiche esigenze del committente per rispondere alle quali viene sviluppato il progetto su misura.
Le offerte in serie, invece, prevedono l’offerta di servizi standard preconfezionati ai quali il cliente aderisce acquistando il diritto alla partecipazione.
Tali fattispecie differiscono, ancora, dai ricavi rilevati a seguito di contributi (non di progetti) erogati senza vincolo di risultato, a sola copertura, parziale o integrale, di costi di gestione o di funzionamento. Si tratta della tipologia dei contributi ministeriali trattati nella casistica “Contributi annuali pluriennali in conto esercizio”.
Risulta evidente che un contributo è a copertura di costi, non al raggiungimento di un risultato come invece avviene in una iniziativa su commessa.
Infine, il manuale non si sofferma sulle modalità di definizione dei budget in quanto tale procedura si rivolge a un aspetto gestionale che rappresenta la realtà peculiare di ciascun ateneo.
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Scuola Superiore Sant'Anna |
03/11/2016 |
Patrimonio netto: a pag. 4 Paragrafo “Il risultato gestionale d’esercizio” cosa si vuol dire con la frase : “al netto di eventuali destinazioni definite dal Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo” Cosa si intende per accantonamento? E’ utilizzato come sinonimo di destinazione? Nelle funzionalità del sistema gestionale U-GOV, la voce di esercizio AIII-1 al 1 gennaio dell’anno successivo si annulla di default e confluisce interamente alla voce AIII-2 (funzionamento ad oggi non modificabile nel sistema informativo). Di fatto le scritture di destinazione del “Risultato d’esercizio” come illustrate nel manuale non trovano corrispondenza formale nelle scritture effettive che si fanno nell’esercizio n+1 all’interno del sistema U-GOV.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
In merito al primo quesito, si richiama l’attenzione sul paragrafo “Fondi vincolati per decisioni degli organi istituzionali”, ove viene specificato che la voce accoglie, tra l’altro, la destinazione del risultato dell’esercizio, da parte degli organi d’Ateneo competenti in materia. Gli organi d’Ateneo possono “destinare”, ovvero “vincolare” quote di patrimonio libero per interventi specifici.
In genere l’utile d’esercizio viene ricondotto di default, nel corso dell’esercizio successivo, ad un conto di patrimonio netto riclassificato nella voce denominata “risultati gestionali relativi ad esercizi precedenti” (A-III-2), salvo diversa delibera del consiglio di amministrazione in sede di approvazione del bilancio di ciascun anno.
Ciascun software di gestione contabile, in uso nei vari atenei, potrà rappresentare la situazione secondo le diverse procedure purché, nella sostanza, coerenti con l’impostazione suggerita e con le scelte dell’organo di approvazione del bilancio; naturalmente, rispetto all’automatismo del software, si potrà verificare la necessità di operare eventuali ulteriori scritture manuali per consentire la rappresentazione di una eventuale specifica destinazione stabilita dall’organo di amministrazione.
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BASILICATA |
03/11/2016 |
I trasferimenti a partner di progetti coordinati, nonché i relativi proventi, devono essere rilevati, rispettivamente come costi e ricavi, nel conto economico oppure sono da considerare mere variazioni finanziarie e, pertanto, devono essere rilevate esclusivamente tra debiti e crediti?
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito.
In merito a quanto rappresentato, si evidenzia preliminarmente che l’individuazione della natura discrezionale o meno del trasferimento è effettuata con riferimento al procedimento di spesa complessivo, e non solo con riguardo alla fase finale dell’erogazione del trasferimento in quanto, nelle fasi dell’ordinazione e del pagamento delle spese, l’individuazione dei destinatari, dei tempi e degli importi è sempre effettuata come mera attività esecutiva di quanto definito nella fase decisionale.
Al riguardo si ricorda che hanno la natura di mere variazioni finanziarie quelle: “svolte dall’ente come “capofila”, solo come mero esecutore del trasferimento, nei casi in cui l’ente riceva risorse da trasferire a soggetti già individuati, sulla base di tempi e di importi predefiniti.
Esempio 1 – Ente capofila (totale discrezionalità)
Nel rispetto dei bandi e delle regole definite dall’Amministrazione finanziatrice del programma/progetto, nel caso in cui i lead partner (beneficiari capo fila) definiscono e presentano i progetti, individuano i partner, suddividono il progetto ed il budget tra i partner, ed assumono la responsabilità di garantire la realizzazione dell’intera operazione secondo le modalità del progetto presentato, la conseguente attività di trasferimento delle risorse, non può essere considerata come attività effettuata in assenza di discrezionalità.
In questi casi la corretta contabilizzazione è la seguente:
Ente capofila - contabilizza lato ricavi l’intero progetto tra i Contributi (tenendo conto dell’Ente erogatore) e contabilizza come costo i trasferimenti ai partner di progetto (tenendo conto dell’Ente beneficiario partner);
Ente partner - contabilizza lato ricavi il trasferimento tra i contributi “dall’ente capofila” e contabilizza i costi tenendo conto della natura della spesa stessa.
Esempio 2 – Ente capofila (parziale discrezionalità)
Nel rispetto dei bandi e delle regole definite dall’Amministrazione finanziatrice del programma/progetto, nel caso in cui i lead partner (beneficiari capo fila), unitamente ai partner di progetto, definiscono e presentano i progetti e sono solidamente responsabili di garantire la realizzazione dell’intera operazione secondo le modalità del progetto presentato, la conseguente attività di erogazione della spesa (trasferimenti) è considerata come attività effettuata in assenza di discrezionalità e, pertanto, deve essere contabilizzata come mera variazione finanziaria.
In questi casi la corretta contabilizzazione è la seguente:
Ente capofila - contabilizza lato ricavi la quota parte di competenza del progetto tra i Contributi (tenendo conto dell’Ente erogatore) e la quota parte di competenza dell’Ente partner transita esclusivamente tra i crediti ed i debiti;
Ente partner - contabilizza lato ricavi il trasferimento tra i Contributi (tenendo conto dell’Ente per conto del quale il trasferimento è stato erogato) e contabilizza i costi tenendo conto della natura della spesa stessa.
Esempio 3 – Ente coordinatore (nessuna discrezionalità)
L’Ente beneficiario delle risorsa non ha nessuna discrezionalità ed ha come unico obbligo il trasferimento delle risorse. Di fatto l’Ente, da mero esecutore, incassa e trasferisce le risorse ai beneficiari. In questi casi deve essere registrata una mera variazione finanziaria (crediti e debiti).
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GENOVA |
03/11/2016 |
Non ci risultano ben chiare le modalità di utilizzo del Patrimonio Netto.
Esponiamo un caso concreto: nel mese di aprile 2016 portiamo in approvazione il Bilancio d’esercizio 2015 che chiude con un utile di 1.000. Per effetto di tale risultato, il Patrimonio non vincolato (risultati esercizi precedenti + risultato esercizio, ipotizzando l’assenza di riserve statutarie) passa da 10.000 (valore al 01.01.2015) a 11.000 (valore al 31.12.2015). In una successiva seduta, il Consiglio delibera di utilizzare una parte del Patrimonio non vincolato, per es. 3.000, a copertura di un intervento implicante costi non previsti a budget 2016.
Oltre ad effettuare, in Contabilità Analitica, una variazione incrementativa di budget sulla/e voce/i di costo interessate, necessaria essendo in presenza di un budget autorizzatorio quale quello universitario, quale delle seguenti procedure si deve seguire in Contabilità Generale (relativamente alle scritture che interessano il Patrimonio Netto e nell’ipotesi che la quota di Patrimonio interessata sia derivante da COFI)?
A) Non effettuare al momento nessuna scrittura, rinviando alla chiusura dell’esercizio 2016 l’eventuale movimentazione del Patrimonio Netto. In tale ipotesi, se a fine esercizio 2016, in sede di bilancio d’esercizio, emerge un utile per effetto di costi inferiori o di ricavi superiori al previsto, e quindi i costi non previsti (3.000) trovano copertura nella gestione dell’esercizio, come si deve procedere?
A1) registrare comunque una diminuzione (utilizzo) di patrimonio non vincolato, portando a ricavo (nell’ ipotesi in esame che la quota di Patrimonio interessata sia ancora derivante dalla COFI) l’importo in questione (3.000), con una scrittura del tipo Risultati esercizi precedenti a Utilizzo patrimonio non vincolato (voce ricavo), con conseguente incremento del risultato economico 2016;
A2) non effettuare alcuna registrazione di Contabilità Generale sulle voci di Patrimonio netto, che risentiranno comunque del minor risultato economico 2016 dovuto a costi non previsti pari a 3.000
B) Effettuare subito, al momento cioè della delibera di variazione di budget del Consiglio intervenuta in corso d’esercizio, anche una scrittura in Contabilità Generale di riduzione del Patrimonio non vincolato analoga a quella indicata al punto a1), portando cioè a ricavo
dell’esercizio l’utilizzo del Patrimonio stesso.
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Di seguito la risposta al quesito.
La destinazione del risultato dell’esercizio o di altre risorse libere di patrimonio (voci A-III) è effettuata, da parte degli organi d’Ateneo competenti in materia, di norma, in sede di approvazione del bilancio d’esercizio. Qualora, nel corso dell’esercizio, venisse destinata, sempre a seguito di apposita delibera degli organi, una quota del risultato dell’esercizio o di altre risorse libere di patrimonio alla voce “Fondi vincolati per decisione degli organi istituzionali” occorre effettuare apposita rilevazione contabile di permutazione fra le due poste di patrimonio netto.
Si richiama, poi, l’attenzione sulla necessità di dare ampio risalto alla composizione del PN e alla sua variazione progressiva all’interno della Nota integrativa del bilancio d’esercizio. Le informazioni relative al PN da indicare nella Nota integrativa devono riportare e rappresentare analiticamente le variazioni intervenute nel corso dell’esercizio.
In merito al quesito specifico, si evidenzia che esclusivamente le risorse collocate nelle poste di patrimonio vincolato in sede di predisposizione del primo Stato Patrimoniale sono rilevate mediante iscrizione di ricavi da utilizzo delle riserve, correlate ai relativi costi, ma solo fino al loro esaurimento (si veda nel dettaglio “Impianto dello stato patrimoniale iniziale”).
La destinazione di quote di Patrimonio libero, derivante dalla gestione realizzata pendente al COEP, non può dare luogo ad un ricavo di esercizio ma solo alla ricollocazione fra le poste di patrimonio utilizzabili per coprire eventuali perdite di esercizio.
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8 |
GENOVA |
28/10/2016 |
Vorremmo avere conferma se gli interventi di miglioria (manutenzioni straordinarie) su beni “di valore culturale, storico, artistico e museale” debbano essere ammortizzati, anche nell’ipotesi in cui si tratti di beni di proprietà dell’Ateneo (e non quindi di beni di terzi), di per sé non soggetti ad ammortamento.
Non risulta inoltre chiaro, sempre in riferimento alla parte che tratta dei beni “di valore culturale, storico, ecc.”, cosa si intenda per costo d’acquisto da imputare a conto economico. Tale affermazione sembra in contraddizione con la disposizione del D.I. n. 19 /2014 secondo cui detti beni non vanno ammortizzati.
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Di seguito la risposta al quesito.
Per i beni appartenenti alla categoria delle opere d’arte, d’antiquariato e museali (compreso patrimonio librario, collezioni e libri) in quanto hanno la caratteristica di non perdere valore nel corso del tempo, il D.I. n. 19/2014 prevede specifiche disposizioni in merito alla valutazione e all’ammortamento che sono illustrate nella seconda versione del MTO.
I principi illustrati prescindono dal fatto che i beni in argomento siano di proprietà o semplicemente custoditi dall’Ateneo.
Le indicazioni del MTO, in linea con il principio delineato dal D.I. n. 19/2014, ma coerentemente all’esigenza di rappresentare correttamente gli effetti economici che derivano dal sostenimento, a carico dell’Ateneo, di oneri per la manutenzione e conservazione di tali beni, stabiliscono che gli stessi oneri debbano concorrere alla formazione del risultato dell’esercizio.
Viene infatti affermato che il costo di acquisto e delle eventuali manutenzioni, anche straordinarie su tali beni, quando gli stessi vengono utilizzati come strumentali nello svolgimento dell’attività dell’ente, debba essere imputato a conto economico direttamente o attraverso l’imputazione di apposite quote di ammortamento in misura da determinare in riferimento alla durata utile dell’intervento e della categoria omogenea di appartenenza dello stesso bene.
Il considerare, sistematicamente, qualsiasi onere relativo a beni di questa speciale categoria come incrementativo del valore dei beni stessi, potrebbe risultare arbitrario e/o sindacabile, avendo l’effetto di sottrarre costi sostenuti dalla partecipazione alla formazione del risultato di esercizio.
Si ritiene quindi che, fermo restando il fatto che il valore nello SPI, nonché il costo di acquisto di beni di questa categoria non utilizzati in modo strumentale e/o l’onere sostenuto per interventi oggettivamente incrementativi sugli stessi, non deve essere oggetto di ammortamento, in tutti gli altri casi i costi sostenuti dall’Ateneo, pendente la COEP, debbano partecipare alla formazione del risultato dell’esercizio.
Nel caso di nuovi acquisti o di oneri incrementativi dei/sui beni in esame effettivamente non soggetti ad ammortamento, si rammenta la necessità, in sede di destinazione dell’utile dell’esercizio di riferimento, di procedere all’incremento della riserva di patrimonio netto vincolata o alla sua costituzione in misura corrispondente al valore del nuovo acquisto rispetto allo SPI o a quello degli oneri incrementativi, al fine di rispettare le prescrizioni del D.I. n. 19/2014.
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BOLOGNA |
29/07/2016 |
Si chiede un confronto sulla corretta applicazione dei principi contabili previsti all’art. 4 - Principi di valutazione delle poste, lettera b - Immobilizzazioni materiali (patrimonio librario) per la valorizzazione ai fini del primo Stato Patrimoniale e a regime, del complesso dei beni librari della Biblioteca Universitaria di Bologna, già biblioteca pubblica statale e trasferita all’Università di Bologna nel corso dell’anno 2000.
L’art. 4 lettera b del D.M. 19/2014 prevede per la valutazione del patrimonio librario, di distinguere tra […]:
le collezioni o comunque i libri che non perdono valore nel corso del tempo: sono iscritti tra le immobilizzazioni di Stato Patrimoniale e non vengono ammortizzate;
nel caso di libri che perdono valore nel corso del tempo, gli atenei, tenendo conto del valore intrinseco degli stessi, possono considerare alternativamente tre metodi:
1. «patrimonializzazione» degli acquisti. In questo caso, il costo di acquisto dei libri deve essere iscritto tra le immobilizzazioni. Ogni informazione riguardante l'ammortamento annuale dei volumi e la loro gestione come cespiti, la registrazione delle perdite di valore subite dai volumi o il loro deterioramento, la valutazione del valore iniziale dei volumi costituenti la dotazione della biblioteca, tenuto conto del passaggio dalla contabilità finanziaria a quella economico-patrimoniale, deve essere riportata in Nota integrativa.
2. iscrizione nell'attivo patrimoniale, ai sensi dell'art. 2426 n. 12 codice civile, ad un valore costante qualora siano costantemente rinnovate, e complessivamente di scarsa importanza in rapporto all'attivo di bilancio, sempreché non si abbiano variazioni sensibili nella loro entità, valore e composizione;
3. iscrizione interamente a costo del valore annuale degli acquisti di volumi. Adottando questo approccio, ovviamente, viene meno qualunque rappresentazione della consistenza patrimoniale del patrimonio librario, ma vengono superati tutti i problemi legati a tale processo di «patrimonializzazione»: valutazione della consistenza iniziale, registrazione di eventuali perdite di valore, ammortamento annuale.
Le immobilizzazioni materiali qualificate come “beni di valore culturale, storico, artistico, museale” non vengono assoggettate ad ammortamento, perché tendono a non perdere valore nel corso del tempo […]..
La convenzione stipulata tra la Biblioteca Universitaria di Bologna e questo ateneo (caso unico a livello nazionale), ha previsto il trasferimento della proprietà dei beni mobili, fatto salvo il patrimonio bibliografico e storico artistico della biblioteca acquisito sino al 2000, per il quale è stato definito il trasferimento esclusivamente dell’uso gratuito e perpetuo.
Di conseguenza, nella rappresentazione patrimoniale dell’ateneo, il patrimonio bibliografico acquisito precedentemente al 2000 dalla Biblioteca Universitaria di Bologna sarà iscritto tra i conti d’ordine.
Per la valorizzazione del patrimonio acquisito successivamente al 2000, a tutti gli effetti di proprietà dell’ateneo, qualora si applicassero i principi adottati per la valorizzazione del patrimonio librario delle altre biblioteche di ateneo occorrerebbe distinguere tra patrimonio librario che perde e non perde valore nel tempo.
Tenuto conto delle finalità peculiari di tale biblioteca, (le Biblioteche pubbliche statali rivestono una funzione di conservazione della produzione editoriale) la proposta, sulla quale chiediamo un riscontro, è quella di assimilare al patrimonio bibliografico che non perde valore nel tempo tutti quei libri sui quali la Biblioteca Universitaria di Bologna esercita la funzione di depositaria, ovvero quei libri sui quali vanta un diritto di stampa o di deposito di legge. Trattandosi di libri inalienabili sono assimilabili a libri che non perdono valore nel tempo e iscritti anch’essi nell’attivo dello Stato Patrimoniale e non soggetti ad ammortamento. Tale interpretazione consentirebbe di tenere conto della peculiarità della biblioteca e proprio per questo, non si produrrebbero disparità sull’applicazione dei criteri di valorizzazione sopra esposti con le altre biblioteche proprio perché queste ultime non esercitano tale funzione.
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La casistica relativa ai criteri di valutazione, rilevazione e rappresentazione del patrimonio librario, contenuta negli artt. 4 e 5 del D.I. n. 19/2014 viene illustrata nell'apposito principio denominato "Immobilizzazioni materiali, fondi e percentuali di ammortamento" contenuto nella seconda versione del MTO in consultazione fino al 21 aprile 2016.
All'interno dell'illustrazione vengono delineati i comportamenti suggeriti in riferimento al caso del patrimonio librario che non perde valore.
Si afferma che è importante definire criteri distintivi per i beni che perdono o non perdono valore. Il concetto di “perdita di valore” riflette la possibilità dell’utilizzo del bene nel processo produttivo per un tempo più lungo dell’esercizio di acquisto che ne caratterizza la possibilità di iscrizione nelle immobilizzazioni; quindi, dal momento che il processo produttivo delle università si estrinseca nelle attività di didattica e di ricerca, un libro o pubblicazione conserva “valore” nella misura in cui può fornire utilità prospettica per l’impiego nelle dette attività. Conseguentemente è possibile affermare che le opere (libri e similari) acquistati dalle biblioteche, possono essere considerati beni che non perdono valore nel tempo in quanto, previa catalogazione e archiviazione, forniranno utilità alla didattica e alla ricerca nel limite del primo esemplare dello stesso testo (le ulteriori copie potranno essere classificate fra i beni che perdono valore) .
Ciò posto nel riaffermare la necessità che ciascun Ateneo, sia nella fase di gestione pendente la COEP, sia nella fase di impianto dello SPI, provveda alla distinzione del patrimonio librario nelle distinte categorie di beni che perdono o non perdono valore, al fine della differente modalità di trattamento contabile dal puto di vista economico e patrimoniale, la valutazione dirimente circa l'appartenenza dei beni e/o di categorie degli stessi come nel caso della biblioteca universitaria di Bologna compete all'Ateneo sulla base dei principi esposti nella normativa e nel MTO.
Pertanto ove l'Ateneo ravvisi per i beni in questione (nota di richiesta chiarimenti del 8 marzo 2016) caratteri specifici ed intrinseci tali da poterli classificare fra i beni che non perdono valore potrà operare in tal senso.
Si deve tuttavia evidenziare l'assoluta importanza di valutare gli effetti e la rilevanza del fenomeno dal punto di vista economico, in relazione non tanto ai beni iscritti nello SPI (i quali non dovrebbero influenzare le risultanze della gestione venendo il relativo valore vincolato ad una riserva patrimonio), quanto per quelli che verranno acquistati pendente al COEP.
Infatti per questi ultimi, la classificazione fra i beni che non perdono valore, produrrà l'effetto di sottrarli alla sistematica rappresentazione, per il loro costo di acquisto nel conto economico e quindi alla partecipazione per la determinazione dell'ammontare dei costi operativi, con conseguenti effetti sul risultato economico della gestione.
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MODENA e REGGIO EMILIA |
29/07/2016 |
Con la presente, in riferimento a quanto contenuto nell'ultimo aggiornamento dello schema di manuale tecnico operativo per le immobilizzazioni materiali, si pone il seguente quesito:
nel nostro Ateneo è presente la categoria "attrezzature didattiche"; a nostro avviso corrisponde ad attrezzature legate ad attività TIPICA dell'Ateneo. Non troviamo questa categoria però tra quelle del manuale (esistono infatti solo le attrezzature informatiche, scientifiche e generiche). Dobbiamo ricomprenderlo tra quelle generiche o tra quelle scientifiche?
Grazie per l'attenzione
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L'allegato 1 del D.I. n. 19/2014 individua le voci dello schema di stato patrimoniale per le Università ed il Decreto sugli schemi di budget quello relativo agli investimenti.
Quindi gli Atenei nella classificazione delle voci delle loro immobilizzazioni devono attenersi allo schema ministeriale e riportare all'interno di quelle categorie le varie fattispecie sulla base di un principio di omogeneità al fine della rappresentazione in bilancio.
Nel caso specifico la voce "attrezzature didattiche" non trova immediata collocazione in nessuna delle voci indicate dallo schema obbligatorio di cui sopra e la voce non è stata prevista dal legislatore perché rappresentativa di beni che, al contrario delle attrezzature scientifiche, possono e devono essere rilevati nelle altre categorie per natura presenti nello schema obbligatorio; quindi tali attrezzature devono essere ricondotte alla loro specifica natura individuando la prossimità con le distinte categorie presenti nella classificazione.
Pertanto, le varie tipologie di beni ricomprese dall'Ateneo nella voce "attrezzature didattiche" dovranno essere associate, in sede di formazione del bilancio di esercizio o del budget degli investimenti, alle altre voci che sono presenti nello schema ministeriale in base alla caratteristica specifica dei medesimi beni (attrezzature generiche o scientifiche).
Laddove tale attività di riclassificazione della base dati dovesse risultare particolarmente onerosa e difficilmente realizzabile potrà essere utilizzato il criterio della prevalenza all'interno della voce per la sua riclassificazione e associazione ad una delle due categorie esistenti.
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PADOVA |
29/07/2016 |
Nel D.L.18/2012 tra i documenti consuntivi che devono obbligatoriamente accompagnare il bilancio di esercizio è specificamente citato l'allegato "Prospetti SIOPE".
Non essendo chiaro il contenuto di tale allegato, e in che modo esso è in relazione con i dati contenuti nell'Omogenea redazione dei conti consuntivi, (che però ha come termine ultimo per la trasmissione il 30 settembre di ogni anno), si chiedono maggiori dettagli sulla natura di tali prospetti, nella misura in cui tale adempimento sia ancora da considerare vigente.
Leggi Risposta
Di seguito la risposta al quesito:
Si conferma che l'allegato "Prospetti SIOPE" è un allegato obbligatorio al bilancio d'esercizio. La struttura dell'allegato deve rispecchiare l'Allegato A del Decreto ministeriale 14 novembre 2006 (MEF) "Codificazione, modalità e tempi per l'attuazione del SIOPE per le Università - Integrato e aggiornato con il Decreto ministeriale 8 febbraio 2010 - a decorrere dal 1° gennaio 2011", disponibile all'indirizzo http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/e-GOVERNME1/SIOPE/Codifica-g/Universit-/.
L'Ateneo è tenuto, in sede di predisposizione del bilancio d'esercizio, alla verifica dei dati SIOPE trasmessi durante l'anno. Gli stessi devono, infatti, essere coerenti con le risultanze contabili. A tal fine si ricorda che è possibile consultare i dati SIOPE all'indirizzo https://www.siope.it (art. 3, decreto ministeriale 14 novembre 2006). Nel caso venissero riscontrate errate contabilizzazioni occorre provvedere ad effettuare le opportune rettifiche per il tramite del proprio Tesoriere.
I dati SIOPE devono, altresì, corrispondere alle informazioni presenti nell'omogenea redazione per l'anno di riferimento (D.I. 01 marzo 2007 - colonne riscossioni/pagamenti).
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MODENA e REGGIO EMILIA |
11/03/2015 |
Con la presente si chiede quali siano i libri contabili obbligatori da tenere e se gli stessi debbano essere conservati in forma cartacea. Nello specifico si chiede se i libri contabili obbligatori siano i seguenti: libro giornale, libro inventari, libro cespiti e registri IVA (per le univ. che svolgono anche attività commerciale). Sarebbe importante avere anche un format comune per questi registri. In caso affermativo si chiede anche se libro giornale e libro inventari debbano essere bollati con marca da bollo ogni 100 pagine (e in caso affermativo di che importo). Quest'ultima domanda è posta in quanto i libri in oggetto per il nostro Ateneo sono di circa 4.000 pagine per il libro inventari e circa 12.500 per il libro giornale con una possibile spesa per bolli dell'ordine di 10.000 euro. Non si vuole rischiare di incorrere in sanzioni per mancata bollatura di documenti contabili , ma non si vuole nemmeno pagare un importo non dovuto con eventuale ipotesi di danno erariale.
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In merito al quesito dell’obbligatorietà dei libri contabili da tenere da parte delle università, è in primo luogo necessario distinguere fra quelli necessari agli effetti del rispetto degli obblighi di introduzione della contabilità economico patrimoniale (COEP) e quelli previsti dal rispetto delle norme tributarie.
Sotto il profilo degli obblighi generali, che potremmo definire civilistici, ciascuna università passata alla COEP è tenuta all’adozione e tenuta delle scritture previste dall’art. 2214 del codice civile:
- libro giornale;
- libro degli inventari.
E’ prescritta, inoltre, la tenuta di scritture ausiliarie quali:
- le schede del partitario dei conti dalle quali desumere le registrazioni degli elementi patrimoniali ed economici, raggruppati in categorie omogenee, in modo da consentire di desumerne chiaramente e distintamente i componenti positivi e negativi che concorrono alla determinazione del risultato dell’esercizio;
- il libro delle risultanze della gestione inventariale patrimoniale (avente anche funzione di registro dei beni strumentali durevoli ammortizzabili) dal quale far rilevare il carico e lo scarico per acquisti e vendite di beni durevoli, materiali e immateriali, nonchè la determinazione delle quote annuali di ammortamento poi rilevate nella COEP.
Nel caso in cui l’Ateneo ritenga che la dimensione del proprio magazzino abbia carattere di rilevanza tale da giustificare e renderne necessaria l’introduzione (o obbligatoria, ad esempio in ragione di obblighi di natura tributaria), può essere opportuna l’istituzione di scritture ausiliarie di magazzino, tenute in forma sistematica e secondo norme di ordinata contabilità, dirette a seguire le variazioni intervenute tra le consistenze negli inventari annuali.
In merito alla tenuta delle scritture contabili, come stabilito dall’art. 2215, comma 2, del codice civile, dopo le modifiche introdotte ad opera dell’art. 8 della Legge n. 383/2001 (modifiche al codice civile e ad alcune disposizioni tributarie in materia di scritture contabili volte a sopprimere l’obbligo della bollatura del libro giornale, di quello degli inventari e dei registri obbligatori ai fini delle imposte dirette e dell’imposta sul valore aggiunto), ferma restando la formalità di numerazione progressiva delle pagine il libro giornale e il libro degli inventari devono essere numerati progressivamente e non sono soggetti a bollatura né a vidimazione; anche le altre scritture contabili ausiliarie di cui sopra non sono soggette a bollatura e vidimazione.
Il libro giornale deve indicare giorno per giorno le operazioni relative all'esercizio dell'attività dell’Ateneo (art. 2216 codice civile).
In particolare, per quanto concerne il libro inventari ed il libro giornale la numerazione “contestuale” alla stampa del registro deve essere apposta, volta per volta, progressivamente per ciascun anno con indicazione, in ogni pagina, di numero progressivo, anno di riferimento della rilevazione contabile ed intestazione del soggetto obbligato alla tenuta dei libri nella considerazione generale che i registro siano tenuti a fogli mobili.
Quindi la numerazione dei libri contabili deve essere effettuata progressivamente per ciascun anno, con l'indicazione, pagina per pagina, dell'anno cui si riferisce (non si tratta dell’anno in cui materialmente si esegue la stampa) per cui, ad esempio, la numerazione per il 2015 - eseguita direttamente dal soggetto che è obbligato alla tenuta delle scritture - dovrà essere la seguente: la prima pagina dovrà recare la numerazione 2015/1, la seconda pagina dovrà recare la numerazione 2015/2, e così di seguito.
Le procedure software per la stampa dei registri devono essere allineate con tale necessità, in particolare per quanto concerne l’indicazione dell’anno in collegamento con il periodo contabile oggetto di stampa, mentre perdono di valenza le procedure per la numerazione preventiva per blocchi di pagine in quanto non dovrà essere realizzato alcuno stoccaggio di tali registri in previsione di una loro futura utilizzazione.
Da ciò consegue che la numerazione: può essere eseguita nel momento in cui si utilizza la pagina; non deve effettuarsi sin dall'inizio per l'intero libro; non deve essere eseguita per il complessivo periodo di riferimento.
Si ritengono applicabili anche alle università, per la compilazione del libro degli inventari, le disposizioni di cui all’art. 2217 del codice civile secondo le quali l’inventario deve redigersi all'inizio dell'esercizio dell'attività (intendendo per tale la data di impianto delle scritture della COEP) e successivamente ogni anno, e deve contenere l'indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’Ateneo (in conformità ai principi specifici di cui al D.I. n. 19/2014 e ai principi generali OIC); l’inventario dovrà chiudersi con il bilancio e con il conto economico (nel codice civile definito conto dei profitti e delle perdite), il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite.
Si ritiene pertanto che nel libro degli inventari dovrà essere riportato, alla sua adozione e approvazione, il prospetto della situazione patrimoniale iniziale e la nota integrativa, prevista dall’art. 5, comma 2, del D.I. n. 19/2014, nonché l’altra eventuale documentazione esplicativa a corredo, prima dell’indicazione dei dati del bilancio del primo esercizio chiuso con l’adozione della COEP.
Si evidenza che i libri, le scritture contabili e la documentazione la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento possono essere formati e tenuti, a norma dell’art. 2215-bis del codice civile, con strumenti informatici ed essere digitalizzati.
Gli obblighi di numerazione progressiva e di vidimazione previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, almeno una volta all’anno, della marcatura temporale e della firma digitale del legale rappresentante dell’Ateneo o di altro soggetto dal medesimo delegato.
Per i libri e per i registri la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento di natura tributaria, il termine per l’apposizione della marcatura temporale e della firma digitale opera secondo le specifiche norme in materia di conservazione digitale valevoli a livello tributario.
Si rappresenta inoltre che, ai sensi dell’art. 2220 del codice civile, le scritture contabili e i relativi documenti possono essere conservati sotto forma di registrazioni su supporti di immagini, sempre che le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in ogni momento essere rese leggibili con mezzi messi a disposizione dal soggetto che utilizza detti supporti.
Il termine per la scritturazione e stampa del libro giornale e del libro degli inventari, tenuti sulla base di modalità analogiche tradizionali (cartaceo), anche se derivanti da elaborazioni meccanografiche od elettroniche, è stabilito dall’art. 7, comma 4-ter del Decreto Legge n. 357/1994, convertito con modificazioni dalla Legge n. 489/1994.
La norma richiamata prescrive che la tenuta di qualsiasi registro contabile con sistemi meccanografici è considerata regolare in difetto di trascrizione su supporti cartacei, nei termini di legge (60 giorni dalla data del fatto amministrativo o del documento), dei dati relativi all'esercizio per il quale i termini di presentazione delle relative dichiarazioni annuali (ai fini fiscali) non siano scaduti da oltre tre mesi.
Da ciò deriva che la stampa delle scritture contabili, ivi compresi libro giornale e libro degli inventari tenuti con strumenti elettronici e conservati con modalità analogiche (cartacee), può avvenire entro il 31 Dicembre dell’anno successivo a quello di riferimento dal momento che il termine per la presentazione delle dichiarazioni è stabilito entro il 30 Settembre di ogni anno (quindi, ad esempio, il libro giornale e libro degli inventari dell’anno 2014 può essere stampato entro il 31 Dicembre 2015).
L’inventario risultante dal libro degli inventari deve essere sottoscritto dal legale rappresentante dell’Ateneo entro lo stesso termine di cui sopra.
Per eventuali approfondimenti sul tema è possibile consultare il Memento Pratico Contabile 2015, capitolo II – obblighi generali, pag. da 75 a 108, paragrafi da 250 a 365.
Per quanto attiene gli obblighi contabili ai fini fiscali e i libri necessari, nonché gli adempimenti conseguenti, compreso quelli in materia di assolvimento dell’imposta di bollo sui detti libri, pur ritenendo la questione rilevante in conseguenza dell’introduzione della COEP, la problematica non rientra tra le competenze della Commissione prevista dall’art. 9 del D.lgs. 18/2012, nonché del contenuto del manuale tecnico – operativo di cui all’art. 8 del D.I. n. 19/2014.
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CAMERINO |
11/03/2015 |
In merito alla classificazione della spesa delle università per missioni e programmi (Decreto del Miur n. 21 del 16 gennaio 2014) si ritiene che, trattandosi, appunto, di classificazione di “spesa” con riferimento sia a voci di “costo” che a voci di “investimento” secondo un concetto puramente finanziario, NON vadano inclusi i costi relativi agli ammortamenti. E’ corretto?
Leggi Risposta
Si rammenta che in base all’art. 4 del D.lgs. 18/2012 le università considerate amministrazioni pubbliche ai sensi dell'art. 1, comma 2, della Legge 196/2009, sono tenute alla predisposizione di un apposito prospetto, da allegare al bilancio unico d'ateneo di previsione annuale autorizzatorio e al bilancio unico d'ateneo d'esercizio, contenente la classificazione della spesa complessiva per missioni e programmi.
Inoltre in conformità alle previsioni dell’art. 13 del D.lgs. 91/2011, ciascun programma è corredato con l'indicazione della corrispondente codificazione della nomenclatura COFOG di secondo livello.
Il successivo D.I. n. 21/2014 ha fissato l'elenco delle missioni e dei programmi, nonché i criteri cui le università si attengono ai fini di una omogenea riclassificazione dei dati contabili.
In merito alla classificazione e ai criteri di riparto si veda la risposta relativa al quesito n. 2 presente sul sito.
Aldilà dell’utilizzo del termine “spesa” la classificazione dei dati da ricondurre al prospetto deve risultare omogenea rispetto alla base dati di riferimento derivante dalla contabilità economico-patrimoniale.
Il prospetto, che costituisce allegato sia al bilancio di previsione unico, sia al bilancio unico d’esercizio deve contenere informazioni coerenti a quanto riportato in tali documenti e dovrà, necessariamente, rappresentare tutti i fattori produttivi di competenza dell’esercizio, sia in riferimento a quelli che hanno carattere di “costo monetario” sia in riferimento agli altri.
Infatti laddove nella classificazione si considerino i costi per il personale, si dovrà ricomprendere anche gli oneri non costituenti “spesa”, in quanto di competenza economica (ad esempio indennità per tfr, accantonamento per ferie e ore dell’esercizio, ecc.); a tale principio non dovrebbero sottrarsi i costi rappresentati dalle quote di ammortamento dei beni strumentali durevoli, materiali o immateriali.
Ciò posto, in sede di bilancio di previsione, troveranno classificazione nelle ipotesi previste dall’art. 2 del D.I. n. 21/2014, sia gli elementi contenuti nel budget economico (quote di ammortamento previste comprese), sia gli investimenti programmati nel relativo budget degli investimenti; in sede di bilancio di esercizio la classificazione riguarderà il contenuto del conto economico, nonché, il contenuto dello stato patrimoniale, per gli incrementi effettivi delle immobilizzazioni.
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INSUBRIA |
10/12/2014 |
In merito alla classificazione della spesa delle università per missioni e programmi (Decreto del Miur n. 21 del 16 gennaio 2014) si chiede un parere in merito ai criteri per la classificazione cofog.
Utilizzando come punto di partenza la tabella presente all’art 2 del decreto n. 21/14 si può determinare la corrispondenza tra programmi e COFOG di II livello.
Tenendo conto dell’art. 4 del decreto è possibile individuare una relazione diretta tra programmi cofog e voci coan.
Vi sono tuttavia alcune spese e quindi relative voci coan di cui è più difficile trovare una diretta relazione,
quali il costo del personale e le utenze.
In merito al costo del personale docente e ricercatori si chiede se quanto proposto dal gruppo di lavoro Codau per la contabilità può essere utilizzato come criterio di riparto tra cofog.
Per il costo del personale tecnico amministrativo si chiede se il criterio della struttura di afferenza possa essere un valido criterio, con l’eccezione del personale dirigente attribuito al programma servizi e affari gennerali per le amministrazioni e pertanto al COFOG 09.8 (come Università degli Studi di Cagliari)
Per i costi relativi ad ammortamento, manutenzioni, acquisti e servizi in mancanza di informazioni sufficientemente dettagliate per applicare driver più accurati (es. destinazione d’uso degli spazi con driver mq2 utilizzati/ mq2 totali, sempre proposti dal Codau) si chiede se una ripartizione proporzionale possa essere sufficiente (Università di Cagliari).
Per le utenze si potrebbero ripartire in base all’incidenza percentuale del costo del personale nelle varie aree funzionali (ricerca, didattica, servizi generali e assistenza sanitaria), come individuato da Università di Cagliari, piuttosto che l’incidenza d’uso degli spazi (come indicato da Codau). E’ corretto?
I criteri indicati dal Codau sono certamente più fini, ma richiedono uno studio più adeguato e complesso con riferimento all’utilizzo degli spazi.
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Gli aspetti segnalati trovano la loro definizione negli artt. 4 e 5 del D.I. MIUR-MEF 30 gennaio 2014, n. 21, nel quale vengono disciplinati i criteri generali e specifici di classificazione per tutte le spese non riconducibili in modo diretto ai programmi di cui all’art. 2 del decreto. In merito alle voci di spesa riconducibili a più programmi, trova applicazione il principio generale, di cui all’art. 3, comma 2, del D.I. n. 21/2014, secondo il quale “Le spese destinate congiuntamente a diversi programmi sono imputate ad ogni singolo programma attraverso i sistemi e le procedure di contabilità analitica”.
Nelle more dello sviluppo e del consolidamento di tali sistemi e procedure, che dovranno altresì tenere conto delle disposizioni previste all’art. 4, comma 4, del D.I. n. 21/2014 (spese da attribuire al programma ricerca scientifica e tecnologica applicata), al fine di evitare l’utilizzazione di criteri di natura eterogenea tra i diversi atenei, che inficerebbero la confrontabilità delle rilevazioni per missioni e programmi, si ritiene opportuno adottare, in via sperimentale, i criteri di ripartizione di seguito indicati derivati da rielaborazioni statistiche operate sulle risultanze contabili a consuntivo di alcuni atenei, che adottano già la contabilità analitica.
Le presenti indicazioni vanno considerate utili soltanto ai fini della predisposizione del documento contabile. Sebbene nella loro definizione si sia tenuto conto di quanto previsto, in generale, in materia di regime giuridico, agli artt. 6 e 24 della legge n. 240/2010 l’applicazione di tali criteri sperimentali non riveste natura di valutazione di carattere normativo sugli obblighi dei docenti, a seconda dei ruoli di appartenenza.
Professori: al fine di considerare il complessivo impegno didattico e di servizio agli studenti, inclusivo delle attività di tutorato e orientamento, nonché di tutte le attività di verifica dell’apprendimento, si prevede di ripartire gli assegni fissi in due quote pari al 50% ciascuna da attribuire rispettivamente ai programmi “Istruzione superiore” (COFOG 09.4) e “Ricerca di base” (COFOG 01.4). Per i professori che prestano attività in regime convenzionale con il Servizio Sanitario Nazionale (art. 5, comma 3, del D.I. n. 21/2014), la spesa è ripartita nella misura di un terzo per ciascuno dei programmi “Istruzione superiore” (COFOG 09.4), “Ricerca di base” (COFOG 01.4) e “Servizi ospedalieri” (COFOG 07.3). Per i professori che prestano assistenza in materia veterinaria (art. 5, comma 5, del D.I. n. 21/2014), la spesa è ripartita nella misura di un terzo per ciascuno dei programmi “Istruzione superiore” (COFOG 09.4), “Ricerca di base” (COFOG 01.4) e “Servizi di sanità pubblica” (COFOG 07.4).
Ricercatori: tenendo conto che il regime giuridico dei ricercatori prevede un impegno didattico più limitato di quello dei professori e operando, comunque, una distinzione tra quelli che prestano attività in regime convenzionale con il SSN o prestano assistenza in materia veterinaria rispetto agli altri, si prevede di ripartire gli assegni fissi nel modo seguente:
• per i ricercatori nella misura del 25% al programma “Istruzione superiore” (COFOG 09.4) e in quella del 75% al programma “Ricerca di base” (COFOG 01.4).
• per i ricercatori che prestano attività in regime convenzionale con il Servizio Sanitario Nazionale (art. 5, comma 4, del D.I. n. 21/2014), il 17% al programma “Istruzione superiore” (COFOG 09.4), il 50% al programma “Ricerca di base” (COFOG 01.4) e il 33% ai programmi “Servizi ospedalieri” (COFOG 07.3).
• per i ricercatori che prestano assistenza in materia veterinaria (art. 5, comma 6, del D.I. n. 21/2014), il 17% al programma “Istruzione superiore” (COFOG 09.4), il 50% al programma “Ricerca di base” (COFOG 01.4) e il 33% al programma “Servizi di sanità pubblica” (COFOG 07.4).
Personale tecnico-amministrativo: tali spese sono imputate a ciascun programma tenendo conto dell’afferenza dei singoli soggetti, in applicazione delle disposizioni di cui all’art. 5, commi 7 e 8, del D.I. n. 21/2014.
Acquisto e manutenzione immobili, quote di capitale e interesse dei mutui e relative utenze: tali spese sono imputate a ciascun programma sulla base della destinazione d’uso, tenendo conto della suddivisione degli spazi e degli apparati, sulla base della mappatura degli spazi effettuata da ciascun Ateneo, rilevandone la destinazione come previsto dall’art. 5, comma 9, D.I. n. 21/2014. Infatti, anche in base alle elaborazioni statistiche operate sulle risultanze contabili a consuntivo di alcuni atenei, si evince come l’adozione di criteri diversi, quali la ripartizione pro-capite in base agli addetti, non risulti rappresentativa della situazione esistente e dell’effettivo utilizzo dei beni, rendendo non significativo anche il confronto tra i diversi atenei.
Acquisizione di servizi, acquisto di attrezzature, macchinari, materiale di consumo e laboratorio o similari: tali spese sono imputate a ciascun programma tenendo conto della destinazione d’uso, così come previsto dall’art. 5, comma 10, D.I. n. 21/2014. Anche in questo caso valgono le considerazioni precedenti.
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INSUBRIA |
10/12/2014 |
Siamo predisponendo il primo Stato Patrimoniale al 1 gennaio 2014 ed è emerso un dubbio sulla collocazione/valorizzazione di economie e “coan anticipate di riporto”, ovvero residui alla fine del 2013 non traducibili in debiti o riserve al 01/01/2014, per progetti di ricerca finanziati con fondi di ateneo (FAR).
Al 31/12/2013 ci ritroviamo sia residui passivi non ancora divenuti debiti, e questi in base al DM 19/2014 dovrebbero confluire nel patrimonio netto vincolato. Chiediamo conferma.
Il dubbio invece rimane sempre in relazione ai suddetti fondi, ma per le economie al 31/12/2013, che sono nell’avanzo del Conto consuntivo finanziario 2013.
Questi progetti per il nostro ateneo non funzionano con il “metodo della commessa pluriennale” (volgarmente cost to cost) , pertanto le economie al 31/12/2013 dove vanno a confluire?
Noi le metteremmo nel patrimonio netto, ma non sappiamo se è più corretto collocarle nel “patrimonio netto vincolato” o se sono da iscrivere nei “Risultati gestionali relativi ad esercizi precedenti”(rif. art. 5 lett. j DM 19/2014) e, quindi in questa seconda ipotesi se riassegnate a budget 2014 e seguenti esercizi , costituiscono costi non coperti da un ricavo di esercizio. Chiediamo conferma.
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Gli aspetti segnalati, in riferimento alla fase transitoria dell’apertura dei conti del primo stato patrimoniale COEP, trovano la loro definizione nell’art. 5, comma 1, lettere g) (residui attivi e passivi), j) (avanzo di amministrazione) e k) progetti finanziati del D.I. MIUR – MEF n. 19/2014.
Quindi i residui passivi non classificabili fra debiti dello stato patrimoniale iniziale possono confluire, sulla base delle caratteristiche dell’originario impegno COFI, nella voce “altri fondi per oneri” (B – FONDI PER RISCHI ED ONERI) o nelle riserve vincolate di patrimonio netto (A-II PATRIMONIO VINCOLATO).
Laddove i residui passivi in argomento siano poi da ricondurre all’ipotesi di impegni collegati a progetti finanziati da terzi, la loro rilevazione dovrà invece essere effettuata nell’ambito dei risconti passivi dello stato patrimoniale (E-1 RISCONTI PER PROGETTI E RICERCHE IN CORSO).
La parte delle vere e proprie economie (derivanti da finanziamenti, progetti e destinazione di risorse interne come il FAR), confluite nell’avanzo vincolato di amministrazione dell’ultimo conto consuntivo COFI, confluiranno invece nelle riserve vincolate di patrimonio netto (A-II PATRIMONIO VINCOLATO).
Venendo all’esempio del quesito i residui passivi COFI a fine 2013 del progetto FAR confluiscono, unitamente alle economie che formano l’avanzo di amministrazione vincolato a fine 2013, nelle riserve vincolate di patrimonio netto (A-II PATRIMONIO VINCOLATO).
I progetti e le ricerche, ove non afferenti lo svolgimento dell’attività commerciale – produttiva di redditi d’impresa - e ove pluriennali, possono essere contabilizzati con valutazione alternativamente (salvo l’univocità della scelta per tutti i progetti dell’ateneo) con il metodo del costo (cost to cost) o dello stato avanzamento lavori - art. 4, comma 1, lettera g), quinto periodo, del DI MIUR - MEF n. 19/2014.
A livello transitorio, le risorse iscritte nelle poste di patrimonio vincolato (A-II PATRIMONIO VINCOLATO), derivanti dai residui passivi della COFI alla chiusura del 2013, possono essere considerate nella costruzione del budget economico 2014 giusta la previsione contenuta nell’art. 5, comma 1, lettera g) del DI, in quanto destinate alla copertura dei relativi costi di competenza economica nel medesimo esercizio 2014 e/o nei successivi, fino all’esaurimento delle risorse nella posta vincolata ed in ragione della necessaria correlazione con i costi di competenza dei vari esercizi alla stessa riferibili.
Si ritiene che analogo comportamento possa essere tenuto in riferimento alle risorse iscritte nelle poste di patrimonio vincolato (A-II PATRIMONIO VINCOLATO), derivanti dalle economie confluite nell’avanzo COFI alla chiusura del 2013, interpretandosi applicabile anche a tale fattispecie, stante la sostanziale analogia ed il necessario presupposto di transitorietà da COFI a COEP, la previsione contenuta nell’art. 5, comma 1, lettera g) del DI.
Quindi le risorse collocate nelle poste di patrimonio vincolato (A-II PATRIMONIO VINCOLATO), di cui sopra verranno rilevate in COEP mediante iscrizione di ricavi, da utilizzo delle riserve, correlati ai costi che verranno sostenuti a carico degli esercizi con gestione COEP.
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